11 gennaio 2011

IL TERZO POLO A MILANO


Tradizionalmente il terzo posto da diritto alla medaglia di bronzo, spesso meglio accettata di quella d’argento, che sa sempre un po’ di sfiga e di perdente, mentre un buon terzo posto è visto come una tappa verso la vittoria assoluta alle edizioni successive. Sarà per questo motivo che periodicamente tanti aspirano al “terzismo” anche in politica, piazzarsi bene per candidarsi a essere l’alternativa prossima futura, in generale con fortune alterne, come avvenne con la “Terza Internazionale” sovietica (anche se, vista la tradizione della casa, quella eliminò direttamente precedenti e successori), con il Terzaforzismo socialdemocratico degli anni settanta, con la Terza via di Tony Blair e via dicendo. Nell’Italia con il sistema politico eternamente in crisi evolutiva, il terzismo sta vivendo una nuova grande stagione con il “Terzo polo” di Casini Fini Rutelli, anche se le fortune restano sempre alterne.

Anche a Milano l’esordio del Terzo Polo si è caratterizzato per il bronzo, che si è materializzato però nelle facce di tanti che pensavano di avere la possibilità di rifarsi una verginità politica o più semplicemente di fare un altro giro al Luna Park inventandosi la candidatura di Gabriele Albertini che per cacciare la Moratti avrebbe dovuto essere appoggiato anche dalla sinistra “responsabile” non si sa di che (probabilmente del ventennio di sconfitte elettorali), dimenticandosi del piano parcheggi, della svendita dell’Aem, dell’uso della Scala e delle iniziative culturali milanesi come promo di Pirelli Re e altre piccole avvedute scelte dell’amministratore di condominio che volle farsi sindaco. Un sondaggio che lo dava al 13,5% contro il quaranta a testa abbondante di Moratti e Pisapia unito, dice qualcuno, alla ventilata comparsa di qualche dossier confezionato secondo i dettami del “metodo Boffo”, nonché a qualche promessa sul futuro arrivo di qualche lettera affettuosa e personale del dott. Letta (“Caro xx, sia io che il presidente Berlusconi siamo profondamente dispiaciuti di non avere potuto procedere alla sua nomina a xxxx, ma siamo certi che presto etc etc”) hanno portato al precipitoso ritorno alla revisione note spese l’eurodeputato condominiale azzerando in un attimo le alchimie di tanti e le speranze di pochi.

Ma l’ennesimo insuccesso del tatticismo senza strategia può portare al ritorno alla politica, che è fatta da scelte convinte che vanno difese con altrettanto convinte battaglie politiche. La crisi del bipartitismo e la regressione del Pdl a Forza Italia alleata con la Lega ha aperto uno spazio politico e non geografico o tattico al centro e il tentativo dei Terzopolisti di essere in partita passa tutto dalla politica, dalle scelte e non dai personalismi, tanto a Roma con Berlusconi quanto a Milano con Letizia Moratti. La “valentia” di Casini e Fini come dei loro sostenitori milanesi si misura sulla capacità di rendere chiara la distanza di convinzioni sul rispetto delle istituzioni, sulle politiche dell’accoglienza e dell’assistenza, sulle scelte economiche e non (solo) sugli interpreti delle stesse: in poche parole, più che con manovre ed alchimie elettorali il Terzo polo si trova a dover manifestare con chiarezza le scelte che l’hanno portato a contrapporsi alla destra populista e leghista e a chiedere il consenso su questo.

Anche a Milano il Terzo Polo sta quindi cercando di manifestarsi evidenziando le tante differenze con la politica dell’attuale sindaco che, come ricordano in pochi, fu eletto sulla base di un programma che segnava anche una cesura politica con le amministrazioni precedenti (chi si ricorda la Moratti Kadima, emula della Livni in Israele?) e che è rimasto inapplicato per il 98%. Una Moratti che si è gettata nelle braccia della Lega abiurando senza batter ciglio a quanto anche i suoi più stretti collaboratori avevano realizzato lascia uno spazio politico “moderato” privo di rappresentanza. E’ a questo mondo che, senza intraprendere scorciatoie, si rivolge la nuova aggregazione terzopolista, con serie possibilità di successo: lo stesso sondaggio che di fatto bocciava il tentativo di “sfondamento” con Albertini evidenziava tuttavia l’esistenza di uno spazio politico significativo, dando al 9,5% un altro candidato del terzo Polo, solo pochi punti meno del più noto ex sindaco.

Credo che la presenza di un solido “Terzo Polo” nel prossimo Consiglio Comunale potrà rendere possibile il ritorno all’alleanza politica tra centro moderato e sinistra riformista che, quando si è realizzata, ha coinciso con i migliori periodi di vita politica e sociale della nostra città. Se è vero che il sistema elettorale tende a escludere la presenza centrista (che infatti rinasce regolarmente dopo l’avvio della legislatura per scissione) è altrettanto vero che il Sindaco eletto direttamente è in grado, se ne è capace, di rendersi interprete direttamente di questa possibile alleanza politica che ne rafforzerebbe comunque la propria azione. E non parlo volutamente di tutte le valutazioni numeriche, che pure sono importanti, che dicono che la presenza di un terzo polo impedirebbe la vittoria della Moratti al primo turno e preparerebbe la sua successiva sconfitta al ballottaggio: se non si verificasse una convergenza politica almeno su alcune scelte di politica amministrativa, per esempio sulla città dei diritti e dei doveri di cui parla tanto Pisapia quanto chi si richiama al Terzo polo, ogni accordo o alleanza precedente o successivo sarebbe effimero e strumentale.

Come disse una volta Vittorio Feltri, ” Letizia Moratti è una signora molto decisa a non si sa cosa” e il sistema di relazioni e poteri in cui è inserita rende possibile la sua stessa esistenza, a prescindere da contenuti e programmi. Chi ambisce a sostituirla o semplicemente a vivere una politica e una città diversa da quella (non) pensata da Donna Letizia, questo non se lo può permettere, deve esplicitare valori e idee nei quali crede. Per la prima volta dopo oltre un decennio, la sinistra è riuscita a farlo con la candidatura di Giuliano Pisapia: se rinascerà anche un centro politico a Milano le buone notizie potrebbero non finire qui.

Franco D’Alfonso



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