14 dicembre 2010

IL CONTAGIO DELLA SINISTRA


L’appello di Davide Corritore alla formazione di un’unica lista che veda insieme i quattro competitori delle primarie, va a unirsi al coro, ormai numeroso che, pur con diverse sfaccettature, chiede la stessa cosa. Gli interessati per parte loro – candidati e partiti – tacciono o lasciano cadere a goccia a goccia le proprie opinioni attraverso interviste a mezza bocca alla stampa cittadina, tagliando così i ponti con una parte dei futuri elettori, quelli accorsi alle primarie. E gli uni e gli altri pagheranno salato questo loro silenzio e non varranno a nulla le solite giustificazioni alle quali la politica ci ha abituato; persino chi durante la campagna per le primarie si è fatto alfiere di un nuovo modo di fare politica, si sta adeguando a questo biasimevole costume: fumi e nebbie per non voler affrontare pubblicamente i problemi.

Nel frattempo gli alchimisti delle strategie elettorali cercano di raccontare quanto si suppone sia successo nel più o meno recente passato per dimostrare la validità di una delle due ipotesi: una sola lista civica del candidato sindaco o più liste a lui collegate. Tuttavia il nocciolo della questione sembra essere un altro: la ricerca di visibilità come criterio assoluto e relativo. La visibilità assoluta è il desiderio, anche legittimo, di essere conosciuti indipendentemente dalle proprie idee ma per il solo fatto di apparire, ritenendo che questo sia un ingrediente fondamentale nel caso di confronto elettorale, come in parte è. La visibilità relativa è un’operazione di tutt’altro genere e concerne chi non aspira direttamente al confronto elettorale ma si mette in vetrina nella segreta speranza di essere in qualche modo associato a una qualsiasi operazione politica per il semplice fatto di essere portatore di alcuni voti o di preferenze: non si spiegherebbe altrimenti il fiorire di mille iniziative, gruppi, associazioni e fondazioni negli ultimi tempi.

Per finire c’è chi la stessa operazione, la visibilità relativa, la fa semplicemente per mettersi sul mercato al miglior offerente. La somma di tutti questi maneggi cala come una coltre plumbea a spegnere animi ed entusiasmi. Quanto poi alla scelta dei compagni di viaggio e agli apparentamenti o al loro contrario restiamo all’anno zero di una nuova auspicata politica: dopo aver stilato programmi molto simili tra loro e comunque assolutamente non configgenti, invece di discuterne collettivamente e pubblicamente, partiti e candidati si danno alla più sfrenata schizofrenia, incomprensibile ai più.

Allora delle due una: o questi programmi erano vuote vociferazioni (ai quali comunque pochi o nessuno ha dedicato attenzione al momento delle primarie) e allora l’attrito è solo tra le persone, o questi programmi avevano un senso e il non trovare una sintesi tra gli stessi è come dire che la famosa “coalizione” era un mero espediente per rinviare a dopo i problemi sottostanti, problemi di ruolo, di persone e di ambizioni. Insomma, quando la cosiddetta società civile si mobilita, i suoi uomini cadono per prima cosa vittime del contagio della sinistra: conflitti interni, frazionismo, intolleranza il tutto più o meno mascherato da nobili richiami alle radici di ognuno. Radici ormai voltate per aria dai tempi e destinate a seccarsi.

Se le cose stanno così, e lo temo, mettiamoci anche a Milano in serena attesa di un uomo o una donna della provvidenza, magari ci capiterà di nuovo un nano o una nana ma, per quanto piccolo, difficile che sia di sinistra.

 



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