26 ottobre 2010

QUANDO SI MUORE PER UN PUGNO


Quando leggo o sento dire di violenza, e cioè di delitti atroci, tanto più atroci quanto più poveri di un senso comprensibile, mi chiedo sempre se sia peggio oggi di ieri, dell’altro ieri o di un secolo fa o di due secoli fa, se il filo del male qualche volta si interrompa o no.
Ricordo il figlio che uccide il padre e la madre per denaro, la figlia che uccide la madre e il fratello per ansia di libertà, i rapinatori che uccidono, massacrandoli, i custodi di una villa senza rubare un centesimo, la mamma che uccide il figlioletto perché piange, lo zio che uccide (forse) la nipote, il nipote che uccide gli zii e li fa a pezzi e disperde i pezzi in un bosco… Non so quanti di questi delitti, molti “in famiglia”, il passato di un secolo fa o di due secoli fa potrebbe nascondere. Mi viene sempre in mente, quasi a discolpa dei tempi contemporanei, un bellissimo libro di Michel Foucault, di cui cito il titolo e il sottotitolo e basta, perché sono già un racconto: “Io, Pierre Rivière, avendo sgozzato mia madre, mia sorella e mio fratello… Un caso di parricidio nel XIX secolo”. Siamo nel giugno 1835…
E’ evidente che non vale “allora come adesso”. Credendo al progresso ed anche alla diffusione della cultura, nelle mutate condizioni di vita, dovremmo poter decidere che oggi va molto meglio di una volta, perché qualcosa, strada facendo, s’impara.
Non so quantitativamente come vadano in realtà le cose, mi pare invece che i nostri giorni ci stiano riservando qualcosa di assolutamente inedito: il pugno che uccide l’infermiera rumena, i pugni che uccidono il tassista, i pugni che mandano in coma il venditore di piadine. In tre grandi città: Roma, Milano, Bologna. Non so se la storia del passato potrebbe restituirci episodi del genere. Risse ammazzamenti rapine, omicidi, uxoricidi, matricidi, sì. Non parliamo poi di fratricidi o di madri che ammazzano i figlioletti…
Ma quei casi, di Roma Milano Bologna, sembrano rivelare una specificità nostra e qualcosa di assolutamente casuale, senza ragione, senza qualsiasi pur perversa motivazione (che potrebbe ricondurci al razzismo, all’odio ideologico, all’esasperato maschilismo), per futili motivi, sempre più futili motivi, qualcosa che per questo è tanto più terribile, nel senso che incute terrore. La paura di venire aggrediti a scopo di rapina da un malvivente con il viso occultato da un passamontagna in una strada oscura esiste ma in un certo senso ti mette al riparo: eviterai le strade oscure. Ma un pugno assassino in metropolitana? Ora sai che è possibile, se può bastare un accidente qualsiasi a provocarlo, se non ci sono un passamontagna e una minaccia a rivelare il tuo nemico, ma il tuo nemico ha facce comuni, normali.
Il pugno è dietro l’angolo, ultima espressione di una violenza materiale e prima immateriale, che si diffonde. Perché si diffonde? Che cosa possiedono di particolare i nostri tempi per fregiarsi di tanta violenza? La volgarità, l’ignoranza, la stupidità, i falsi miti, l’egoismo, il consumismo totalizzante, la crisi delle fedi, la crisi della politica? Probabilmente, sì. Ma se diamo per certo che oggi è peggio di ieri e dell’altro ieri, credo che il peggio d’oggi nasca intanto dal declino dei padri e dalla scomparsa dei maestri. I padri sono ombre, non sono che raramente modelli e sono talvolta modelli negativi in un perpetuarsi di ignoranza, inciviltà, volgarità. La scuola, e in particolare la scuola elementare, è un disastro, la fabbrica è chiusa: in un caso e nell’altro, per i piccoli scolari come per i giovani apprendisti, vengono meno riferimenti: chi insegna a leggere, chi insegna un lavoro, chi guida verso una comunità nella quale diritti e doveri si incontrano… L’educazione, dalla famiglia, dalla scuola, dalla fabbrica, finisce delegata alla televisione e che cosa insegna questa televisione se non disvalori (riconoscendo che la televisione potrebbe tornare “pedagogica”, come in parte fu alle sue origini).
Generalizzare sarebbe un errore. Della vicenda milanese, nella storia del tassista aggredito, mi hanno colpito la presenza della ragazza in prima fila nel gruppo dei picchiatori e la determinazione di tutti. Credo che sarebbe utile se qualcuno esaminasse il caso con la curiosità dell’entomologo: il quartiere, le case, le strade, le scuole, i vestiti, le abitudini, i mestieri…, gli amici, i bar, i cinema, i genitori, per ricostruire nel dettaglio le biografie. Una spiegazione meno incerta per quei pugni ci sarà: probabilmente una per ciascuno, anche se probabilmente molte si assomiglieranno.

Oreste Pivetta



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti