2 novembre 2010

A SUD DI NESSUN NORD: LA LEGA E I FRONTALIERI “TERRONI”


Quando ero ragazzo a Sondrio, e già spuntavano misteriose sigle di leghisti retici, capitava di sentire nei bar affollati e fumosi del sabato pomeriggio cose del tipo “Sotto Colico sono tutti i terroni” o “La Valtellina ai Valtellinesi”. Non era raro che a pronunciarle fosse un frontaliere di allora, un povero frontaliere quindi, un cuoco, un muratore, un cameriere, un camionista, se non uno “spallone” che campava con il traffico delle sigarette e della cioccolata.

A questi valligiani, questi esclusi, il fegato cirrotico e gli occhi pesti per il poco riposo, pareva che già la piccola ridente cittadina all’apice settentrionale del Lago di Como fosse la porta dell’Inferno, una Gomorra, un’anticamera verso luoghi dove la mitica durezza – purezza del popolo retico si perdeva, come sopraffatta dal molle e debole sangue del meridionale lombardo. Allora, trenta anni fa, a queste battute si sorrideva di compatimento, e del resto, quando poi si andava al voto, il bigoncio della balena bianca era sempre ben riempito. Non sfuggiva però l’oscura sensazione che queste grida fossero anche il frutto deviato dello specifico disagio dei lavoratori di frontiera, specifico perché vessati da chi aveva la fortuna di vivere più a Nord di loro: una vecchia regola chiede che lo “sfortunato”, prima di trovare il coraggio di difendere i propri diritti, cerchi qualcuno più sfortunato per rivalersi su di lui delle angherie, mille, piccole e grandi, che subisce. Il Capro Espiatorio c’è sempre, quando il trovarlo è necessaria compensazione nevrotica delle proprie frustrazioni, individuali o collettive.

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, e gli eredi di quelle esternazioni, transumanti tra le osterie di paese e l’Engadina, sono diventati padroni di tanta parte di Lombardia, forti al punto da avere in pugno anche larghe porzioni del potere della Repubblica. Anche se spesso la loro prassi è meno sgangherata delle loro primitive teorizzazioni, tuttavia l’idea forza rimane quella d’antan: al Nord la virtù, al Sud il vizio, al Nord la produzione della ricchezza, al Sud il parassitismo. Così Nord e Sud, questi luoghi archetipici del nostro immaginario geografico, si sono via via riempiti di significato etico politico, divenendo essi stessi Loghi – Luoghi della Nuova Politica.

I nostri inventori del Nord virtuoso hanno però dimenticato un piccolo dettaglio, anzi l’hanno nevroticamente rimosso come facevano i frontalieri di trent’anni fa: c’è sempre qualcuno più a Nord di te. C’è sempre qualcuno più ricco di te, più forte di te, più bianco di te, più padrone di te. E così eccoli ora come afasici, impietriti, di fronte al ticinese Pierre che lancia contro i frontalieri italiani la campagna xenofoba denominata “Bala i rat”.

E’ la localizzazione delle ben note parole d’ordine leghiste: “gli stranieri ci tolgono ricchezza e lavoro”, “l’immigrato sporca”, “L’italiano è un mafioso” e su questa campagna il Rusconi ci ha fatto il “bel” sito www.balairatt.ch e una sfarzosa campagna di manifesti contro i 3 rat (topi) immigrati: il piastrellista italiano Fabrizio, il ladro rumeno Bogdan e l’avvocato – scudato italiano Giulio, tutti pervicacemente attaccati alla smunta mammella svizzera (per i ticinesi xenofobi, Padania batte Romania 2 a 1 nella classifica dei terroni!)

E la Lega che dice? Come difende la superiorità culturale della nostra gente, il valore intrinseco del Nord Lombardo di fronte a chi è più a Nord di loro? Come traduce in atto la sua missione storica di sindacato di territorio? Ci saremmo attesi un gonfiarsi di petti, un moto di popolo, un canto corale del Và Pensiero, una mobilitazione almeno parziale dei milioni di baionette padane in servizio permanente effettivo. Invece niente: ahimè, la Lega come spesso accade è forte con i Deboli, ma debole con i Forti.

E soprattutto la Lega è vittima del proprio argomento principe e deve ammettere, non dichiarandolo, che alla fine sì è vero, i ticinesi sono più a nord di Verbania, terra del piastrellista Fabrizio, e quindi …..hanno ragione loro. La Lega è come pietrificata di fronte all’evidente presenza di tanti emigranti “terroni” tra i suoi figli e non sa trovare, ancora prima che le parole, la vis. Tace la Lega, o parla la lingua del debole, del genitore che, pur protestando flebilmente, si vergogna in cuor proprio del figlio sfortunato: ci sono dunque i terroni anche tra noi, o peggio ancora anche noi siamo terroni per qualcun altro!!!

Così la Lega dei Ticinesi, cugina stretta dei verdi padani, se “non può esimersi dal manifestare la propria perplessità sull’inutile vocio scatenato dalla campagna”, dall’altro giudica “in gran parte condivisibile, nella misura in cui solleva dei problemi reali quali lo scudo Tremonti, la criminalità straniera, nonché quelli legati al frontalierato e alla deleteria libera circolazione delle persone”. Così in Regione Lombardia si arriva a dire, al massimo grado della tensione dialettica tra il principio etico primigenio del nord e la difesa dei suoi concittadini, che “possiamo comprendere i timori per un’immigrazione selvaggia, ma i nostri frontalieri non sono immigrati clandestini”.

Solo negli ultimi giorni, sarà forse per i 45.000 voti dei trasnfrontalieri prealpini, si è trovato il coraggio per prese di posizione più decise, ma sempre espresse debolmente, con frasi non convinte, di convenienza, dette quasi di contraggenio, accompagnate da imponenti riserve mentali e psicologiche. Dov’è finito il feroce e sgrammaticato grammelot leghista, dove lo sberleffo e l’insulto, dove quella arroganza da padroncini che, tutti assieme, sono allo stesso tempo stile e sostanza del marchio leghista?

“A Sud di nessun Nord” era il titolo di una bella raccolta di racconti di Charles Bukowski, il grande narratore etilico americano. Non so se alludesse, ma non credo proprio, ad alcuna geografia politico culturale (non era il suo dominio), ma l’immagine sintetizza il bisogno attuale, direi la necessità, di eliminare dal nostro immaginario mentale la bandiera del Nord, di questo Nord, ritrovando così in un Sud, per così dire “de-sudificato” e senza più limiti, una dimensione umana in cui non contano la geografia ma il merito, non il sangue ma la cultura, non il colore della pelle ma il diritto, non il diritto della ricchezza, ma il diritto alla ricchezza, non la proprietà ma il lavoro, non la divisione delle superiorità etniche immaginarie, ma la condivisione di un mondo di cui è ormai tempo che si riconosca che non v’è alcuna cosa, materiale o immateriale, che non sia il prodotto di una impresa collettiva, sociale, che passa le frontiere in tutte le direzioni. Impresa planetaria che si innerva del contributo dei mille e mille fili che formano invisibilmente il presupposto materiale della grande innovazione del nostro tempo: la Cittadinanza Globale.

Non dobbiamo porre limiti alla Provvidenza e non dobbiamo credere che non vi sia mai spazio per una riflessione critica, per un anche parziale ravvedimento, per una riformulazione più equilibrata di alcune istanze. Impari allora la Lega dalla vicenda “Bala i rat”, riconsideri, di fronte alla domanda di equa tutela che le viene dai suoi più “sfortunati figli”, la correttezza e l’efficacia di posizioni di chiusura che pretendono di difendere, rinserrandosi sui propri territori, prosperità e sicurezza. Chi si chiude al mondo pensa di lasciare fuori gli altri, ma in realtà chiude se stesso in prigione, ed è a tutti gli effetti il proprio carceriere.

 

Giuseppe Uccero

 



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