8 febbraio 2011

cinema


DISPERSI – GUIDA AI FILM CHE NON VI FANNO VEDERE

Arcipelagomilano oggi incontra Hideout – splendida realtà nel panorama milanese – che da anni mette a disposizione la propria passione per l’immagine e per la parola stimolando il pubblico online, ma non solo. A parlarci di Hideout c’è il direttore, Alberto Brumana.

Ciao Alberto, presentaci un po’ l’evoluzione di Hideout e i motivi che vi hanno incoraggiato a creare il vostro gruppo. Hideout nasce ormai quasi dieci anni fa dall’incontro di un gruppo di studenti universitari e amici, con l’idea di creare sul web un “nascondiglio”, come suggerisce il nome stesso, cioè un luogo dove poter approfondire tutto ciò che concerne la cultura dell’immagine e della parola, e quindi soprattutto cinema, letteratura, televisione e videoclip. Non solo recensioni quindi, ma anche e soprattutto sguardi trasversali sul mondo della comunicazione.

Hai parlato di “sguardi trasversali sul mondo della comunicazione”, forse proprio in un momento in cui la critica – con rare eccezioni – utilizza la penna per distruggere piuttosto che interpretare l’immagine con uno “sguardo”. Servono menti fresche? La discussione tra critica giovane e critica anziana è attuale, sempre. Lo era negli anni ottanta, quando i giovani critici di allora, tra i quali anche i Canova e gli Escobar, venivano tacciati di superficialità per lo sguardo attento che davano al cinema più commerciale. Oggi la generazione più giovane di critici è quella nata con internet. Spesso blogger e giornalisti online vengono definiti incompetenti da chi nemmeno ha provato a leggere le loro, le nostre recensioni. In questo senso è invece la critica da quotidiani di carta stampata a essere praticamente morta, sepolta dalle notizie di anteprima, dall’aneddotica e dalla fame di gossip. Sul web invece, la possibilità di parlare di qualsiasi argomento, senza problemi di spazio o di scelte editoriali, dà un’infinita liberta. Ciò non equivale sempre a pari qualità, ma questo vale per tutti i campi.

Tra le idee di Hideout ci sono I Dispersi. Di cosa si tratta? I Dispersi è un progetto nato più di tre anni fa, in maniera abbastanza casuale, rendendoci conto che spesso ci trovavamo a parlare di film che in Italia non uscivano in nessun modo, né in sala, né per il mercato home video. Poi, sempre casualmente, incontrammo i ragazzi di Italian Subs Addicted: loro sottotitolavano film inediti, noi li recensivamo. Ci volle poco per dar vita a una collaborazione, che nel 2008 portò alla prima rassegna di film Dispersi a Milano, organizzata grazie all’associazione La Scheggia. I Dispersi poi hanno continuato ad espandersi, con la nascita del blog, l’uscita del libro (“Dispersi – Guida ai film che non vi fanno vedere”, di cui è andata esaurita la prima edizione ma che presto sarà ristampato), e tante collaborazioni, tra cui quella con Radio24. I Dispersi vanno a cogliere una falla della distribuzione che è evidente sin dai numeri: ogni anno vengono prodotti nel mondo 25.000 film, e sono solo 500 quelli ad avere un’uscita nelle sale italiane. Il problema è che ai grossi distributori non interessa investire in film che non porterebbero risultati milionari, e in quelli più piccoli, che spesso sono anche a conoscenza di questi film, non sempre c’è la volontà di rischiare investendo comunque budget non irrisori. Nel lanciarci nel progetto sui Dispersi, ci siamo voluti proprio mettere nei panni di un distributore, scegliendo film che potessero avere un mercato in Italia: non prodotti di elite, ma bei film interessanti per diversi tipi di pubblico.

Proprio oggi inizia Dispersival, un festival che proseguirà fino a domenica 13 febbraio. Ci spieghi il vostro obiettivo? Dispersival è il nostro primo tentativo di andare oltre la semplice rassegna di film. Si tratta di cinque giorni completamente dedicati ai film ignorati dalla distribuzione italiana. La prima grossa novità è l’apertura al cinema italiano: sono moltissimi infatti i film girati in Italia rimasti assolutamente inediti. Tutti argomenti che tratteremo nella tavola rotonda di apertura del festival, per la quale abbiamo coinvolto distributori, produttori, registi, autori, critici e canali di web TV. Abbiamo dedicato poi ogni giornata a un differente tipo di film, dal cinema italiano, come dicevo, ai documentari, ai film di animazione e di serie b. La giornata del sabato è poi dedicata ai dispersi ritrovati: quei film che avevamo segnalato come dispersi e che poi sono invece stati distribuiti, anche se in ritardo. Abbiamo organizzato la giornata con Officine Ubu, che è uno dei distributori più attenti a questo tipo di film. Abbiamo pensato anche a momenti che vanno al di là del film, ma sempre con elementi cinematografici: aperitivi e serate con dj Robba che proporrà le sue colonne sonore.

Qualche titolo che potremo vedere al Dispersival? Il Disperso con cui apriremo il festival è Youth in Revolt, ed è stato votato tra venti film dagli spettatori dell’ultima edizione della nostra rassegna, lo scorso autunno. È una commedia nera interpretata da quello che chiamiamo il principe dei Dispersi, Michael Cera (ogni suo film ha infatti qualche problema con la distribuzione): divertente e delicata. Segnalo poi sicuramente Sleepless, un film italiano dal grande cast (Violante Placido, Pietro Sermonti e Valentina Cervi tra gli altri), mai uscito né al cinema né in dvd. Best Worst Movie, un documentario su come un film italiano, Troll 2, sia in America diventato un vero cult movie perché considerato il peggiore della storia, Sita Sings the Blues, un film di animazione distribuito liberamente dalla sua autrice grazie al Creative Commons e My Name is Bruce, imperdibile per i fan del cinema di serie b.

Sono molto incuriosito dal documentario Era la città dei cinema: le vecchie monosale riuscivano a creare un’atmosfera di magia poi persa nei nuovi “cine-centri commerciali” Si tratta di un documentario davvero interessante perché fotografa chiaramente una situazione che a Milano si è fatta davvero drammatica: le multisala in periferia sono ormai in stragrande maggioranza rispetto alle piccole sale del centro, che hanno chiuso una dopo l’altra. Oltre all’atmosfera di magia, quello che più si è persa è stata la libertà di programmazione. Se osservi bene, quasi tutte le multisala hanno la stessa programmazione, con i blockbuster e i film da botteghino facile. Le sale più piccole sono invece più slegate da questo discorso e si sono sempre potute permettere di mostrare anche un altro tipo di film. La loro scomparsa non sta facendo altro che favorire l’aumento di film Dispersi.

Secondo Canova “Il cinema ci obbliga a pensare a ciò che vediamo, la televisione ci consente di vedere sempre e solo ciò che già pensiamo”. Il “pensare a ciò che vediamo” diventa quindi la forza del cinema. La caratteristica che lo distingue dalle altre immagini. Una menzogna verosimile personale e collettiva. Che il cinema favorisca una visione più attiva dello spettatore rispetto alla tv, è sicuramente vero. Ma non sarei per beatificare il cinema e demonizzare la tv. In fondo non sono che due mezzi, che lo spettatore può decidere come utilizzare. Basta pensare a un cinepanettone visto in sala o a un bel film visto on demand in televisione, e il discorso si ribalta. “Pensare ciò che vediamo” non è insomma solo determinato dal mezzo, ma dallo spettatore, che se ne ha la possibilità può essere spinto a riflettere su quella cultura dell’immagine e della parola cui siamo costantemente legati.

“A ciascuno il suo cinema”: il tuo com’è? Il cinema è prima di tutto passione. A volte mi preoccupo quando mi rendo conto, mentre guardo un film, di pensare già a quello che poi scriverò nella recensione. Cerco infatti sempre di evitare, almeno durante la prima visione, uno sguardo meramente tecnico. Preferisco perdere il dettaglio di un movimento di camera ma gustare il senso completo del film. Vivere l’emozione di una visione in cui essere completamente immerso, e solo dopo essere tornato a galla e aver fatto il primo respiro, trarre le conclusioni e descrivere l’esperienza che ho appena vissuto.

Ringraziamo Alberto, e i ragazzi di Hideout, invitando tutti a fare un salto nel “nascondiglio” (www.hideout.it), e a partecipare al Dispersival che si terrà al Cinema Gnomo dal 9 al 13 febbraio 2011. Per informazioni: http://www.dispersival.it/il-festival/

Paolo Schipani

ANOTHER YEAR

di Mike Leigh [Gran Bretagna, 2010, 129’]

con Jim Broadbent, Lesley Manville, Ruth Sheen, Oliver Maltman, Peter Wight.

Tom e Gerry non si inseguono. A dispetto di un fugace ricordo infantile, compongono una coppia felice. La loro casa londinese è pervasa da una perfetta armonia. Quanto poco sia contagiosa questa felicità di Leigh che, nella sua opera precedente, portava fortuna, lo si apprende con la comparsa in scena dei parenti e degli amici che gravitano attorno ai due protagonisti. Essi, infatti, non godono della loro stessa tranquillità d’animo. Sono personaggi appesantiti dalle difficoltà della vita, il loro unico e indispensabile distributore di energia e speranza è rappresentato da queste due persone che emanano una così potente aura di benessere.

Attraverso questi formidabili ritratti, l’autore di Segreti e bugie ha costruito un film corale. Amaro e gioioso al tempo stesso. In verità, questi due buoni samaritani, lo avranno infastidito. Il suo excursus cinematografico ci parla di un amore per i matti, per gli isterici, per i personaggi insopportabili come Mary, interpretata da Lesley Manville, una delle sue attrici preferite.

La sua incredibile maestria disorienta lo spettatore. Sono due ore di conflitto tra le ansie che scaturiscono dal film e l’umorismo che fuoriesce dai dialoghi. Regna il buon umore in questo nido di presunta e apparente felicità ma sullo sfondo si percepiscono solitudine e paura. Si può davvero aiutare gli altri? Sembra chiederci il regista. Qual è il punto di non ritorno della nostra opera altruista? Il punto in cui fermarsi per non minare la nostra saggezza e il nostro equilibrio? In Another Year, Mike Leigh non giudica. Ci stupisce con l’infinito ventaglio di sentimenti ed emozioni dei suoi personaggi che mutano con il susseguirsi delle stagioni.

Marco Santarpia

In sala a Milano: Apollo, Anteo, Plinius, Skyline Multiplex

questa rubrica è a cura di M. Santarpia e P. Schipani

rubriche@arcipelagomilano.org



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