31 agosto 2010

UN NUOVO SINDACO: SCEGLIERE SENZA TIMORI


 

Per la scelta del candidato sindaco a Milano si profila ancora un cammino tutt’altro che tranquillo o privo di sorprese. Una considerazione prima di andare avanti. Sia che a proporre un candidato ci pensino le forze politiche, sia che ci pensi qualche gruppo della società civile, la preoccupazione di tutti è di trovare un uomo o una donna che per le sue pregresse, presenti o supposte inclinazioni politiche non faccia paura a questo o a quel segmento della platea degli elettori. Questa sorta di timore di vedere eletto qualcuno che si teme, ma le ragioni di questo timore sono spesso fantasie o “sentito dire”, non è una novità nell’elettorato italiano. Le faccende si complicano assai nei casi, e Milano è uno di questi, nei quali di fronte ad una platea di poco più di seicentomila voti, il peso sufficiente per spostare l’ago della bilancia è poco più del 2 %.

Chi sono i titolari di questa manciata di voti? A che ceto appartengono? Che cosa possono temere da un sindaco? Me lo sono chiesto da tempo senza trovare una risposta. I problemi dei cittadini milanesi sono da anni sempre quelli e sono, per la maggior parte, problemi la cui mancata soluzione non è solo dovuta a incapacità politica ma anche alla pochissima disponibilità di risorse spendibili per investimenti nel bilancio comunale. Quali sono invece gli interessi economici che un sindaco può tutelare a discapito degli uni o degli altri? I negozianti temono la pedonalizzazione di qualche area? Forse ma forse dovrebbero temere di più le voragini aperte in città dall’incapacità di far realizzare rapidamente parcheggi e opere pubbliche ma questo non dipende certo dalle opinioni politiche del sindaco. La parte più conservatrice dell’elettorato cosa teme?

Teme un sindaco che si occupi meno della cosiddetta “sicurezza”? Forse, ma quest’elettorato dovrebbe far parte da sempre dello zoccolo duro dei berlusconiani senza se e senza ma e quindi non essere quell’elettorato incerto di cui i partiti vanno alla caccia. Teme che un sindaco di sinistra tolga ai ricchi per dare ai poveri? Ma è mai successo realmente in Italia? E se anche lo facesse sarebbero comunque pochi euro – il prezzo di una cena al ristorante – inavvertiti dal patrimonio. Il tutto poi sembra condito, a stare a quello che dicono i sociologi, dal prevalere della “figura” rispetto al “programma”, concetto fatto proprio dalla maggior parte della classe politica di governo e di opposizione, contraddittoriamente però rispetto a quello che un giorno sì e uno sì ci vanno ripetendo nei loro scontri durante i quali si rinfacciano di tradire il programma per il quale gli elettori li hanno votati. Anche il sindaco Moratti ormai non parla d’altro che di programmi realizzati/da realizzare/da promettere di realizzare.

Forse l’unico vero timore di questi elettori incerti è quello di sempre: la litigiosità intrinseca nella sinistra che riuscirebbero persino a vanificare quel poco che resta delle norme volute da Bassanini – uomo di sinistra- proprio per scongiurare l’instabilità dell’esecutivo e che oggi garantiscono la stabilità di chi vorremmo mandare a casa. Questa litigiosità che una volta traeva le sue origini da diversità ideologiche ora diventa anche, soprattutto per il Pd, litigiosità generazionale: al grido di “a casa i vecchi” si contrappone da Bersani e da altri un altro grido ” anche con noi ci sono molti giovani”. Bene! Bravi! E se il problema fosse, come è, tra politica “vecchia” e politica “giovane”? Forse questo elettorato incerto è di quest’ultima che avrebbe voglia. Ma questo è un altro discorso e se gli incerti milanesi riuscissero a non guardare a Roma e ai suoi litigi ma solo alla loro città, e se della stessa cosa fossero capaci i dirigenti politici locali, forse per Milano non sarebbe tutto perduto come molti già temono.

LBG



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