3 dicembre 2010

LETTERA MAI SCRITTA DAL PD MILANESE


Il risultato delle primarie tenute a Milano, che hanno visto vincere l’avvocato, già parlamentare, Giuliano Pisapia, e perdere l’architetto Stefano Boeri, ufficialmente sostenuto dal PD meneghino, ha provocato polemiche e commenti diversi: sul PD, sullo strumento delle primarie, sulla possibilità di vincere e altro. Proviamo a svolgere una breve riflessione, ipotizzando di “riarrotolare il nastro” della vicenda e di leggere una “lettera mai scritta” dal PD ai cittadini milanesi. Una lettera immaginaria che suona così:

“Cari cittadini milanesi, il 14 novembre prossimo potrete recarvi presso i seggi organizzati vicino a casa vostra, per scegliere il candidato del Centrosinistra da voi considerato migliore per le prossime elezioni amministrative della primavera 2011, quando si andrà a votare per rinnovare il sindaco di Milano. In competizione per queste elezioni “primarie” saranno tre autorevoli esponenti della società civile, che hanno offerto la propria disponibilità al nostro schieramento per concorrere alla selezione. A individuare il nostro candidato che si opporrà a Letizia Moratti, se verrà riconfermata, sarete voi, e potrete scegliere tra: a) Stefano Boeri, uno stimato architetto urbanista, che ha dato ampia prova delle sue qualità in tutti questi anni; b) Valerio Onida, giurista rinomato, Presidente emerito della Corte Costituzionale; c) Giuliano Pisapia, avvocato di fama, impegnato nel sociale, già parlamentare e Presidente della Commissione Giustizia della Camera.

Si tratta di tre figure eccellenti, del tutto complementari tra di loro, in grado – chiunque si affermasse alle primarie – di diventare un ottimo sindaco di Milano e di favorire un’autentica svolta per la città. Data la loro complementarietà potranno, peraltro, costituire il primo nucleo di eccellenza della squadra di alto profilo che il centrosinistra costruirà per il migliore governo della città.

Tutto ciò premesso, il PD milanese, nel ringraziare innanzitutto queste persone per essersi generosamente messe al servizio di Milano, intende rimettere a voi, cari cittadini, la scelta di chi dei tre dovrà competere a primavera prossima. Il Partito Democratico, infatti, nel suo processo di rinnovamento – che è tuttora in corso – intende qualificarsi sempre più come “partito aperto”, disponibile a “farsi attraversare” dalle scelte dei cittadini che amano la propria città. Lontani da ogni retorica, è nostra convinzione, infatti, che la politica debba sempre più favorire una partecipazione attiva dei cittadini, i quali siano messi in condizione di contare davvero nelle scelte che influiscono sull’organizzazione della propria convivenza.

E’ in questo spirito che il PD milanese farà ogni sforzo per fornirvi tutte le informazioni utili sui candidati, sui loro programmi, sulle loro iniziative, al fine di favorire una scelta consapevole, magari anche grazie ad un’occasione di incontro “personale” con gli stessi. Il PD milanese confida che voi cittadini vogliate diventare i veri protagonisti di questa scelta, che potrà segnare una svolta autentica per la nostra città, una svolta a nostro avviso assolutamente necessaria per recuperare quel rango di “città europea” che Milano merita e che tutti questi anni di governo del Centrodestra le hanno fatto perdere. Ringraziando, con vera cordialità, La Segreteria del PD milanese”.

E’ questo – più o meno – il contenuto di quella possibile lettera che il PD non ha mai scritto. Non l’ha scritta perché ha scelto di presentarsi alle primarie con una indicazione esplicita su uno dei tre candidati, Stefano Boeri, considerato preferibile per il suo più pronunciato “profilo riformista”. Ne è scaturita una campagna elettorale all’insegna di un massiccio investimento organizzativo su quel candidato, a mio parere (ma non solo) così massiccio e sproporzionato da farlo vivere, in un tempo e in ambiente segnati da sentimenti non proprio teneri con i partiti e la politica, come una “scelta partitica della nomenclatura”. La conseguenza – certo, non deterministica – è stato un affievolimento della partecipazione (ferma alla cifra delle scorse primarie del PD, cioè a dire circa 67.000 cittadini a fronte dei 100.000 esplicitamente teorizzati dal partito), la vittoria di Giuliano Pisapia e la conseguente sconfitta del candidato sponsorizzato dal Partito Democratico.

Quale lezione trarre dall’accaduto? Che non si può fare ricorso alle primarie e scegliere come partito un candidato, perché ciò appare come una vera e propria contraddizione in termini, vissuta dai cittadini come una prevaricazione delle proprie facoltà, come la solita storia – come hanno affermato alcuni – di partiti che non producono “gesti di verità”. Oltre a questo “sentimento”, nella circostanza hanno contato elementi di un “sentire diffuso” nella città a favore dell’uno o dell’altro. Certamente non ha influito in modo significativo la caratterizzazione cosiddetta “ideologica” dei candidati, io credo nemmeno per Pisapia. Il quale è stato accreditato (erroneamente) dai mass-media e dalla maggior parte della dirigenza del PD come eccessivamente “di sinistra” ed è risultato vincente – sempre a mio parere – più per le sue caratteristiche personali, professionali, e familiari, in una parola per il portato di una sua “credibilità” svincolata dai partiti che per tutto il resto. E aggiungo che se il vincitore delle primarie milanesi, da qui alle elezioni, dovesse accentuare queste sue caratteristiche, lo stesso potrebbe riservare grandi sorprese nella competizione di primavera prossima. A fronte di tutto ciò, i commenti che ho letto sulla vicenda, e le “sovraletture” che ne sono seguite, mi sono apparsi – e mi scuso se appaio tranchant – del tutto “stonati”, per non dire che c’entravano poco o nulla con quanto, secondo me, è accaduto a Milano.

Lino Duilio



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