23 novembre 2010

DOPO LE PRIMARIE: CALMA E GESSO


Gli esperti giocatori di biliardo raccomandano ai pivellini nei momenti più critici una sola cosa: calma e gesso. Di fronte ad una situazione complicata, difficile, che richiede la lucida valutazione dei fattori e delle condizioni di campo, non è utile procedere emotivamente, ma molto più l’astrarsi ed il ragionare il più freddo possibile. Certo la politica non è il biliardo, gioco sommamente di precisione e di nervi, quando invece quella mobilita le passioni, ma alla fine queste sono, e devono restare, la benzina che alimenta un disegno che è prima di tutto razionale valutazione delle forze in campo, della loro interazione, e infine delle mosse che possono concretamente farle muovere nella direzione desiderata. L’armeggiare del gesso attorno all’apice della stecca introduce e simboleggia così l’esigenza di un momento di sospensione, di distacco, indispensabile per procedere a un’analisi raziocinante, tanto più indispensabile tanto più il momento sia critico.

Questo pensavo, mentre partecipavo al primo incontro post primarie del Comitato di Stefano Boeri all’HUB di Paolo Sarpi. Tanta gente, certo, e tanta passione, come residuo adrenalinico sia della campagna che della bastonata presa. Tanta solidarietà, tante spiegazioni dell’accaduto inatteso, ma soprattutto tanta voglia di voltare pagina e…. dimenticare, passare avanti. Tanta, troppa, comprensibile ma inappropriata al momento. Si sono così accavallati diversi umori, diverse motivazioni, diverse proposte, tutte con una parte di verità e di giustificazione: pochi votanti, il PD ci ha tradito, poco tempo, la lobby avvocatizia, non ci hanno capito, fino a qualche mal di pancia di troppo verso l’unica cosa saggia che pubblicamente si deve dire ” da questo momento il leader è Pisapia”, a lui gli onori ma anche gli oneri della nuova fase.

E’ specifico merito di Stefano Boeri l’aver messo in chiaro fin nell’apertura questo snodo essenziale, ma la passione “particulare” è ancora troppa in circolo e rischia, assieme alla non completa comprensione dei fatti, di favorire strategie non adeguate al nuovo momento che ci accompagnerà per alcuni mesi fino alle elezioni comunali. Credo al contrario, e così pare anche Piervito Antoniazzi intervenendo all’incontro, che sia indispensabile riflettere attentamente sui perché e sui come, situandone gli esiti all’interno di un gioco che vede altri assumere la non agevole condizione di mazziere del gioco. Ora si gioca in contropiede e il contropiede richiede le mosse altrui come premessa essenziale del proprio gioco.

Ma torniamo ai perché e ai come. Si dice che Boeri ha perso perché il PD vi ha impresso troppo fortemente il suo odioso marchio. Personalmente ritengo che, nelle specifiche condizioni date, sia vero il contrario e cioè che il PD, una volta deciso l’appoggio, non abbia calcato la mano, condannando così il suo candidato e se stesso alla passività e al mancato riconoscimento delle sue ragioni: insomma tutto il danno dell’endorsement e nessun beneficio. Ne è derivata una incolore campagna elettorale da estensori di libri dei sogni, arte in cui eccelle certa sinistra al tempo stesso tecnocratica e onirica. Non è stato compreso, e, se sì, la paura di turbare le anime belle ne ha impedito l’affermazione ferma e ragionata, il fatto essenziale che una candidatura vincente in Milano, nella Milano di oggi, è una candidatura che va oltre il riflesso identitario, oltre l’orgogliosa ma alla fine vana riaffermazione di valori, pratiche e obiettivi, ben lontani dal sentire dei ceti che oggi popolano Milano, siano essi il terziario tradizionale o la neoborghesia dei servizi dell’immateriale: invece gli elettori hanno votato come alle vecchie elezioni su base proporzionale, quando si votava per dire cosa si era.

Il PD ha avuto paura di dire quello che andava detto politicamente, e per parte sua il candidato Boeri, per prudenza, inesperienza e ingenuità, non ha saputo o voluto rispondere alle malevolenze che lo denigravano restituendo i colpi ricevuti con almeno altrettanti e fondati. Su queste si è già detto su Arcipelago della settimana scorsa e non ritorno ancora. E questo peccato ha avuto effetti politici tanto più pesanti considerando il poco tempo a disposizione per fare conoscere ancor prima che la proposta, il Candidato Boeri. Qui, bisogna dire, vi è stata grande sottovalutazione. Giuliano Pisapia è conosciuto nella comunità della sinistra milanese da decenni. Boeri godeva di una “popolarità” assai più ristretta. A maggior ragione allora andavano segnati i confini tra le due proposte politiche e su questi condotta vera battaglia politica, compresa ad esempio una feroce contestazione dell’indebita invasione di campo da parte del leader nazionale di Sel.

Ma anche Stefano Boeri ha diciamo così “peccato”, e il suo peccato è consistito a mio parere nell’aver interpretato la competizione sulla base di stili professionali piuttosto che politici. E’ sembrato quasi che l’approccio seguito fosse assai simile al processo di elaborazione di risposte progettuali a un bando piuttosto che una “lotta” politica, Si sono dedicate enormi energie alla elaborazione di contenuti e di proposte di modifica della città, intendiamoci in se stesse assai importanti, ma che non hanno mosso nulla nel convincimento del popolo elettore. Si dirà di nuovo che non c’è stato tempo, ma questo si sapeva fin dall’inizio, e a maggior ragione avrebbe dovuto muovere la strategia di PD – Comitato Boeri verso l’individuazione di 2-3 questioni su cui fare battaglia politica, stanando Pisapia dal comodo ruolo di testimone della memoria storica della sinistra e portando in evidenza le debolezze e le contraddizioni tra le sue componenti e il “sentire democratico”. Troppa attenzione, nel contesto dato, al Programma e troppo poca alla Politica come Battaglia sul programma. Troppa melassa e troppi compiacimenti tecnocratici.

Per il futuro, alla fine, la questione si situa diversamente per Stefano Boeri e per il PD. Per il primo, si tratta di avere chiarezza su “cosa farà da grande”, se, del tutto legittimamente considera terminata la sua esperienza politica, ritornando nell’alveo della sua attività professionale, così come hanno fatto tanti prima di lui, o se intende tenere il punto. Su questo, un flebile consiglio: lasciar passare un po’ di tempo, che le cose decantino. L’Associazione per fare un Dono alla città, certo, formula ambigua quanto serve, ma la proposta di Lista Civica di tutto il centrosinistra suona un po’ intempestiva e fuori ruolo. Ora il mazzo è nelle mani di Pisapia, a lui il compito immane di conciliare anime e interessi, strategia e tattica, nella ricerca di un equilibrio alla cui definizione Boeri siede già fin d’ora, se lo vorrà, come Convitato di Pietra.

Per il PD, che, a differenza di Boeri, non può abbandonare il suo mestiere di soggetto politico, si deve aprire una riflessione collettiva assai impegnativa sui motivi che hanno portato tanta parte del suo popolo, dei suoi militanti e del suo stesso gruppo dirigente a disattendere l’indicazione di voto, non importa se verso Pisapia o Onida. C’è chi lo invita ad abbandonare la sua stessa identità di Partito, trasformandosi in una sorta di Circolo culturale che fornisce sedi e risorse organizzative alla società civile. C’è chi non sa staccarsi da una forma partito o ancor peggio dalla sua perversione in sistema correntizzato e chiuso verso il basso. Avrà voglia e capacità di valutazione e proposta Penati? Lo vedremo. Certo è che anche per lui, come per tutti, vale la raccomandazione: calma e gesso. Infine la raccomandazione sembra inutile per Pisapia, che è un vecchio giocatore di biliardo: non ha ancora detto una parola se non generiche formulazioni, d’obbligo in questi casi. Ma a lui tocca ora la prima mossa.

Giuseppe Ucciero

 



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