1 febbraio 2011

CITTADINANZA DIGITALE


Nel 2003 è stato integrato dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica l’articolo 51 della Costituzione italiana, che nel primo comma del testo attuale recita così: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.

Un intervento normativo di rilievo e un passo importante verso una democrazia paritaria: il principio delle pari opportunità elevato a rango costituzionale segna l’apertura della strada verso la promozione dell’uguaglianza di chances e verso il conseguimento della garanzia di un improcrastinabile incremento del tasso di partecipazione femminile alla vita politica del Paese, dell’accesso delle donne alle cariche elettive, ai pubblici uffici e ai luoghi decisionali, ancora troppo basso in rapporto non solo ad altri paesi dell’Unione, ma anche a realtà africane e asiatiche.

Venendo all’oggi è importante segnalare un’altra proposta di innovazione costituzionale, lanciata dal giurista e professore emerito di diritto civile Stefano Rodotà in occasione dell’Internet Governance Forum che si è tenuto a Roma nel novembre scorso, con l’obiettivo di sviluppare il dibattito sulle questioni di maggiore attualità e rilevanza di Internet(1). La proposta di Rodotà è quella di inserire nella Costituzione italiana il ‘diritto alla rete’, attraverso un nuovo articolo. Questo articolo – il 21.bis – avrebbe la funzione di estendere e reinterpretare l’articolo 21, che già sancisce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con qualsiasi mezzo di diffusione.

Rodotà ha letto solennemente il testo di questo articolo, due righe molto impegnative e sofferte (“Scrivere due righe è molto più faticoso che scriverne trenta” – ha sottolineato), che ‘si è preso la briga di scrivere’, proprio in ragione del fatto che ne avverte personalmente l’attualità e l’urgenza e anche perchè sollecitato con giusta insistenza da molti che ne condividono la necessità: “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete di Internet in condizione di parità con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale“.

Il testo è stato scritto con il contributo di Guido Scorza, presidente dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione, e di Juan Carlos De Martin, professore associato presso la Facoltà di Ingegneria dell’Informazione del Politecnico di Torino, utilizzando il più possibile il linguaggio pulito, diretto e sobrio dei costituzionalisti(2). Nel dicembre 2010 ha iniziato l’iter parlamentare un disegno di legge che ha come primo firmatario lo stesso Rodotà e che reca disposizioni volte al riconoscimento del diritto di accedere a Internet come diritto fondamentale della persona.

Il premio Nobel per la Pace 2010, il dissidente cinese Liu Xiaobo, ha affermato che ‘Internet è un dono di Dio alla Cina’. Questo tema è stato ripreso in una intervista recente di un altro dissidente, l’architetto che ha disegnato l’avveniristico stadio Nido d’uccello sede delle Olimpiadi di Pechino, che ha detto: “vi pentirete del silenzio sui diritti”, rivolgendosi con questa frase non soltanto alla Cina, ma a tutto il mondo, e alludendo in particolare ai diritti in rete e al potenziale rivoluzionario di Internet all’interno di tutti gli Stati.

Un fenomeno ancora tutto da analizzare è all’attenzione dei sociologi, quello delle mobilitazioni in rete che hanno reso possibili forme di intervento impensabili senza Internet. Rodotà ha fatto osservare che la possibilità di organizzare raduni di massa e di mobilitare i cittadini a partecipare a un evento era appannaggio nel passato soltanto delle grandi organizzazioni politico-sindacali, mentre ora dobbiamo riflettere sul fatto che non c’è una discontinuità radicale tra mezzi e un fatto diventa politicamente significativo quando dalla piazza virtuale i cittadini scendono nella piazza reale, come abbiamo avuto modo di apprendere dalla vicenda di Seattle, organizzata in rete per la sessione del WTO. La portata planetaria si ha quando la tv generalista tradizionale, mezzo top down, rilancia in tutto il mondo le immagini: una modalità che si è andata sedimentando e a cui deve essere dato uno sbocco istituzionale.

La Costituzione italiana è nata in un’epoca in cui i mezzi di comunicazione di massa, e Internet in particolare, non esistevano. Oggi il cyberspazio è una nuova agorà d’incontro sociale e di apprendimento, è in atto la transizione digitale, cioè il passaggio del sapere dalla carta al bit, di cui non abbiamo visto che il prologo e sembra pertanto arrivato il momento di scrivere che l’accesso alla Rete, il più grande mezzo di comunicazione della storia, è un diritto costituzionale. Se anche voi la pensate così, metteteci la firma!(3)

Rita Bramante

(1) http://www.igf-italia.it/igf-italia10

(2) Il professor. Tullio De Mauro ha dedicato al linguaggio della Costituzione le osservazioni più penetranti, “Sono 1357 le parole della nostra Costituzione e il 93 per cento del testo è composto dal vocabolario di base della lingua italiana”: così ha descritto la semplicità e la modernità della nostra Carta fondamentale nel corso del convegno “Parole e Costituzione”, organizzato dal Giscel a Cagliari nel 2008.

(3) http://internetcostituzione.it/



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