31 agosto 2010

MA C’È PARTECIPAZIONE PUBBLICA ALLA REDAZIONE DEL PGT DI MILANO?


 

Come noto, lo scorso luglio il Consiglio Comunale di Milano ha adottato il nuovo piano di governo del territorio (PGT) che andrà a sostituire il vigente piano regolatore generale (PRG) del 1980. Il nuovo piano urbanistico dovrà essere nuovamente votato dal Consiglio per la sua definitiva approvazione. Prima che ciò possa avvenire, tuttavia, è previsto dalla legge che il pubblico (comprensivo di singoli cittadini, società, associazioni, ecc.) possa presentare i propri commenti. Quanti saranno in grado di utilizzare questa possibilità?

La domanda ha una sua attualità. Se anche la legge urbanistica del 1942 prevedeva una fase partecipativa è infatti solo con una recente normativa di origine internazionale che al pubblico è stato attribuito un articolato diritto di partecipazione ai procedimenti pianificatori di contenuto ambientale, tra i quali trova posto quello di redazione del PGT. Le problematiche ambientali che riguardano la città sono tante (inquinamento atmosferico e traffico, rumore, mancanza di verde ed eccesso di urbanizzazione del suolo) e tutte sono almeno in parte affrontate dal PGT, che, tra l’altro, deve individuare gli eventuali ambiti di nuova costruzione e i relativi pesi insediativi, le nuove infrastrutture per la mobilità (strade e linee metropolitane), le aree verdi, le norme di tutela paesaggistica. In che modo il contenuto del PGT è comunicato alla città?

Il piano adottato dal Consiglio è stato pubblicato “informalmente” sul sito internet del Comune sin dall’inizio di agosto con la dichiarata finalità di coinvolgere il pubblico. Provate tuttavia voi stessi a verificare quanto ciò possa davero avvenire. Andando sulla home-page (wwww.comune.milano.it) e cliccando sul rettangolo grigio che si trova sulla destra si aprirà una pagina asciutta, che poco spiega e dalla quale è solo possibile scaricare alcuni files. Il primo ostacolo per il cittadino è proprio che tale pagina non contiene, né rinvia a istruzioni che illustrino il significato del PGT, in che modo esso influenzerà le vite dei cittadini e degli operatori economici, né come un cittadino possa partecipare alla sua redazione (pur essendo tale possibilità espressamente prevista dalla legge). Il secondo ostacolo è che il piano è stato distribuito su una moltitudine di documenti di testo (oltre mille pagine) e grafici (più di un centinaio di tavole), che solo il tecnico è in grado di affrontare e pure con qualche difficoltà.

Il terzo ostacolo è che i citati documenti senza essere stati previamente ridotti sono stati inseriti in pacchetti informatici, i quali, pur “zippati”, continuano a essere troppo pesanti (uno di essi pesa più di 850 MB): anche solo per dare una breve occhiata bisogna dunque avere la pazienza di attendere alcune ore per scaricare, spacchettare e distribuire la documentazione necessaria. Evidentemente, fra tutte le opzioni disponibili (in primis, le mappe informatiche interattive, già in parte usate dallo stesso Comune per la pianificazione vigente), non è stata scelta quella che consente la più ampia fruizione dal pubblico.

Giova ricordare che più o meno un anno fa, in attuazione della normativa regionale, era stata aperta una prima finestra partecipativa anteriore alla stessa discussione in Consiglio ed erano state utilizzate modalità di comunicazione della bozza di PGT del tutto analoghe a quelle sopra citate. Orbene, al termine di quella finestra erano giunte solamente 97 osservazioni, di cui appena 13 riferibili agli aspetti ambientali del piano; di queste ultime, solo 3 firmate da singoli cittadini. Il dato corrispondeva a circa uno scritto ogni 450.000 residenti e dimostrava, nella sua assurda esiguità, che qualcosa nella comunicazione del piano non aveva funzionato. Oggi, che si stanno definendo le modalità’ di comunicazione del piano adottato, si dovrebbe nuovamente riflettere su quel dato. Anche perché dalla lettura di alcune delle disposizioni applicabili pare potersi desumere che l’effettività della partecipazione pubblica possa costituire un parametro normativo, eventualmente valutabile in sede giudiziale.

Dopo essere emerso negli ordinamenti del nord Europa e anglosassoni ed essere stato integrato nella dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992 su ambiente e sviluppo, il principio della partecipazione pubblica ai processi decisionali in materia ambientale è stato affermato a livello europeo con la Direttiva 2001/42/CE (trasposta nella normativa nazionale e regionale sulla valutazione ambientale strategica) e, soprattutto, con la Convenzione di Aärus (ratificata dall’Italia nel 2001 e dalla stessa Unione Europea nel 2005). Tale Convenzione, tra l’altro, prevede che il pubblico sia informato “in modo adeguato, tempestivo ed efficace”, al fine di “consentirgli di prepararsi e di partecipare al processo decisionale”, e, soprattutto, che tale partecipazione debba avvenire “in una fase iniziale, quando tutte le alternative sono ancora praticabili e tale partecipazione può avere un’influenza effettiva”. La Convenzione richiede che, “al momento dell’adozione della decisione, si tenga adeguatamente conto dei risultati della partecipazione del pubblico”. Nelle sue premesse, la Convenzione afferma anche la necessità che il pubblico “sia a conoscenza delle procedure di partecipazione ai processi decisionali in materia ambientale, possa accedervi liberamente e sappia come usufruirne”, e richiama la circostanza di come i cittadini “per esercitare i loro diritti essi possono aver bisogno di assistenza”. E’ chiaro dunque come l’intervento del pubblico non è configurato come un mero passaggio formale, ma come un elemento integrante del processo di definizione delle scelte pubbliche, che deve pertanto essere attivamente e adeguatamente sollecitato dalle amministrazioni pubbliche coinvolte.

Non si può che rilevare come la mancata informazione e il mancato coinvolgimento del pubblico nella fase di definizione delle scelte del PGT (sia strategiche, sia puntuali) appaia non ridurre il rischio di contenzioso su di esse, ma semplicemente spostarlo sulle sue fasi attuative. Come già avvenuto in passato, è dunque probabile che proprio in quel momento si costituiranno i comitati e i gruppi di cittadini “contro/anti” l’attuazione della singola scelta, i quali potranno quindi portare a bandiera proprio il fatto di non essere stati consultati, con un conseguente contenzioso politico e giudiziale probabilmente più protratto nel tempo che non se l’opposizione fosse stata fatta emergere e gestita nelle fasi iniziali della decisione.

 

Enrico Murtula



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