19 ottobre 2010

LETTERA per UN PIANISTA


La mia penultima nota “Concerti e Maratone”, pubblicata il 6 ottobre nel n. 35 del nostro Giornale (vedi “arretrati”), ha urtato la suscettibilità di Emilio Aversano, il pianista “maratoneta” protagonista del concerto del 1° ottobre al Dal Verme durante il quale ha eseguito – uno dopo l’altro – cinque concerti per pianoforte e orchestra (Mozart K.488, Tchaikowsky n. 1, Schumann op. 54, Listz n. 2, Rachmaninov n. 2); mi ha indirizzato la lunga lettera che potete leggere in questo stesso numero tra gli “Approfondimenti”.

Non prima di averlo ringraziato di cuore per l’attenzione che ha dedicato al mio più che modesto intervento, e sopratutto per la grandissima civiltà con cui mi scrive, approfitto di questa doverosa risposta per affrontare un tema che mi è estremamente caro, quello della figura dell’ascoltatore.

Mi ero già dilungato su questo argomento nella nota del 27 luglio, che mi piacerebbe fosse letta dal maestro Aversano (la trova sul numero 28 di Arcipelago), in cui delineavo la figura dell’ascoltatore “professionista” – informato, attento – assai diversa da quella del critico (il quale invece ascolta proprio per chi non sa ascoltare in modo adeguato). 

Sento fare spesso un ragionamento: l’amante di musica classica che ha la fortuna di vivere a Milano o a Roma, che ascolta – dal vivo, s’intende – due concerti alla settimana (compresa magari qualche opera lirica) che con i festival estivi finisce per ascoltare anche cento concerti all’anno, in cinquant’anni ha ascoltato cinquemila concerti, vale a dire migliaia e migliaia di solisti, direttori, orchestre, ensemble, ed anche compositori, generi, scuole di ogni tipo. L’ascoltatore assiduo, informato e attento, conosce dunque molta più musica del musicista professionista, anche perché la sua attenzione è totalmente dedicata a conoscerne sempre di nuova e sopratutto impegnata a mettere a confronto le più disparate esecuzioni e interpretazioni.

Ne conosciamo molti, di questi amanti della musica, ed escludo che qualsiasi musicista professionista abbia la possibilità di ascoltare – dico sempre dal vivo, perché la musica registrata è tutt’altra cosa – altrettanta musica: prima di tutto perché spesso la sera, quando suonano gli altri, deve suonare lui, e poi perché anche quando ne avesse il tempo e l’occasione sappiamo bene che non sempre ha voglia di andare ad ascoltare i colleghi.

Il musicofilo di cui stiamo parlando non va sottovalutato, e il musicista che viene da lui criticato non deve dunque adontarsi ma al contrario ringraziarlo perché gli fa conoscere punti di vista diversi dai suoi, che vanno ad arricchire la sua conoscenza, quantomeno del pubblico per cui suona. Il quale, sia detto per inciso, non ha molti modi per esprimere pubblicamente opinioni e giudizi, perché solo in casi particolari (in caso di grande entusiasmo o di palese freddezza) l’applauso è un rito capace di esprimere significati reali: quante volte battiamo le mani meccanicamente, o per mera cortesia, mentre diciamo al nostro vicino peste e corna dell’esecuzione che stiamo applaudendo?

Gli ascoltatori che invece applaudono fra un tempo e l’altro di un concerto non sono certamente quelli assidui, informati, attenti; nella migliore delle ipotesi sono molto naïf e dunque i loro applausi, dal punto di vista del giudizio, sono del tutto insignificanti (in realtà sono solo uno spiacevolissimo disturbo).

Ma poi, caro maestro, ha mai sentito parlare un pittore dei suoi quadri o un architetto della sua opera? Peggio, ha mai sentito un attore “spiegare” la propria recitazione? Rasentano quasi sempre il ridicolo! Gli artisti, per necessità intrinseca all’arte, non possono essere dotati di vero spirito autocritico; la capacità di autocriticarsi è rigorosamente contenuta all’interno del loro mondo poetico, non riescono a vedersi realmente dal di fuori; la critica devono lasciarla fare agli altri e ascoltarne quel poco – o tanto – che può loro servire senza farsene condizionare.

Con queste note settimanali non credo di mancare di rispetto ai musicisti (se così fosse non potrei che scusarmene), racconto solo la mia esperienza di ascoltatore; ma credo che questa “professione” di ascoltatore meriti rispetto anch’essa, che non si possa limitarla alla scelta di applaudire o non applaudire, o relegare al muto dissenso. Credo invece che scambiarsi opinioni e giudizi serva molto alla musica, a creare un pubblico più sensibile e consapevole, a fare di un teatro o di una sala da concerti un luogo ricco di emozioni e di contrasti, di incontri e di scontri, esattamente come accadeva quasi ogni domenica a Vienna in casa Schubert o a Lipsia in casa Mendelssohn.

Dunque grazie, caro Aversano, per le critiche che mi ha rivolto delle quali, le assicuro, farò gran tesoro. Con molti auguri per le sue maratone.

Paolo Viola



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti