9 novembre 2010

IL “DISORDINO” DELL’ISTRUZIONE TECNICA E PROFESSIONALE


Il 22 settembre 2010 – ad anno scolastico ampiamente iniziato – sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale i decreti che avviano il riordino dell’Istruzione tecnica e professionale. Si tratta di un fatto di notevole importanza, che ovviamente non ha avuto sulla stampa e nell’informazione televisiva il risalto che hanno meritato contemporanei avvenimenti di cronaca nera o similpolitica: eppure negli istituti tecnici e professionali completano gli studi più della metà dei giovani italiani e proprio da questo genere di scuole dovrebbero uscire i tecnici specializzati, che oggi dovrebbero essere più che mai il fulcro della produzione industriale e artigianale del Paese.

L’operazione, almeno sulla carta, è molto complessa: si tenga presente che fino all’anno scorso gli istituti tecnici erano divisi in 10 settori e 39 indirizzi: col riordino si passa a 2 settori e 11 indirizzi; gli istituti professionali passano da 5 settori di istruzione professionale, con 27 indirizzi a 2 macrosettori con 6 indirizzi. In realtà la modifica è molto meno radicale di quanto sembri, perché per gli istituti tecnici e professionali è prevista la suddivisione dell’orario in due aree, una di istruzione generale e una di indirizzo, che nel biennio comprende circa un terzo delle ore a disposizione e nel triennio arriva al 55%: in questa parte dell’orario si riprodurranno, necessariamente, quasi tutte le suddivisioni che sono state formalmente soppresse.

La novità fondamentale, invece, consiste nella drastica riduzione di ore di lezione, da 36 settimanali a 32. Ancor peggio, questa operazione non riguarda solo le classi iniziali (come solitamente si procede quando si introducono nella scuola novità strutturali e come anche questa volta avviene nei licei), ma immediatamente anche tutte le classi dalla seconda in su: il tutto con la singolare pretesa che tali classi “continuino a funzionare, per l’anno scolastico 2010/2011, sulla base dei piani di studio previgenti” (Regolamento del 15 marzo 2010).

Contro tale impostazione si è pronunciato con forza il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, che il 26 agosto 2010 in un ampio e articolato parere afferma che: “Il CNPI ritiene che una prima fonte di illegittimità dei decreti vada individuata nella inconciliabilità esistente tra la previsione, contenuta nei regolamenti di riordino degli Istituti tecnici e professionali, di riduzione del monte ore delle lezioni nelle classi successive alle prime e il diritto degli alunni al compimento del patto formativo formalizzato all’atto della loro iscrizione ai diversi percorsi di studio. Inconciliabilità, questa, di significativa importanza perché rivelatrice non solo del generarsi di una sicura discontinuità educativa e formativa, ma soprattutto del vanificarsi di un progetto di studio e di vita. La riduzione dell’orario delle lezioni appare infatti destinata a incidere soprattutto su talune materie caratterizzanti i diversi indirizzi degli istituti professionali e tecnici, col rischio di rendere alquanto improbabile il conseguimento di quelle competenze professionali che hanno indirizzato gli studenti nella scelta di determinati percorsi formativi.”

Naturalmente, poiché le ragioni di questo incongruo taglio non sono mai state didattiche, ma solamente economiche, il ministero dell’istruzione non ha dato nessun seguito alle logiche osservazioni del CNPI, ma ha proseguito per la strada intrapresa: anzi, ha fatto appello al Consiglio di Stato contro una precedente sentenza del TAR del Lazio favorevole al mantenimento almeno temporaneo dell’orario precedente. Ma il 28 settembre (sempre più addentro all’anno scolastico…) il Consiglio di Stato ha respinto l’appello sentenziando che l’Amministrazione scolastica non può “esimersi dal rideterminarsi sulla definizione dell’orario complessivo annuale delle lezioni delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici e delle seconde e terze classi degli istituti professionali”.

Il risultato dell’azione ministeriale è semplicemente paradossale: quest’anno gli istituti tecnici e professionali o vengono modificati “in corsa” o più probabilmente vivranno una situazione irregolare e sostanzialmente illegittima, in cui vengono negati momenti di formazione agli studenti e posti di lavoro agli insegnanti; l’anno prossimo forse per alcune classi si tornerà alla vecchia normativa, in un caos che non promette nulla di buono.

 

Vincenzo Viola



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