7 settembre 2010

PGT: È DA SALVARE?


 

Leggo un po’ stupito l’intervento di Pietro Cafiero sul n. 30 di “Arcipelago”. Dunque, secondo lui il PGT alla fine faticosamente adottato dal Consiglio Comunale di Milano andrebbe anche approvato per una serie curiosa di argomenti:

– che “statisticamente” qualcosa di buono in un documento così grosso ci deve pur essere;

– che si butterebbe via il lavoro dei consiglieri di opposizione che qualche piccola modifica l’hanno ottenuta;

– che alla scadenza regionale un qualche piano ci deve essere, pena il caos edilizio.

Si tratta di argomenti abbastanza inconsistenti, anche perché eludono la questione principale (quella della qualità del Piano); purtroppo però riecheggiano a volte anche nelle dichiarazioni di qualche consigliere comunale di minoranza e quindi forse vale la pena di esaminarli con più attenzione. Mi sembra che complessivamente possono comunque essere facilmente confutati, considerando che:

– difficilmente la Regione Lombardia lascerebbe nelle peste Milano (e altre centinaia di Comuni, soprattutto se di centrodestra) che alla prossima scadenza non avessero approvato il PGT: se il 14 febbraio (termine indicato dall’Amministrazione) il PGT non fosse approvato, si può dare per certa una proroga o qualche norma ad hoc che consentirebbe di superare l’impasse;

– le modifiche ottenute dall’opposizione sono abbastanza irrilevanti: in alcuni casi (come per gli indici sulle aree ferroviarie) sono solo tornati alla situazione precedente definita nell’Accordo di Programma, in altri (edilizia popolare, tunnel ecc.) è stata fatta solo una “riduzione del danno” rispetto alle “sparate grosse” del Piano originario (è una tattica anche questa);

– “statisticamente” qualcosa di buono si trova ovunque, e con ciò? Ragionando così, tutto sarebbe ugualmente valido (come la notte, in cui “tutte le vacche sono grigie”, direbbe qualche filosofo tedesco), tutti i piani andrebbero approvati, nulla si potrebbe buttar via. Eppure anche quest’ultimo argomento – del tutto virtuale e astratto – nel caso in questione è sbagliato, perché il Piano me lo sono letto (quasi) tutto, e tutto quello che ho letto – tranne qualche innocua banalità buonista – è pessimo: mobilità, verde, nuclei storici, dotazioni di servizi, edificabilità, meccanismi attuativi, aspetti finanziari: non c’è una sola cosa che funzioni, è un Piano fatto molto male, pieno di dati fasulli (tipo quello sulla riduzione del consumo di suolo, ma la lista sarebbe lunga), indegno della città di Milano, e credo che solo chi non l’ha letto bene fino in fondo non se ne sia accorto (è forse il motivo per cui alla fine forse si approverà, la città “non saprà quello che fa”).

E mi chiedo anche: che affidamento si può fare su un Assessore che dopo aver dichiarato ai quattro venti che intende realizzare una Milano verticale, piena di torri e grattacieli, venuto a sapere da un sondaggio che l’80% dei milanesi è contrario, dichiara che parlare di grattacieli è “terrorismo ideologico privo di fondamento”? A parte il linguaggio, inaccettabile in un confronto democratico, se il Piano prevede oltre venti milioni di metri quadri di slp di nuova edificazione e la riduzione del consumo di suolo, dove pensano di metterle quelle volumetrie? Forse in sottosuolo? E perché bollare come “terrorista” chi si limita a constatare un banale dato di fatto? Ma sono molte altre le domande alle quali non viene mai data risposta: con che soldi si realizzeranno i “raggi verdi” e le nuove infrastrutture? Come potrà la rete della mobilità reggere ai nuovi carichi? Sono domande semplici, quasi banali, ma non è arrivata nessuna risposta soddisfacente.

Insomma, credo che il PGT vada giudicato nel merito: chi è convinto che sia un buon Piano, lo approvi; chi lo ritiene in larga parte buono, si adoperi per migliorarlo; ma chi è convinto che invece si tratti di un Piano pessimo, non può far altro che proporsi di rifarlo.

 

Giuseppe Vasta



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