18 gennaio 2011

FONDI IMMOBILIARI: NOMADI E IMMOBILI


Il Corriere della Sera di domenica 2 gennaio conteneva un notevole articolo a firma dell’ottimo Mario Gerevini: “Il flop immobiliare del fondo Vegagest”. Mezza pagina del più importante quotidiano nazionale dedicata a una Sgr (Società di Gestione del Risparmio) che i cittadini di Segrate conoscono bene. E che vorrebbero conoscere meglio perché da un po’ di tempo non gli risponde più nemmeno al telefono. Vegagest nella provincia di Milano gestisce due grandi operazioni immobiliari: una con il fondo Aster impegnato nell’operazione Santa Monica a Segrate e l’altra con il fondo Calatrava impegnato nell’operazione Miluce in via Adda a Milano.

“Il record di Vegagest è di avere inanellato un’incredibile serie di investimenti sballati con alcuni dei suoi fondi immobiliari”, spiega Gerevini, dando anche conto delle relative inchieste avviate dalla Procura milanese, che presero l’avvio da un esposto su scambi di quote e plusvalenze sospette. Le due operazioni immobiliari furono avviate quattro anni fa a Ferrara sotto la regia della locale Cassa di Risparmio (CARIFE), poi quasi fallita e quindi commissariata dalla Banca d’Italia. Si trattava di operazioni di carattere finanziario prima ancora che edificatorio e infatti, dice l’articolo, la Sopaf dei fratelli Magnoni e il gruppo Bordignoni hanno fatto bei guadagni, decine di milioni di euro, nella girandola delle quote societarie dei fondi prima che i Siano diventassero gli unici proprietari. L’esposizione della Cassa di Risparmio di Ferrara sulle iniziative targate Vegagest è così arrivata a 120 milioni (un’altra fonte parlava di 147), mentre in via Adda c’è solo lo scavo e i cittadini che hanno acquistato a Segrate la casa la stanno ancora aspettando.

L’amministratore delegato di Vegagest, Salvatore Ciccarello, assicura che i piani di salvataggio dei due fondi immobiliari sono pronti, ma non ci dice dove prenderanno i soldi, visto che persino le fidejussioni di 30 milioni versate al Comune di Segrate a garanzia delle opere di urbanizzazione risulterebbero false. E questo non lo dice nemmeno l’articolista del Corriere, che si occupa di cronaca finanziaria e non di urbanistica. Ma noi sappiamo bene da dove provengono i denari freschi per i salvataggi: provengono dalle nuove volumetrie che il piano territoriale di Pioltello elargisce sull’area dei Siano nel parco delle cascine. Già perché i Siano, oltre che via Adda, Santa Monica, l’ex Galbani di Melzo e chissà cos’altro, posseggono anche un milione di metri quadrati a Pioltello.

Questi signori hanno prima usato i nomadi per fare pressioni in via Adda (ricordate il famoso sgombero del 2004?) Ora hanno riqualificato col progetto Miluce, andate a vedere che spettacolo!), poi hanno fatto la stessa cosa a Pioltello, trovando sempre amministrazioni compiacenti, che col pretesto degli zingari hanno concesso volumetrie generose e accelerato la trasformazione urbanistica delle aree. Le nuove volumetrie pioltellesi possono valere giusto quei 120 milioni (in termini finanziari ovviamente): una volta riparato il buco si potrà ripartire per un nuovo giro di giostra. Il territorio sarà sempre più povero, le case sempre care, e le famiglie sempre più indebitate. Se i comuni prosperano nella penuria la colpa non è tanto degli speculatori, che da sempre fanno il loro mestiere, ma soprattutto degli amministratori che si prestano a questo gioco. La vera domanda è se si tratta solo di ingenuità.

Per comprendere le motivazioni delle scelte territoriali ormai è meglio leggere le cronache finanziarie che non i dibattiti sull’urbanistica. La vicenda di Vegagest non è per niente isolata. Le informazioni che riportano i giornali sulla ristrutturazione dei debiti delle holding di Ligresti (da leggere contestualmente alle richieste di poter costruire nel Parco Sud) sono molto istruttive, così come la storia di Risanamento, che ha moltiplicato il valore dei suoi terreni senza nemmeno posare un mattone, o quella di Beni Stabili, ben rappresentata a Milano dallo scheletro alberghiero di Ponte Lambro, o quella di Acqua Marcia, che un tempo costruiva acquedotti e oggi costruisce quartieri su terreni inquinati (via Calchi e Taeggi).

Ancora una volta però mettiamo l’accento sull’effetto economico, sistemico, che l’insieme di queste operazioni immobiliari ha sull’economia nazionale. Per quanto tempo ancora il “velo” urbanistico potrà coprire la valorizzazione finanziaria e le perdite reali del sistema bancario? Come si fa a sostenere che in Italia non sono stati dati soldi pubblici alle banche? Sono e saranno i mutui sulle case, che remunerano valori immobiliari abnormi e speculativi, a nascondere le perdite delle banche e i flop immobiliari del paese. Questo problema è ormai una vera emergenza nazionale: ambientale perché produce inquinamenti, sociale perché addossa ai cittadini il costo delle speculazioni finanziarie, ed economica perché drena capitali e ostacola la ripresa dell’economia reale. La politica territoriale non è più, ammesso che lo sia mai stata, un fatto locale. L’istituzione di un’Authority nazionale, con compiti di sorveglianza e magari anche pedagogici, capace di considerare contestualmente il lato ambientale e quello economico delle politiche territoriali, forse potrebbe essere utile e in ogni caso fare qualcosa è assolutamente urgente e necessario.

Mario De Gaspari



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti