15 febbraio 2011

SOLO FACEBOOK E TWITTER? COSA LEGGONO I GIOVANI?


Leggono i giovani? E cosa leggono? Di tutto. Forse non quello che desidererebbero i nati nel Novecento. Che ne so, i libri che fa Calasso per Adelphi, il middlebrow insomma. Forse non gli editoriali di Scalfari su “La Repubblica” e Ostellino sul “Corriere della Sera” (e meno male, aggiungiamo noi) o quello che eternamente viene suggerito da questi stessi quotidiani dentro quegli strani sepolcri imbiancati che ancora chiamano “pagine della cultura”. Questo no. E infatti, sempre i “giovani”, hanno sviluppato un tipo di intelligenza differente rispetto a quella del secolo scorso, che si muove attraverso collegamenti inediti tra le sinapsi che fanno da scheletro neuronale alla nostra idea di conoscenza. Collegamenti che crescono dentro una cultura della simultaneità e dell’orizzontalità che non ha niente a che vedere con la formazione gerarchica, cronologica e verticistica (dal basso all’alto, dal rozzo al colto, insomma) del passato.

I “giovani” scorrono dentro il deserto del reale – come direbbe Slavoj Zizek – come i biker di “Easy Rider” dentro il Far West americano. Scorrazzano, liberamente. E decidono dove e quando fermarsi a fare approfondimenti, carotaggi dentro il mare magnum della “Cultura”. Stanno sulla superficie – mai così affollata – e poi come strani roditori o palombari si immergono giù giù dentro buchi del sapere che riescono a scavare fino al centro della Terra, con l’aiuto di altre talpe altrettanto determinate a conoscere tutto, ma proprio tutto, ma solo di una cosa e basta.

Per questo conversare con loro è interessante, proprio perché – rispetto a una mancanza di stratificazione del pensiero giudicata secondo i nostri, vecchi criteri – sono capaci di sorprenderti con erudizioni profondissime e non collegate tra loro, non sistemiche, su singoli argomenti specifici. Gente che non legge libri, ma che ha letto tutto di un singolo autore, per fare un esempio. E’ un altro approccio, semplicemente. Niente affatto peggiore del nostro, e che ha come santuari Google e YouTube, archivi per carotaggi a perdifiato.

A questo panorama va poi sovrapposta quella sorta di rete di micro e macro narrazioni personali che viene aggiunta al piano del reale e della conoscenza dalla “realtà aumentata” delle tecnologie portatili. Mi spiego: mentre leggo (perché questo faccio) il mio quotidiano sull’Ipad o il mio libro sull’e-reader la mia lettura viene costantemente interrotta da messaggi di testo sul telefonino, finestre di dialogo sempre aperte su Skype e Facebook, quando non da richieste di incontro fisico che arrivano dai nuovi strumenti di geolocalizzazione, da Foursquare al più omoerotico Grinder. Ovvero da altre narrazioni, sempre in forma di testo. Testo che evidentemente viene immediatamente letto. I “giovani” scrivono e leggono moltissimo, dunque. Solo che non scrivono i tomi di narrativa e i puntuali e accuratissimi saggi che vorremmo noi. Scrivono microstorie che possono generare azione, o esperienza immediata.

O anche costruire, appunto, una strana realtà fatta di amici-non amici, approcci-non approcci, seduzione finta e vera, che costantemente si sovrappone all’esperienza dell'”ora e qui”, aumentandola, appunto, visto che tutto questo leggere aggiunge all’esperienza che si sta vivendo ulteriori strati di possibilità, ulteriori dimensioni – specie sentimentali – rispetto alle altre normalmente praticate. Stare a cena con amici che leggono e scrivono risposte su telefoni più o meno intelligenti è ormai prassi comune da dieci anni, non più stigmatizzata, per fare un ulteriore esempio. La risposta quindi alla domanda iniziale è “sì”, solo che questo consumo (in parte produttivo, ricordate il pro-sumer di Alvin Toffler?) riguarda testi differenti da quelli che ci tanto piacevano nel millennio scorso. Pazienza, no?

Carlo Antonelli*

direttore di Rolling Stone



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