7 settembre 2010

DI CHI È IL PGT


 

Le prime testimonianze del suo utilizzo in un insediamento urbano risalgono all’VIII millennio a.C. e si riferiscono alla città di Gerico, in Giordania (poi è arrivato anche in Italia via mare ….). Il mattone è stato da sempre uno dei principali motori dell’economia italiana, tra il 10% e il 15% del Pil.Il mattone ha da sempre generato posti di lavoro e fatto muovere l’economia, oggi che il lavoro è merce rara come ci si deve porre rispetto al PGT del Comune di Milano? Quello che colpisce un privato cittadino del PGT milanese non è tanto la bagarre che c’è e sempre ci sarà quando si parla di soldi gusto estetico etc etc. Lascio ai tecnici l’analisi del piano mi limito ad alcune considerazioni. Quello che colpisce è la totale assenza di posizione culturale del nostro beneamato PD, dire vogliamo il verde è una locuzione tranquillamente ascrivibile anche a uno della defunta PDL, ora galassia di sigle.

Quando Fini ha cominciato a muoversi con AN, ha invitato J.Rifkin, si è circondato di gente come Matteoli (oggi inquisito …. ndr) ha sostanzialmente riposizionato la destra annullando la contrapposizione spartani ateniesi di una volta dove l’homo sapiens sinistrensis è impiegato intellettuale bucolico e biocompatibile e quello destrensis è imprenditore dotato di P.IVA guerriero amante della modernità e inquinatore. Sembra quasi un’inezia ma in realtà noi del centro sinistra, perlomeno la base e/o l’intellighenzia, abbiamo un senso sociale del costruire che non significa esclusivamente housing sociale (una volta le case popolari piene di emigranti meridionali, ndr) ma piuttosto significa dare un indirizzo culturale, un’impronta al costruire in Milano.

Per anni si è parlato del sacco delle città italiane negli anni 60, Celentano ci ha fatto una canzone.Ma le case bisognava farle.La popolazione italiana nel 1860 contava 22 milioni nel 1940 circa 40 milioni di abitanti, nel 2010 siamo 60 milioni.Qualunque sistema, che in un lasso di tempo cosi breve aumenta del 50%, è soggetto a choc. Servivano posti letto per 20 milioni di persone in più e sono stati fatti. Possiamo discutere sul merito, vedi Rosi “le mani sulla città”, ma gli alloggi andavano fatti. Quello che è mancato è stato appunto l’indirizzo e non le briglie al cavallo. La città di Milano è passata dai 267 mila abitanti del 1860 ai 1,3 milioni del 2009 (con un picco a 1,7 milioni del 1973 quando c’erano le fabbriche).

Ci aspettavamo dal nostro quadro dirigente una levata di scudi sull’indirizzo strategico sull’eventuale idea di edifici (mi si potrà dire che gli stili sono dei regimi, è vero, ma almeno quelli, sbagliato che fosse, qualcosa dicevano, l’Eur che se ne dica ha un suo quid, le case di Stalin a San Pietroburgo idem con patate). Le case, gli edifici sono lo specchio di quello che pensi e come vivi. La Milano liberty, la Milano Hi Tech del 1960 con la torre Velasca, il Pirellone e i palazzi della periferia rivestiti di klinker lanciavano messaggi al mondo, oggi non si ha un’idea ben precisa di che cosa sarà domani e cosa pensano o addirittura se pensano i gestori della cosa pubblica e i relativi oppositori.

Ho letto del PGT e dell’opposizione.La domanda che mi viene spontanea è ma noi intellettuali bucolici e biocompatibili, la città del 3° millennio come la vorremmo? Io spero che prima o poi qualche scienziato progressista-riformista me lo dica o, lo faccia dire a qualche politico di sinistra. Il nostro (non) tanto amato assessore Masseroli vuole portare 700.000 persone a vivere in città, è un’idea magari un poco da megalomane ma è un’idea (ad esempio ve lo immaginate un impianto fognario da 1,3 milioni di persone che ne deve gestire 2,0…). Quello che manca è la regolazione del piano da parte dell’ente pubblico, che non significa blocchiamo tutto (della serie NO TAV) ma piuttosto cerchiamo di dare un indirizzo e lasciamo che il privato si muova creando profitto ma non a discapito della collettività.

E’ evidente che l’attuale driver del PGT è lasciate fare solo all’imprenditoria privata.Ma noi che cosa ne volgiamo fare di questa città? Come volgiamo far vivere i nostri figli e quelli che verranno. Milano è diventata una città di servizi priva delle grandi industrie che ne hanno caratterizzato l’identità nel secolo breve, gli intellettuali sono in disuso, oggi si vive una città allargata dove la mobilità è uno dei nodi cruciali dove l’identità è ambigua. Cominciare dal mattone, si quello rosso di terracotta che tanto ha testimoniato nella storia dell’uomo, per stabilire delle priorità culturali in un momento di grandissima crisi di valori potrebbe essere un viatico. Magari

La nebbia non c’è più, ma che Milano è senza la nebbia? Il vuoto è peggio.

 

Riccardo Lo Schiavo



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