5 ottobre 2010

PARCHEGGI INTERRATI: SI MA COME


 

In città di notte stazionano oltre 300.000 mila auto che in termini di parcheggio vorrebbero dire 7.500.000 metri quadri pari a 1.000 stadi di San Siro. Il paesaggio urbano è fatto solo di auto, che impediscono di godere della città e falsano la dimensione delle strade, per non parlare del giorno quando più o meno raddoppiano L’unico rimedio nella città consolidata sono i parcheggi interrati. Sotto strade e piazze, perché nei cortili privati è difficilissimo realizzarli per motivi a volte fisici a volte condominiali e non c’è legge che li imponga.

Ogni nuovo parcheggio interrato è però oggetto di polemiche per i soliti motivi: si tagliano gli alberi e il cantiere disturba. Motivazioni di poca prospettiva perché il problema non è l’oggi ma il risultato finale. E se cento parcheggi interrati vogliono dire quaranta mila auto in meno in strada ben vengano. E questo è l’aspetto positivo, quello in sottosuolo. Il problema diverso sono i tempi e i costi di realizzazione: i casi di via Ampère o Piazza XXV aprile, e non solo, sono esempi scandalosi. Quali penali sono previste per risarcire gli abitanti e i commercianti? Quali penali sono previste per risarcire dal disagio la città? Si può tollerare la chiusura del Teatro Smeraldo? Credo che su questo aspetto il Comune sia stato molto debole: le opere sono tutte in diritto di superficie: se non si rispettano i tempi, andrebbero confiscate e riassegnate. Procrastinare i tempi senza penali può giocare a favore dell’operatore per rivedere i prezzi.

Un altro problema è il soprassuolo: un’enorme potenzialità per il ridisegno della città e la microqualità urbana che andrebbe accoppiata a una più complessiva “civilizzazione” dell’area intorno al parcheggio, proibendo la sosta e arredando gli spazi liberati con alberi, ciclabili, marciapiedi larghi: cento parcheggi vogliono dire cento piazze o giardini. Quello in Piazza Tommaseo tra i primi, è magnifico, parcheggio invisibile, con l’area pedonalizzata e il cedro salvato da un’enorme vasca interrata. Quello in viale Majno ha permesso di pedonalizzare piazza Duse. In piazza Dateo si è ricostruito un giardino in superficie, in via Romano si è sistemato uno spazio abbandonato, quello in via Camerino-Osculati è complementare alla trasformazione di Viale Affori a senso unico, con marciapiedi larghi, alberati e ciclabile, e poi quelli in piazza Gramsci, via Mascagni, viale Sabotino, via B. Marcello, tutti con esiti positivi in termini urbani. Come tutti quelli costruiti nelle aree residenziali del Gallaratese.

Invece Piazza Borromeo è una vergogna perché la copertura sopraelevata ha tagliato la vista di Santa Maria Podone e l’uscita del parcheggio di piazza Meda è una fastidiosa intrusione proprio sull’asse di via San Paolo: c’è da chiedersi se chi l’ha approvato ha visto il progetto. La realizzazione di Piazza Piemonte sarà un disastro anche demolendo una parte della nuova uscita ma è stata fatta mettere lì per simmetria con il manufatto dell’acquedotto, che però è alto la metà, perché il progetto la prevedeva altrove.

Sarebbe bello conoscere il parere dei residenti anche dopo l’intervento: come quelli di largo Quinto Alpini che si sono prima opposti con forza e ora si trovano una soluzione molto ben riuscita, ma nessuno più si esprime. Che senso ha un’opposizione che si ferma al primo impatto? Il problema quindi non sono gli alberi tagliati (magari pochi) ma il risultato.

Mettendo quindi per primo l’obbiettivo di togliere le auto dalle strade con un adeguato risultato in superficie e pretendendo un estremo rigore sull’attuazione, sono (forse impopolarmente) favorevole a ogni nuovo parcheggio e naturalmente anche a quelli in piazza Sant’Ambrogio o sotto la Darsena, ma ci vuole ben poco, perché la situazione attuale senza parcheggio interrato e con le auto in strada in uno spazio non progettato non è accettabile. Quale altra occasione simile?

 

Paolo Favole



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