25 gennaio 2011

MILANO E LA CULTURA DA VECCHIA SIGNORA


La cultura a Milano. La settimana scorsa con l’intervista a Luigi Corbani abbiamo parlato dell’avvenire milanese della musica. Questa settimana con Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro, e Salvatore Carrubba, già assessore alla Cultura del Comune, affrontiamo da un lato il problema del futuro del teatro dopo i tagli del Governo e dall’altro, in generale, di un antidoto possibile ai tagli alla cultura: gli sponsor. I tagli al teatro per Milano sono una vera ferita perché qui è la culla di uno degli episodi europei più importanti per la storia del palcoscenico: il Piccolo Teatro della città di Milano.

Ma vogliamo affrontare il nodo della cultura nel futuro della nostra città. Le lunghe code di visitatori per il Museo del ‘900, per la mostra di Dalì a Palazzo Reale e per vedere Tiziano a Palazzo Marino dicono due cose: la domanda di cultura a Milano è molto alta e la gente, paziente, si assoggetta ad aspettare a lungo in piedi pur di vedere opere d’arte; le code sono in gran parte fatte di gente matura, spesso anziana e mancano visibilmente le giovani generazioni. Come ormai sappiamo, Milano è una città con una popolazione che invecchia e, sia per l’età sia per formazione, è più facile che chi sia avanti negli anni ami queste cose perché ha più tempo libero e forse avverte che nella clessidra della vita non resta moltissima sabbia: le occasioni non vanno perdute.

Eppure, in periodo di acquisti di Natale e di liquidazioni il centro della città brulicava di ragazze e ragazzi di ogni età, pochi a fare la coda in piazza del Duomo o a Palazzo Marino. In parte è certamente un fatto del tutto naturale che non affollino mostre e musei, chi di noi non ricorda di aver partecipato da ragazzo alle gite “culturali” della scuola pensando a tutt’altro? Detto questo e dopo aver sentito l’opinione di molti insegnanti, pare però proprio che avvicinare i giovani alla cultura oggi sia sempre più difficile. Nel dibattito sui tagli nel bilancio dello Stato si fa giustamente rilevare che il contributo della cultura al Pil è molto significativo, che l’occupazione diretta e indotta è alta e che dunque investirvi, anche se non la si può mangiare, dà da mangiare a molta gente.

Mettendo insieme tutte le tessere di questo mosaico ne viene fuori un’immagine chiara che ci porta a dire due cose: per l’inesorabile destino umano il bacino attuale di visitatori tenderà ad assottigliarsi e a scomparire; se non contrastiamo la tendenza dei giovani ad allontanarsi dalla cultura anche questa è destinata a morire di anemia e fatalmente scompariranno anche gli sponsor che oggi più che mai sono indispensabili per la sua sopravvivenza. Rischiamo così di lasciare che si inneschi un circolo vizioso: niente pubblico per le mostre, niente interesse degli sponsor per eventi che non richiamino pubblico, niente soldi privati per la cultura, niente cultura. Riportare i giovani ad amare la cultura potrebbe essere la vera scommessa di Milano laboratorio politico e sociale del Paese.

L.B.G.



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