14 febbraio 2011

DIVENTARE CONSIGLIERE COMUNALE. QUANTO COSTA?


Diversamente dalle elezioni regionali e nazionali dove esistono vincoli quantitativi e qualitativi delle spese elettorali di candidati e liste, per le comunali i vincoli sono pressoché inesistenti. In particolare all’elezione dei sindaci e dei consigli comunali non si applicano: 1) i limiti alle spese elettorali dei candidati e l’obbligo di individuare un mandatario responsabile della raccolta dei fondi a favore dei candidati stessi; 2) limiti alle spese elettorali dei partiti e movimenti, liste o gruppi di candidati; 3) le norme in materia di obbligo da parte dei partiti, movimen-ti, liste o gruppi di candidati di presentazione del consuntivo soggetto al controllo di un apposito collegio della Corte dei Conti, relativo alle spese per la campagna elettorale; 4) le norme in materia di controllo delle spese elettorali dei candidati da parte del Collegio regionale di garanzia. Mentre dovrebbe applicarsi a mio avviso l’obbligo di dichiarare i finanziamenti e i contributi ricevuti – anche sotto forma di messa a disposizione di servizi – di importo superiore a euro 50.000.

È invece disciplinata la pubblicità delle spese per la propaganda elettorale dall’articolo 30 della legge 25 marzo 1993 n. 81, il comma 1 prevede: “…gli statuti ed i regolamenti dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti e delle province disciplinano la dichiarazione preventiva ed il rendiconto delle spese per la campagna elettorale dei candidati e delle liste alle elezioni locali“. In assenza di indicazioni del regolamento, nei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, il deposito delle liste o delle candidature deve essere accompagnato dalla presentazione di un bilancio preventivo di spesa cui le liste e i candidati intendono vincolarsi, che deve essere reso pubblico tramite affissione all’albo pretorio del comune. Allo stesso modo deve essere altresì reso pubblico, entro trenta giorni dal termine della campagna elettorale, il rendiconto delle spese dei candidati e delle liste. Chi volesse cercare quelli delle elezioni precedenti dei candidati non eletti e delle liste necessita di una certa fortuna e determinazione.

Tutte le pubblicazioni di propaganda elettorale: scritti, stampa, radio, televisione etc debbono recare l’indicazione del Committente Responsabile (da non confondere con il mandatario); lo stesso candidato può essere il Committente Responsabile che si assume le responsabilità anche di ordine penale salvo che dimostri che l’abuso è stato commesso contro la sua espressa volontà. Responsabilità in ogni caso in capo anche a 1) colui che ordina la pubblicazione e la successiva divulgazione del materiale di propaganda elettorale con le connesse prestazioni di lavoro; 2) all’esecutore materiale (è capitato per le violazioni nelle affissioni o nelle pubblicità sui giornali); 3) al responsabile pro tempore (leggasi segretario di partito.). Nella mia esperienza chi rischia più guai è il presentatore della lista, cioè quello più facilmente raggiungibile e identificabile. Mentre però sulla raccolta delle firme vi è una innumerevole tradizione di denuncie incrociate sulla violazione delle leggi in materia di propaganda elettorale vi è tra le liste un diffuso gentlement agreement.
Non sono previste sanzioni per l’inosservanza della presentazione del preventivo e del consuntivo e men che meno vi sono problemi se si presentano preventivi e consuntivi con grandi difformità. Le norme valgono ovviamente per il periodo in cui si fa la campagna elettorale ufficiale (in pratica dal 15 aprile) tuttavia il legislatore consente l’abbattimento dell’iva al 4% a partire da 90 gg prima della campagna elettorale, per cui chiunque può stampare materiali a iva ridotta “presumendo” di presentare le liste o di essere candidato; se poi non lo è? l’esecutore ha evaso l’Iva. Tutto ciò premesso risulta evidente che c’è una campagna elettorale prima della presentazione delle liste senza alcun vincolo in nessuna elezione e una successiva con vincoli diversi tra elezione e elezione.

Dei costi della campagna del sindaco parleremo un’altra volta, per i consiglieri cerchiamo lumi (a campione) nelle loro dichiarazioni:

Carmine Abagnale 23.000, Marilena Adamo 13.000, Fabio Altisonante 29.000, Gianfranco Baldassarre 7.500, Maurizio Baruffi 10.000, Silvio Berlusconi 198.000, Emilia Michela Enza Bossi (Milly Moratti) 43.000, Aldo Brandirali 20.000, Giovanni Colombo 3.000, Davide Amedeo Corritore 21.648, Stefano di Martino 42.000, Andrea Fanzago 6.000, Carlo Fidanza 18.400, Giulio Gallera 40.000, Alberto Garocchio 35.000, Andrea Gradnik 50.000, Pierfrancesco Majorino 12.000, Guido Manca 50.000, Manfredi Palmeri 38.700, Pierfrancesco Maran 3.000, Ettore Martinelli 21.000, Marco Osnato 44.000, Giancarlo Pagliarini 560, Basilio Rizzo 10.000, Alan Rizzi 21.000, Carmela Rozza 31.000, Antonino Triscari 31.000, Armando Vagliati 34.000, Carla De Albertis 70.000, Riccardo De Corato 23.000, Dario Fo 5.000, Tiziana Maiolo 54000, Carlo Masseroli 12.000, Stefano Pillitteri 26.000, Riccardo Terzi 30.000. Un gruppetto politicamente trasversale non ha speso nulla, tra gli altri: Moni Ovadia, Maria Moioli, Matteo Salvini, Salvatore Pasquale, Vladimiro Merlin, Enrico Fedrighini in quanto “si sono avvalsi esclusivamente di materiali e mezzi propagandistici predisposti dal partito o dalla formazione politica della cui lista ha fatto parte”. Due consiglieri hanno utilizzato per le spese un comitato elettorale Carlo Maria Montalbetti per 13.000 euro e Natale Comotti per 23.490 (con un saldo attivo destinato a una Onlus). Un consigliere non presenta la dichiarazione o per lo meno non è reperibile insieme alle altre.

Limitatamente ai consiglieri eletti il “costo di una preferenza” subisce variazioni significative sia all’interno delle liste che tra le liste, ad esempio: Forza italia: Malagola 7 euro, Tiziana Maiolo 11 euro, Manfredi Palmeri 22, Terzi 28, Pillitteri 32, Altitonante 35; Ulivo: Rozza 28, Martinelli 21, Majorino 4,7, Adamo 3, Giovanni Colombo 2,4, Maran 2; Lista Ferrante: Montalbetti 26; Milly Moratti 13, Corritore 10; Alleanza nazionale: Osnato 79, De martino 49, De Albertis 31, Mardegan 12; Lista Letizia Moratti: Gradnik 99 Rifondazione Comunista: nessuna spesa dei candidati; Lega Nord: Pagliarini 28 centesimi; Verdi: Baruffi 8; Lista Fo: Rizzo 8. Quanto alle centinaia di trombati vi sono troppe differenze e “casi umani” anche solo per avviare la ricerca.

Complessivamente si evidenzia che

1) Le dichiarazioni appaiono realistiche, certamente molto più sensate di quelle in altre elezioni

2) La campagna elettorale costa al candidato più nel centro destra che nel centro sinistra, ma le differenze non sono clamorose.

3) Le spese elettorali non sono relazionate al reddito. Men che meno il costo della preferenza, tant’è che Berlusconi spende per voto meno di quasi tutti i consiglieri eletti

4) L’uso di comitati elettorali (che hanno regole più stringenti) per il fund raising è raro o perlomeno non compare nelle dichiarazioni.

5) La lista in cui l’elezione è più cara è AN quella più economica Rifondazione

6) I candidati nelle liste civiche o più piccole spendono in proporzione più di quelli nelle liste più grandi indipendentemente dallo schieramento

7) All’interno delle liste alcuni candidati godono dell’appoggio del partito che si sobbarca le spese altri (presumo più sfigati) no

8.) La precampagna, che può iniziare anche il giorno dopo le elezioni, non è valutabile. Può essere molto costosa o del tutto inesistente dipende dalle liste e dall’attività sociopolitica del candidato; non stupisce che qualcuno non spenda nulla se per anni ha frequentato i suoi elettori con assiduità per una qualsivoglia ragione non necessariamente attinente alla politica ancor meno stupisce che qualcuno spenda una fortuna (anche le/gli spin doctor e le/i pubblicitari tengono famiglia!)

9) Visto che le liste restano incerte fino all’ultimo, in genere solo gli uscenti più autorevoli e quindi sicuri di essere candidati hanno costi di precampagna, ma proprio perché sono uscenti ed autorevoli questi costi sono contenuti

10) Non è dato sapere se i candidati paghino per entrare nelle liste (in passato e in altre elezioni i partiti chiedevano una copertura preventiva delle spese) o sostengano spese di altri candidati (per esempio nei consigli di zona)

11) I consiglieri milanesi sono dei pezzenti. Almeno rispetto ai romani dove ad esempio il consigliere comunale del Partito Democratico Mario Mei, funzionario del ministero dell’Interno, che ha un reddito di 46.069 euro ha dichiarato di aver sostenuto spese elettorali per 216.346 euro, Umberto Marroni capogruppo PD ha speso 180.000 euro mentre di quasi tutti gli altri i documenti sono di difficile reperibilità.

Tutto ciò premesso realisticamente un candidato economicamente normodotato che vuole partecipare per tentare di vincere deve preventivare tra i 10.000 e i 30.000 euro; va detto però che le preferenze contrariamente a quello che diffondono le leggende metropolitane non si comprano, i voti sono più difficili da ottenere che i bunga bunga perché nel segreto dell’urna non ti vede nessuno.

 Walter Marossi

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti