28 settembre 2010

PRIMARIE UN ENDORSEMENT PER BOERI


 

Endorsement è una sofisticata espressione del lessico politico anglosassone con cui si definisce l’appoggio esplicito che un organo o un operatore dell’informazione esprime a favore di un candidato politico impegnato nella lizza elettorale. Si parva licet, come modesto cofondatore di Arcipelago Milano, e come collaboratore in servizio permanente effettivo, mi sento quindi a mia volta chiamato a un pubblico endorsement, nel momento in cui esamino le primarie milanesi e quindi, come atto dovuto, esplicito la mia preferenza verso uno dei candidati: Stefano Boeri. Qualcuno potrà non condividere la crescente personalizzazione che anche a sinistra sta connotando il clima politico, ma tant’è questa è la situazione data e ragionarci attorno porterebbe troppo lontano rispetto al tema specifico, che è appunto la rappresentazione delle ragioni che porteranno ciascuno di noi a scegliere una persona, sia pure come rappresentazione antropomorfa di una speranza o un ragionamento politico.

Se si parla di persone, e di nuovo può piacere o non piacere, si parla allora prima di tutto di biografie e della corrispondenza di queste a un obiettivo di rappresentazione e di mobilitazione.

Nell’esaminare la validità della biografia di Stefano Boeri e nel valutarla comparativamente con quelle di Onida o di Pisapia, non si dovrebbe quindi dimenticare che qui la questione è politica e non di testimonianza: non si tratta di scegliere il migliore ma il più efficace rispetto all’obiettivo di vincere la battaglia del Sindaco. Non un santo del centrosinistra, ma un motore politico di processi innovativi capace di parlare alla città.

Dunque biografie in campo, come sintesi di una proposta d’identità, di potenziale cambiamento, di personale capacità di rappresentazione e mobilitazione. Se allora guardiamo a Stefano Boeri, ci si deve chiedere se il suo percorso personale e professionale lo faccia preferire, per i valori che esprime, a quello degli altri candidati come migliore risorsa per impersonare un cambiamento importante, radicato nel vivo della società civile, attrezzato per capire le sfide della trasformazione metropolitana.

Intanto, rispetto agli altri due candidati, che pure sono persone in sé eccellenti, Stefano Boeri ha marcato la sua candidatura con un prezzo, il passo indietro professionale, pesante e questo va apprezzato come specifica cifra dell’integrità personale. Stefano Boeri, che certo non è partito dal nulla, ha condotto a elevatissimi livelli il suo studio professionale, imponendolo come uno dei più qualificati nella città e nel mondo. Entrare in politica equivale quindi a compromettere comunque, sia in caso di successo che d’insuccesso, committenze e accreditamenti cui i suoi concorrenti guardano fin d’ora con malcelata avidità. Giuliano Pisapia e tantomeno Valerio Onida non hanno dovuto pagare questo prezzo: certo non gliene si può fare una colpa ma neppure un merito.

E, per Stefano Boeri, il senso più profondo della sua candidatura trova la motivazione in un percorso personale che s’intreccia con quello di tutta una generazione di milanesi, autoctoni e acquisiti, un percorso che va riconosciuto nei suoi tratti generali.

E’ la generazione di chi aveva attorno alle 20 primavere negli anni ’70, che si è scottata al fuoco della feroce lotta politico sociale di quegli anni, che portandosi allora in politica lo faceva da una posizione di dura critica al grigio burocratismo dell’allora PCI.

Come le cose siano andate è ben noto, e Stefano Boeri ha intrapreso una “carriera”, nata sotto fausti presagi certamente, nel campo dei servizi, un percorso professionale comune nella sua logica culturale di fondo a tantissimi. In realtà, però, come ha detto bene qualcuno alla prima riunione del Comitato Elettorale, Stefano Boeri non ha mai smesso di fare politica, per il semplice fatto che non ha mai smesso di ricercare, nello specifico contesto tecnico professionale, le soluzioni ai bisogni sociali diffusi nei contesti urbani. L’urbanista è del resto il tecnico professionista che più si avvicina, per la natura delle analisi che deve compiere e per la qualità delle soluzioni che deve individuare, alla figura del politico professionale. E’ anch’egli attore della mediazione tra una molteplicità di bisogni che deve prima di tutto portare allo scoperto, sapere leggere e infine saper intelligentemente mediare con altri, e ben più corposi. Stefano Boeri, nella sua veste di urbanista, ha trasposto il lascito dei suoi anni di giovane politico, operando nel suo campo, come altri hanno innervato di nuove sensibilità e nuove competenze gli ambiti disciplinari dell’innovazione tecnologica, della comunicazione, del capitale umano, dell’imprenditorialità sociale, dei nuovi media, della ricerca, della scuola e della cultura.

La sua biografia personale e professionale esemplifica, certo a livelli di eccellenza, il processo socio culturale attraverso cui il lascito di quella stagione di cambiamento ha effettivamente modificato gli schemi di riferimento della nostra società, operando in tutti i contesti un cambiamento da cui non si è tornati indietro. Oggi quei giovani, quei politici in erba un po’ esagitati, sono nerbo della borghesia delle professioni in Milano e costituiscono obiettivamente il cuore della nuova borghesia democratica, di un’èlite che di nuovo si ripresenta sulla scena per avanzare la sua candidatura al governo cittadino. Certo questa nuova candidatura nasce dal superamento di quella forsennatamente ideologica di allora, ma al tempo stesso, ne riprende alcuni valori fondanti, sia pure declinati con la saggezza che porta la conoscenza della vita e con le strumentazioni tecnico professionali nel frattempo acquisite: bene comune, espressione dei propri bisogni, democrazia nelle relazioni sociali, di genere e lavorative, ma anche valore del merito, autoimprenditorialità, professionalità, cooperazione nella rete, rispetto della persona e delle regole democratiche.

E’ la nuova borghesia democratica dei servizi di cui Stefano Boeri è espressione e speriamo leader nella composizione di un nuovo blocco sociale capace di rappresentare una valida alternativa a quello della rendita, immobiliare e finanziaria. Qui vi è lo spazio specifico del valore intrinseco e distintivo di Boeri rispetto a Pisapia e Onida, nessuno dei quali è in grado, a mio avviso, sia di rappresentare altrettanto organicamente, per età, sensibilità, valori, attrezzatura tecnico professionale, le molteplici componenti dei ceti urbani impegnati nella gestione dei processi di cambiamento, operando nel campo dei servizi e dell’immateriale, che di parlare efficacemente a questi ceti.

L’economia dello spazio non consente di andare troppo oltre nell’analisi e nell’articolazione dei ragionamenti. Solo un’annotazione per raccomandare al nuovo candidato di non farsi schiacciare dall’incombente presenza dell’apparato del PD, ricercando un’intelligente mediazione tra acquisizione di un sostegno comunque prezioso e preservazione di un’autonomia che, per essere autentica, non potrà non essere anche organizzativa.

Infine, buon viaggio, tenendo ben presente che ogni tappa è una battaglia, e soprattutto che se si perde la prima tutto è perduto, non ci sarà secondo tempo.

 

Giuseppe Ucciero



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