30 novembre 2010

MARTINOTTI E IL SONNO DI OMERO


Talvolta avveniva anche a Omero di schiacciare un pisolino, di non essere all’altezza della sua fama: non dobbiamo allora troppo stupirci se un appannamento può venire anche al Guido Martinotti su Arcipelagomilano. Interloquendo con PierVito Antoniazzi, Martinotti ha svolto una lunga “discorsessa” di cui si potrebbe dire in sintesi, benevolmente, che consiste in un’esposizione contraddittoria di questioni per di più svolte fuori tema. Per ricapitolare: PierVito sostiene che il meccanismo delle primarie sottolinea le distanze tra i diversi popoli che vi partecipano, distanze che non è poi agevole colmare.

Si ricorda poi che, mentre le primarie americane appartengono a una secolare tradizione politica e si svolgono dentro l’alveo unitario dei due grandi partiti nazionali, le ultime primarie cittadine si sono svolte a livello di coalizione, si innestano su di una cultura politica secolare fatta di “particulare”, quindi più esposte a trascinare nel tempo scorie emotive e nodi irrisolti della competizione. L’effetto lamentato da Antoniazzi è stato peraltro descritto come potenziale rischio in termini bipartisan, potendo colpire entrambi i candidati, e quindi anche Boeri se eletto. Essendo stato eletto il comunista Pisapia (aggettivazione mia, ma identità politica sua), ci si occupa del suo caso concreto, e si ipotizza una potenziale difficoltà a riaggregare attorno alla sua figura non solo le propaggini centriste del centro sinistra, ma anche quella ampia zona grigia senza la quale è difficile vincere in Italia, specie a Milano e specie se il discrimine tra chi vince e chi perde consisterà in alcune migliaia di voti.

In questo scenario, in questa area, è di rilievo l’elettorato di ispirazione cattolica. Questo il succo del suo ragionamento. Si può condividerlo o no, si può affermare che quanto si perderà verso il centro si recupererà ad abundantiam sulla fascia di astensione di sinistra, si possono fare tante considerazioni di merito, il merito politico. Guido Martinotti, invece di coglierlo e rispondere sul contenuto specifico, si è attaccato, diremmo impiccato, a un aggettivo considerato offensivo (laicista), che peraltro non appare del tutto ingiustificato nel descrivere alcune forze che hanno sostenuto Pisapia. Il che non equivale a dire che tutti i laici sono laicisti e Antoniazzi ovviamente non l’ha detto.

Evitando la questione principale, Martinotti ha invece preso cappello sull’aggettivo e si è avviluppato in una polemica “immaginaria”, senza reale bersaglio, che appare da lui fissata nei seguenti due punti: a) in Italia, laici e cattolici condividono i principi comuni; b) l’unico punto su cui si dissente è la sottomissione all’autorità del Papa. Ora, la debolezza dell’argomentazione è duplice. In primis, se laici e cattolici condividono gli stessi principi non si capisce come possa creare ostacolo tra loro l’autorità del Pontefice, il quale in tanta concordia non avrebbe materia su cui creare divisione. Ma, e si viene al punto essenziale, non è vero che tra cattolici e laici vi siano sempre i medesimi principi. Salvo che non si intenda restringere la questione all’osservanza di alcuni tra i principali valori e comandamenti, vi sono questioni di grande portata che non trovano né un identico sentire né le medesime risposte.

In effetti, lo stesso Martinotti presenta poi un lungo elenco di questioni su cui laici e cattolici non vanno d’accordo, smentendo quindi la sua affermazione iniziale, ma tant’è quando ci si appisola… Per trovare la “quadra”, Martinotti chiama allora concezione della vita e della morte, sessualità, diritti della persona, “questioni etiche di interesse comune”. In realtà, la diversa angolatura con cui laici e cattolici guardano a questi temi etici deriva necessariamente dai diversi princìpi che ne fondano il rispettivo punto di vista: la vita per i cattolici è semplicemente indisponibile in funzione del principio inderogabile che afferma essere “la vita un dono di Dio”, presupposto non ammesso dai Laici per i quali vita e morte sono nella disponibilità dell’Uomo, entro certi limiti s’intende. Di qui, le opposte visioni sul tema dell’aborto, della contraccezione, della vita e della morte.

Ma il Martinotti non sembra vedere queste differenze di princìpi, e quindi ritiene che l’unica differenza tra ghibellini laici e i guelfi cattolici risieda nell’obbedienza al Pontefice. Ecco servito un bel pensiero laicista, questo sì, davvero: cari cattolici, se la pensate così non è non è perché anche voi, come noi, vi confrontate ed elaborate le vostre visioni del mondo, ma unicamente perché colpiti da una speciosa forma di obbedienza ovina al Bianco Pastore delle anime. Affermazione che non rende giustizia alla effettiva ricchezza e consistenza sociale di una cultura, da cui si può certo dissentire, ma non travisare e ridurre nei termini di una realtà da caserma. E se Martinotti ha dubbi, chiedesse al Cardinale Tettamanzi la sua posizione sull’aborto e ribattesse alla sua contrarietà che “la pensa così solo perché obbedisce al Papa”: se ne guarderebbe bene, ovviamente, riconoscendo lui per primo alle parole del caro Cardinale una loro autentica autonomia.

Ma vogliamo dare tutto il vantaggio a Martinotti: anche concedendo per assurdo che i cattolici obbediscono e non pensano, resta accertato da lui stesso che laici e cattolici, si trovano oggi su versanti opposti in certe importanti materie etiche. Ecco allora riapparire il tema ed ecco perché Martinotti è andato fuori tema. Rimane infatti del tutto intatto il problema politico posto da Antoniazzi, ossia la presenza anche nel popolo di centrosinistra di divisioni etiche verticali che hanno come centro la famiglia, la sessualità, la vita, divisioni che sia pur rozzamente possono essere riportate alla primaria divisione tra laici e cattolici, incrociando storicamente e culturalmente quella tra destra e sinistra. Divisioni con valenza politica, che concorrono cioè assieme ad altre a formare l’orientamento politico generale, dei singoli e delle aggregazioni.

Per superare queste divisioni non basta dire “Pisapia è stato scelto, votiamo tutti Pisapia”: sarà semmai eventuale merito di Pisapia riconoscere, affrontare e ridurre al minimo la forza di questi nodi con appropriate iniziative politiche. Qui non è questione di veleni, ma di lucidità dell’analisi. Questo era il tema posto, a mio modesto avviso, da PierVito Antoniazzi. Un tema oggettivo e comprensibile, delicato e importante, di non agevole maneggio. E del resto, se da tempo ormai lo stesso PD è attraversato da un crescente disagio della sua componente cattolica, non si può far finta di niente e relegare la questione di cui è sintomo parziale a un problema di scarso coraggio o di ottusa obbedienza alle gerarchie cattoliche. Lasciamo quindi stare la paroletta laicisti, scuotiamoci dal poco benefico sonnellino, se serve prendiamoci un caffè, ed entriamo in tema, che per vincere non bastano gli amorosi sensi ma una lucidità politica affilata come una lama.

Giuseppe Ucciero*

*laico agnostico



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