23 novembre 2010

FUOCO AMICO


Alle primarie ha vinto Pisapia. Il duello, che ha superato in suo favore il più roseo dei sondaggi, era tra lui e l’architetto Boeri, candidato ufficiale del Pd. Questo elemento, probabilmente, è stato il principale motivo della sua “debacle”, e materia su cui a lungo riflettere da parte del partito democratico e dei suoi giovani leaders, che non sanno intercettare le esigenze della loro base e accettano le direttive “dall’alto”. Non intendo rimettermi a considerare gli errori del PD milanese degli ultimi anni e valutarne al microscopio le cause e gli effetti: è stato già detto e ridetto più volte fino alla nausea.

Mi stupisco, e rimango perplessa piuttosto, nell’ascoltare le reazioni dei milanesi in merito all’elezione di Pisapia come aspirante sindaco di Milano. Molti commenti dei suoi sostenitori erano più concentrati nel gioire della mancata vittoria di Boeri, e a disquisire degli errori del Pd, piuttosto che a esultare per il suo successo. Questo aspetto la dice lunga sul carattere degli Italiani e sulla loro incapacità collettiva di mobilitarsi per una causa comune, come evidenziato ampiamente, in passato, da numerosi e illustri commentatori tra cui Montanelli. Mi viene in mente, a proposito, un aneddoto citato poco tempo fa, da Blair, durante un’intervista, in cui, parlando dell’Italia con alcuni capi di Stato, rispose al ministro pakistano, che si chiedeva come mai il nostro paese fosse privo di un nemico, che l’Italia ne aveva già troppi al suo interno, per doverne creare uno, al di fuori dei suoi confini. Il nostro paese per questo, e per altri motivi, (anche peggiori e che non voglio elencare) è guardato con sospetto e incredulità dagli altri che non hanno mai compreso soprattutto le alchimie della politica nostrana.

Non capisco, a questo proposito, perché molti suoi detrattori e anche alcuni commentatori vogliano ridurre l’elezione di Pisapia a una esclusiva vittoria della “sinistra” e del partito di Vendola, disperando ormai, per questo motivo, di vedere sconfitta la Moratti e il suo entourage. Pisapia, in campagna elettorale si è sempre smarcato da un abbraccio troppo soffocante dei partiti, e forse è stato eletto anche per questo. Si è presentato con molta umiltà e mitezza, senza fare sfoggio di apparati, senza farsi soffocare da parentele troppo vincolanti (quella di Vendola) ma dichiarando sempre di voler essere il sindaco di tutti. Milano ha bisogno di un buon amministratore, più che di un politico, un sindaco che sappia correggere gli errori della Moratti e con ciò dia un segnale di cambiamento avvertibile da TUTTI i cittadini, al di sopra delle parti e delle lobbies. Sarà un compito molto difficile, che richiederà l’aiuto anche e soprattutto di chi ha perso, di chi non ha partecipato, dei moderati, dei delusi. Mi auguro che la sua capacità di dialogare con tutti, maturata negli anni del suo impegno parlamentare, porti buoni frutti. Intanto i delusi non si strappino i capelli, ma cerchino di collaborare.

Mi stupiscono anche a Roma, quei politici che parlano di un terzo polo per cercare di influire sulle elezioni milanesi. Si parla di pressioni di Fini, Casini, e Rutelli, per la ri-candidatura di Albertini contro la Moratti. Ma Albertini non è “il nuovo” per Milano, i cittadini lo conoscono bene da molti anni e non ne sono affatto entusiasti. Anche altri, nel Pd, vogliono interferire sulle elezioni milanesi imponendo un candidato diverso da Pisapia: se Albertini non volesse ri-candidarsi, magari proporre una persona che piaccia all’elettorato cattolico moderato. La rincorsa al voto cattolico non è nuova tra le file del Pd, ma il suo elettorato non si riconosce più nelle logore categorie “destra-sinistra-centro”, e vuole una persona presente sul territorio indipendentemente dalle appartenenze. Una politica che si fonda su partiti tenuti insieme più dal carisma delle persone che da programmi di governo concreti, è portata a frammentarsi al suo interno in tante piccole correnti, tra loro antagoniste, che si evidenziano per la loro intrinseca fragilità, e decadono, non appena il loro leader viene oscurato. La gente non vuole più questa vecchia politica, rissosa, fragile e senza contenuti, ma essere capita nei bisogni concreti, nelle proprie esigenze, e a Milano vuole un sindaco che interpreti le sue reali necessità.

Laura Censi



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