1 febbraio 2011

musica – UN GRANDE CONCERTO


 UN GRANDE CONCERTO

 Un pubblico strabordante ed eterogeneo – con tutte le generazioni ben rappresentate, dai ragazzini agli anziani, che ha invaso (pacificamente) il palcoscenico per occupare le sedie poste dietro al pianoforte – è accorso ad ascoltare un’artista molto amata e un programma fatto apposta per incendiarlo; sabato 29 gennaio al Conservatorio Martha Argerich, accompagnata da un giovanissimo artista al suo debutto nella nostra città, ha eseguito tre Sonate – mostri sacri della letteratura per violino e pianoforte – tre capolavori assoluti come la n.1 in la minore di Schumann op. 105, la n.9 in la maggiore di Beethoven (“à Kreutzer”) op. 47, e la sognante Sonata in la maggiore di César Franck. Un vero tripudio.

Lei, gran signora del pianoforte, la bella settantenne che da vent’anni si rifiuta di suonare da sola in recital per dedicarsi solo alla musica da camera sia per provare ed esprimere la gioia del “suonare insieme”, sia per una sorta di missione, quella di “trainare” giovani colleghi e allievi nel difficile mondo del concertismo internazionale; lui, violinista venticinquenne dal cognome impronunciabile – si chiama Géza Hosszu-Legocky e si direbbe magiaro ancorché nato a Losanna – che per l’aspetto fisico, l’abito e il portamento sembra scappato dal set di un film di Emir Kusturica.

Due temperamenti musicali possenti – quello latino sud americano e maturo di Martita, passato attraverso una vita ricca di successi ma anche di tormenti, e quello tzigano e dunque non meno appassionato ma di natura più selvaggia e pieno di giovanile entusiasmo di lui – fusi in una perfetta intesa interpretativa, tesi non tanto alla ricerca della perfezione quanto al piacere della complicità, al gioco delle parti, come in una pièce teatrale. Potrebbero essere nonna e nipote, in realtà sembrano due ragazzi che giocano e si divertono. Con musiche sublimi.

Con un sorprendente gioco di pedali, capace di addomesticare i suoni e di assoggettarli al proprio volere, la Argerich riesce persino a far cantare un pianoforte da tempo maturo per la pensione, quello che altri pianisti meno esperti o più pretenziosi di lei talvolta rifiutano; e riesce anche ad avvolgere il suono ancora un po’ aspro del violino di Hosszu-Legocky amalgamandolo a quello del pianoforte con un sapiente dosaggio di volumi e di colori.

La Sonata di Franck, del 1886, che con la sua struttura ciclica si dice abbia felicemente ispirato a Proust l’impianto della Recherche, era una delle partiture predilette dall’insuperabile duo formato nei primi anni settanta da David Oistrakh e Sviatoslav Richter che purtroppo non ce ne ha lasciato registrazioni. In questa stagione la sentiamo già per la terza volta, senza essercene stancati, restando sempre ammaliati da quell’incredibile Recitativo-Fantasia che domina il terzo tempo. Peccato solo che il pubblico dell’altra sera – evidentemente cagionevole di salute, visti anche i rigori di quest’inverno – lo abbia accompagnato con una sinfonia di colpi di tosse e di starnuti che non legava per nulla con la partitura principale.

Quanto alla Kreutzer, che ha raggiunto un livello di celebrità tale da fare concorrenza persino ai Beatles e a De André, le sue interpretazioni sono tali e tante che ogni volta ci appare nuova e diversa, e così anche quella propostaci dal duo Argerich-Hosszu-Legocky che ha visto il dominio incontrastato del pianoforte sul violino; probabilmente così pensata dal pianista Beethoven a dispetto del frontespizio – “Sonata per pianoforte e violino obbligato” – e della curiosa prima dedica manoscritta al giovane violinista mulatto inglese Bridgetower “Sonata mulattica, composta per il mulatto Bridschdauer (così!), gran pazzo e compositore mulattico“. Poi, si sa, cambiò idea, forse per un litigio a causa di donne, e dettò all’editore la famosa dedica al violinista Kreutzer.

Interessante fu il primo commento del critico di Allgemeine Musikalische Zeitung, evidentemente fulminato dalla tarantella del finale: “(…)
Beethoven si scervella per riuscire a essere a tutti i costi diverso dagli altri (…) e, spinto dalla preoccupazione di essere originale fino ai limiti del grottesco, si rivela affiliato ad un vero e proprio terrorismo artistico (…)“.

Ma ancora più curioso è il giudizio che di questa opera dà l’assassino, protagonista del noto racconto omonimo di Tolstoi del 1889, nella drammatica confessione notturna “(…) è un opera tremenda, soprattutto in quel primo Presto (…) avete mai pensato che dovrebbe essere suonata in un salone pieno di signore scollate? (…) secondo me l’esecuzione dovrebbe essere assolutamente proibita (…)“. L’altra sera il ritmo, la passione, la complicità di quel improbabile duo ci hanno riproposto il terrorismo beethoveniano e rimesso di fronte allo sgomento che prese i primi ascoltatori. Una sorta di dimostrazione che le grandi opere sono sempre nuove e che riascoltarle non è fuggire dalla modernità ma, al contrario, collegare la modernità alle sue radici.

 Appuntamenti da non perdere


* giovedì 3 e sabato 5 febbraio al Teatro Dal Verme l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali, diretta da Antonello Manacorda, eseguirà il Concerto n. 2 opera 21 di Chopin (al pianoforte Pietro De Maria) e la Quinta Sinfonia, opera 67, di Beethoven.

* martedì 8 al Conservatorio per la Società del Quartetto, concerto interamente dedicato a Mozart: il Quartetto di Cremona, integrato da Alessandro Carbonare, eseguirà due capolavori dell’ultimo anno di vita di Mozart (il Quartetto per archi n. 23 in fa maggiore K 590 e il celeberrimo Quintetto per clarinetto ed archi K. 581) e due tempi di Quintetti incompiuti, per clarino di bassetto ed archi, di epoca giovanile, catalogati K. 88 e K. 90

* mercoledì 9 e giovedì 10 febbraio, sempre al Conservatorio ma per la Società dei concerti, la Arthur Rubinstein Philharmonic Orchestra diretta da Daniel Raiskin eseguirà due diversi programmi con l’Ouverture del Don Giovanni e il Concerto per clarinetto e orchestra K. 622 di Mozart, la Quarta Sinfonia e il Concerto per violino di Čajkovskij, la Notte sul Montecalvo di Musorgskij e l’Uccello di Fuoco di Stravinskij.

* il 10, 11 e 13 all’Auditorium di largo Mahler l’Orchestra Verdi diretta da Trisdee na Patalung (direttore d’orchestra tailandese, 24 anni, che a 15 era già maestro collaboratore all’Opera di Bangkok, a 20 debuttava nel Flauto Magico, a 23 nel Viaggio a Reims, ed oggi è direttore principale dell’Opera di Bangkok) eseguirà un programma anch’esso interamente dedicato a Mozart (Eine kleine Nachtmusik K.525, Concerto per flauto, arpa e orchestra in do maggiore K. 299, Concerto per clarinetto in la maggiore K. 622, Sinfonia n. 40 in sol minore K. 550 che qualcuno ha soprannominato l’Orrida)

* martedì 15 alla Scala, prima rappresentazione della nuovissima Tosca, diretta dal ventinovenne israeliano Omer Meir Wellber, con Oksana Dyka, Jonas Kaufmann e Marco Berti, scene di Richard Peduzzi, costumi di Milena Canonero; repliche, anche con altro cast, il 17, 20, 22, 25, 27 febbraio e il 2, 4, 6, 23 e 25 marzo

* Mozart in questo febbraio imperversa incomprensibilmente, tanto che domenica 27 e lunedì 28, alla Palazzina Liberty, l’Orchestra da camera Milano Classica proporrà un concerto di sole musiche per archi del salisburghese con l’aggiunta del Divertimento in sol maggiore di Haydn.

 questa rubrica è curata da Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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