1 febbraio 2011

Scrivono vari 02.02.2011


Scrive Cesare Prevedini a proposito dell’articolo di Giuseppe Ucciero – Ho letto l’articolo di Giuseppe Ucciero sul caso Fiat. E’ un tema che ha creato divisioni forti anche a sinistra. Le parole democrazia e rappresentanza saranno anche affascinanti e l’articolo è culturalmente forte, ma non sono convinto che esprima correttamente la situazione di cui si sta discutendo. Sul problema del diritto e della tutela del lavoro in Italia è aperto un dibattito ormai storico e diciamolo pure cruento. E’ un tabù inviolabile, che provoca da anni morti di chi esprime una volontà riformatrice, come D’Santona e Biagi. I vivi, come Pietro Chino è costretto a una vita ingessata da una protezione, in sostanza continua da decenni, che è privazione della libertà personale.

La sinistra può accettare di discutere l’art. diciotto o se lo fa compie un sacrilegio? La Gabanelli, che pure è un’icona della sinistra, fece un paio d’anni fa un Report, che si intitolava, più o meno: “licenziare per assumere”. In questo servizio veniva illustrato come fosse più produttivo ed efficace un sistema che permettesse di licenziare per salvare le imprese in difficoltà, tutelando diversamente i lavoratori, per tenere alta la “job creation”: in Italia invece continuiamo con il sistema della Cigo (Cassa Integrazione Guadagni), senza porci nessun problema sul bilancio costi-ricavi, sia sul piano dei conti economici, sia sul piano dei conti sociali e senza preoccuparci della sopravvivenza del sistema imprenditoriale.

Abbiamo un sistema sociale che tutela enormemente gli occupati e danneggia terribilmente le nuove generazioni: che serve parlare ideologicamente di democrazia sindacale, se il prezzo che paghiamo è togliere diritti e opportunità a un paio di generazioni? L’Italia sulla legislazione del lavoro è sostanzialmente ingessata, come se la Cina vivesse ancora la “rivoluzione culturale”. Non so come sia esattamente la situazione oggi in Fiat, ma mi viene da dire che Marchionne ha perlomeno rotto uno schema rigido, che nessuno ha il coraggio di toccare, tantomeno questo Governo inefficiente e immobile.

E’ molto difficile affrontare argomenti come questi, perché si entra a discutere in termini complessi e spesso emotivi, tipo l’alienazione, i ritmi, i tempi e metodi ecc., ma crediamo davvero che questo avvenga solo in Italia? E’ giusto o no chiedersi come mai solo da noi si arrivi a questa rigidità di posizioni? Perché invece di discutere del sistema di rappresentanza del sistema sindacale, non ci chiediamo che risultato ha avuto chiudere Pomigliano d’Arco per tre mesi per fare corsi di formazione con lo scopo di correggere la scarsa produttività dello stabilimento, prima di mettere mano alle nuove linee?



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