12 ottobre 2010

MORATTI E BERTOLASO: IL GATTO E LA VOLPE


 

 

 

Ormai non resta che armarsi di fatalismo e, secondo le fedi di ciascuno, raccomandarsi al proprio Dio. L’ultima esondazione del Seveso, come tutte le disgrazie del nostro Paese ha scoperchiato la pentola delle inefficienze e dell’assoluta impreparazione della classe politica che ci governa. Son più di cinquant’anni che il Seveso inonda Milano, possiamo dire quasi dalla fine della seconda guerra mondiale e ci voleva poco a capire che la situazione sarebbe peggiorata di anno in anno, mano a mano che l’urbanizzazione delle campagne rendeva sempre più impermeabili i terreni del contado, tra costruzioni, asfaltature e abbandono della campagna.

Ogni anno peggio e pure ci si è messo il clima, ma anche questo lo si era capito guardando le statistiche sulla meteorologia, che le precipitazioni stavano diventando meno frequenti ma di intensità ben maggiore. Ne avevo discusso ormai quattro anni orsono col direttore dell’Osservatorio di Milano. Ma questa volta si è davvero superata ogni peggior previsione con l’inondazione delle linee della Metropolitana. Due fatti si sono sommati, la trascuratezza di sempre rispetto al problema in sé e l’imperizia, per essere gentili, dell’impresa cui sono affidati i lavori della nuova linea lungo Viale Zara.

Qualunque direttore di cantiere, conoscendo la città e il fenomeno delle esondazioni del Seveso e avendo un cantiere a rischio come quello di Viale Zara, avrebbe approntato difese per evitare che lo scavo a cielo aperto diventasse l’imbuto nel quale si sarebbe infilata l’acqua esondata: il fatto che alcune scale di accesso alla MM in quella zona abbiano un gradino che le solleva dal marciapiede avrebbe dovuto mettere comunque in allarme anche i più sprovveduti. Invece non è andata così e l’acqua ha invaso le gallerie della MM, pare anche attraverso un passaggio che non avrebbe dovuto esserci. Che morale possiamo trarre dalla vicenda? Più d’una. Tanto per cominciare dovremmo ripristinare una figura abolita anni orsono perché ritenuta ingombrante e, se competente, non “manovrabile”: si chiamava “ingeniere capo”.

Era il tecnico che soprassedeva al funzionamento della città. Altrove lo chiamano “city manager” e ha competenze sia tecniche che organizzative ma noi invece a quel nome facciamo corrispondere un personaggio dai connotati prevalentemente amministrativi: Paese di burocrati. Tanto per proseguire diciamo che questo è uno dei problemi che richiede un minimo di concertazione con i Comuni contermini e a questa prassi alla nostra amministrazione fa ribrezzo in particolare visto che l’opera necessaria, uno scolmatore che passa sotto Milano, nella migliore delle ipotesi un amministratore riesce solo a posare la prima pietra e deve lasciare ai successori l’inaugurazione: e questa ipotesi lontana non interessa ai nostri tagliatori di nastri.

Per finire, un’osservazione economica: la MM non ha ancora chiuso il conto dei danni che pare superino i 40 milioni di euro, più di metà del costo originario dello scolmatore, e aggiungiamo un’osservazione di costume: il governo ha dato vita e fortemente potenziato questo curioso oggetto che si chiama Dipartimento della Protezione Civile, una struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Io ne ridurrei il mandato all’essenziale: il primo soccorso in caso di calamità. Vedrei invece con grande favore l’istituzione di un Dipartimento della Prevenzione Civile, qualcuno che provveda a tenere in ordine il Paese e che “prevenga”, per quel che è umanamente possibile, grandi e piccole catastrofi naturali. Il sindaco Moratti, col solito ritardo, si è addolorata per l’accaduto ed ha promesso tutto il suo impegno risolvere il problema: lei è la solving lady, e lo sappiamo (traffico, ecopass, darsena, casa ecc. ecc.). Vorrei ricordarle che non ci sono solo i danni della MM ma le centinaia di cantine e box ormai inutilizzabili e quindi con perdita di valore, e le suppellettili e le merci che vanno a ramengo. Una sola cosa non vorremmo, anche se non abbiamo scioccamente sepolto come Pinocchio gli zecchini ma paghiamo le tasse: non vogliamo il gatto e la volpe, Letizia Moratti e Guido Bertolaso. Oltre al Seveso le beffe.

 

LBG



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