1 marzo 2011

CAMBIAMO MILANO, RESTIAMO IN POLITICA


Da qualche giorno è nata a Milano l’Associazione “Cambiamo città. Restiamo a Milano”, che rilancia il progetto nato attorno alla mia candidatura alle primarie del centro – sinistra. Perchè questa associazione? Subito dopo le primarie, insieme a un folto gruppo di amici avevamo provato a domandarci perché, nonostante una imprevista (e dolorosa) battuta d’arresto, non avessimo smesso di ragionare su come “cambiare Milano restando a Milano”. La risposta, immediata, era stata: perché avevamo provato a inventare e realiz-zare, seppure in un tempo troppo breve, un modo nuovo e diverso di fare politica. I sessanta intensissimi giorni della nostra campagna per le primarie milanesi ci avevano regalato, a noi e a tutti coloro con i quali eravamo entrati in contatto, l’ossigeno di una incessante generazione di idee e azioni per migliorare Milano: decine di soluzioni efficaci, realizzabili e innovative.

Grazie ai tavoli tematici, ai contatti con le reti di quartiere e i circoli PD, all’intelligenza collettiva cresciuta nei Social Network, avevamo assorbito, metabolizzato e rigenerato soluzioni creative per ridurre il traffico privato, migliorare la qualità della vita negli spazi urbani, rilanciare l’affitto sociale, aiutare i soggetti più fragili, dare lavoro ai giovani delle periferie pubbliche, aumentare la sicurezza nei quartieri a rischio, rendere abitabile la notte, recuperare i negozi sfitti, aprire le scuole pubbliche al pomeriggio, ampliare le superfici di captazione delle energie rinnovabili, facilitare la co-abitazone tra fedi diverse, valorizzare la saggezza degli anziani ancora giovani, dare spazi di cultura e creatività ai giovani metropolitani. E molto altro ancora. E per la più parte di queste azioni, abbiamo individuato degli interlocutori, una politica, una procedura e delle risorse. In due mesi avevamo costruito, simultaneamente, sia una mappa dei desideri che un manuale di azioni per migliorare Milano.

Se oggi abbiamo deciso di rilanciare e di “cambiare Milano restando a Milano”, è anche perché la città-mondo che abbiamo immaginato e che speriamo di realizzare a Milano assomiglia alla città-mondo che la in questi mesi abbiamo incontrato e promosso. Entrambe sono fatte di luoghi concreti innervati da energie creative immateriali; dalla cooperazione di diversi strati e popolazioni della società urbana; dalla democrazia deliberativa di una continua oscillazione tra ascolto, confronto e azione. Per tutte queste ragioni, il piccolo-grande miracolo di una Politica nuova, che comincia subito a costruire il progetto di una Milano diversa, non può fermarsi né al voto delle primarie, né a quello delle elezioni del prossimo maggio.

Dunque cosa faremo? Tre cose. La prima è di non perdere, in nessun modo, l’ottimismo e la carica di innovazione della nostra proposta. L’associazione “Cambiamo città, Restiamo a Milano” sarà soprattutto un generatore di Idee e Soluzioni per Milano. Una forza propulsiva e agile, che si manifesterà sul web (con un blog di soluzioni e idee), ma anche attraverso la continua proposta di incontri, esperienze, azioni sulla città. Svilupperà una modalità di fare politica capace di confrontarsi con la realtà cittadina, ma anche di essere “esportata” in altre città, modulandosi attraverso le specificità dei diversi luoghi. “Cambiamo città, restiamo a Torino”, o a Roma, a Napoli, a Trieste… reti di reti come la nostra, tutte con lo stesso spirito anti-ideologico e ottimista.

In secondo luogo dovremo conservare la dimensione inclusiva del nostro modo di far politica. Anche per questo, lanceremo un “Appello per la creatività sociale e urbana”. Dalle candidature di chi vorrà far parte di una nuova rete che promuove e realizza soluzioni innovative per migliorare la qualità della vita di Milano. In terzo luogo dovremo valorizzare l’agilità e lo stile del nostro modo di far politica. Il senso ultimo della nostra associazione è infatti di spingere i milanesi a capire che oggi è possibile fare politica attivamente, senza che questa diventi una scelta irreversibile nel tempo, o totalizzante nella vita quotidiana. Fare politica significa infatti interrogarsi sull’utilità sociale della propria professione, costruire reti tra esperienze diverse, vedere sempre, come abbiamo cercato di fare in questi mesi, il futuro nel presente.

Stefano Boeri

 



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