19 ottobre 2010

NIENTE ZAPPING E LASCIAR LAVORARE IL CERVELLO


 

Questo numero di Arcipelagomilano non contiene alcun articolo di politica e tantomeno qualcosa che abbia a che fare con le primarie di coalizione milanesi. Anticipiamo, e non a caso, una delle regole elettorali ‘, quella che impone di cessare l’attività di propaganda un giorno prima della chiamata alle urne per dar tempo alla gente di riflettere senza essere bombardata dagli ultimi affannosi strilli propagandistici.

Noi proponiamo anche una sosta durante il percorso, troppo lungo per essere fatto d’un fiato, una sosta per gli elettori ma anche per i candidati. Il clima affannato non giova a nessuno soprattutto perché in quest’affanno molte cose si sovrappongono e si vorrebbe poter partecipare ai vari incontri non come formiche impazzite: non è, o almeno non dovrebbe essere un clima da Salone del mobile o da Fuori salone, dove la gente corre da una vernice all’altra o da una coppa di spumantino a una tartina.

Riprenderemo con il numero successivo a parlare di politica e di primarie e questo sempre con il nostro stile: offrire spazio a chi ha qualcosa di interessante da dire o esprime opinioni che abbiano un qualche contenuto di interesse o che portino acqua al mulino del dibattito.

Una pausa dunque per riflettere sulle vicende milanesi e cercare di consolidare la propria opinione o farsene una senza soggiacere alla pressione mediatica che ci opprime col suo frastuono ma, ormai lo abbiamo capito, anche con i suoi silenzi.

L’enfasi data a una notizia e il silenzio su un’analoga solo perché i soggetti coinvolti godono di protezioni diverse è il classico modo di fingere un’informazione generale ma nella sostanza è la quintessenza della faziosità ma regna sovrana in certa stampa.

Vorremmo che la nostra scelta suonasse come un invito a tutti, per una settimana, a buttare il tastino, quello dello zapping della politica ed ha cercare nel proprio vissuto diretto o in quello che persone attendibili a noi vicine ci hanno raccontato o che abbiamo visto con i nostri occhi, gli elementi che formeranno il nostro giudizio. Potrebbe essere l’avvio di un metodo nuovo per avere delle opinioni e non lasciarci travolgere dall’ingorgo delle notizie del quale l’esempio più banale è Internet.

Questa settimana ci occupiamo di un argomento che ha animato il dibattito cittadino: il monumento di Cautela, il cosiddetto “dito”. Certo l’ambiguità regna sovrana perché l’equivoco nasce da un gesto che fa parte da non molto tempo anche della nostra mimica e lo abbiamo importato dagli Stati uniti. Noi c’eravamo abituati al cosiddetto “gesto dell’ombrello” o alla più banali “corna” rinverdite dal nostro presidente del Consiglio ma certi atteggiamenti per merito della televisione si diffondono molto in fretta: comincio a vedere parecchi ragazzi che si “danno cinque”, l’allegro far combaciare due mani a palmo aperto; made in USA.

Il monumento di Cattelan, equivoco a parte, ricorda il realismo fascista – un regime che tra tante nefandezze ci ha lasciato anche alcuni capolavori di architettura e di arti visive – spero che resti dove è, continuando a occupare, purtroppo insieme con un nauseante tappeto di automobili, una delle poche piazze ancora non contagiate dal gusto dell’effimero o da una rutilante pubblicità.

A dire il vero anche questa è politica, in un Paese che delle sue bellezze fa strame, ma se non altro questa volta ci occupiamo di “cose”, del loro aspetto, del rapporto cha hanno con noi, dello spazio che ci invitano a condividere, mentre altri si fanno in quattro per “escludere”.

Alla prossima.

LBG



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