8 febbraio 2011

MILANO POLITICA: TUTTI STILISTI, NESSUN SARTO


Nella capitale dell’italian style non poteva mancare che fantasia e creatività influissero a fondo anche sulla politica, tanto da attua-lizzare sovente l’antica utopia sessantottesca: l’immaginazione al potere. In particolare con l’avvicinarsi di elezioni, siano esse comunali, provinciali, regionali o politiche (non fa molta differenza) si affastellano estrose e pro-digiose soluzioni fino a comporre una panacea buona a lenire tutti i dolori e risolvere, o perlomeno “affrontare”, tutti i problemi. Naturalmente sulla carta. Le più svariate aspirazioni, desideri e buone intenzioni vengono abbozzate su fogli volanti quali eleganti ed evanescenti figurini..

Non c’è questione vera o presunta – lavoro, solidarietà, sicurezza, salute, ricerca, ecc. – che non trovi auspici di ottimale soluzione. E poiché la prima scadenza certa riguarda le amministrative sfilano sotto i riflettori belle e buone idee – lustre e tirate come modelle in passerella – che prefigurano una città accogliente e confortevole votata alla soddisfazione e alla felicità.

Tuttavia per fare il vestito occorre pure l’oscura ma indispensabile opera del sarto, dotato di ago, filo e forbici affilate, con tanto di metro flessibile a tracolla. Acquisito il genio dello stilista occorre poi prendere le misure della città reale, scegliere i tessuti adatti e infine confezionare un abito vendibile, pronto per essere indossato dal vasto pubblico. Proviamo allora, con un piccolo calembour, a “metterci nei panni del sarto” (tenuto conto che ogni programma politico elettorale moderno non può prender forma che dentro un’Officina, o Cantiere o Laboratorio o Fabbrica o Atelier … manca solo la Bottega!) e procedere per fasi di lavorazione.

Prima fase: la scelta del tessuto. Dobbiamo usare una stoffa di giusta consistenza, non troppo pesante perché il Comune, per quanto grande e importante, non ha i poteri legislativi che sono invece riservati alle Regioni e allo Stato. Pertanto sul piano delle politiche generali e delle normative il futuro Sindaco non potrà che esercitare pressioni e fare proposte, niente di più. Inutile illudere che le fondamentali questioni attinenti l’economia e il lavoro, i diritti civili, ecc. possano trovare soluzione in sede locale, se non in via indiretta e complementare. Tuttavia non possiamo neppure affidarci a un velo troppo leggero perché il Comune ha comunque poteri amministrativi di carattere generale, non settoriali e secondari come la Provincia, o marginali e pressoché trascurabili come i Consigli di Circoscrizione. Posata la stoffa giusta possiamo allora richiedere che il Comune faccia tutto il possibile che rientri nella sfera dei poteri legittimi e dei compiti d’istituto.

Seconda fase: prendere le misure al corpo della città, compresi i punti topici e le articolazioni. Si eviterà allora di tagliare un vestito troppo stretto per contenere questioni che hanno per loro natura carattere metropolitano (governo strategico del territorio, mobilità, inquinamento atmosferico, smaltimento rifiuti, regime delle acque, grandi infrastrutture) e invece un vestito troppo largo per gestire i servizi alla persona, la manutenzione ordinaria, la partecipazione e coesione sociale, la sicurezza nei quartieri periferici a cominciare dal controllo delle assegnazioni nelle case popolari. Sotto questo profilo, come ebbe a dire il Cardinal Martini nella prolusione agli ormai remoti Stati Generali del 1998, “la città è troppo grande per sentirsi una” cioè unita, solidale e funzionale. Ci si può dunque permettere di rinnovare acriticamente ancora una volta Consigli di Circoscrizione ridotti a inutili parlamentini, privi di strumenti esecutivi e senza voce in capitolo? Inoltre occorre fare attenzione al fatto che le misure della città cambiano tra il giorno e la notte. La città diurna, che vive e lavora, ha dimensioni quasi doppie della città in pigiama, che dorme e vota. Il vestito deve essere adatto anche ai contesti e agli orari della giornata milanese.

Terza e ultima fase: la scelta del colore. Da queste colonne è auspicabile sia preferita la gamma rosso – rosa – arancione – viola, con ampi risvolti verdi, ma qui la scelta è libera. L’importante è evitare di invertire le fasi di lavorazione o saltare le due preliminari. E’ pur vero che trattandosi di operazioni materiali esse siano ritenute inferiori alla politica pura, ma sarebbe sommamente errato tralasciarle o delegarle solo a giuristi e burocrati. La riforma degli ambiti e degli strumenti di governo, relegata a “ingegneria istituzionale”, purtroppo è stata a lungo ignorata a sinistra; non a destra dove invece la Lega ci ha costruito una fortuna. Una sinistra per altro costretta a inseguire il “federalismo” con mediazioni subalterne, senza disporre di una valida analisi e proposta alternativa. Proviamo allora a ribattezzarla “sartoria istituzionale”: che non trovi miglior fortuna in una città che, dopo essere stata industriale, fu “da bere”? Con tanto di cappello verso gli estrosi e famosi “creativi della moda” ma consapevoli che la realtà è più ampia e composita che non l’omonimo quadrilatero. Le elezioni si vincono infatti nelle periferie e il buon governo si potrà conquistare solo ricucendo una grande città metropolitana.

Valentino Ballabio

 



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