26 luglio 2010

IL CASO SANT’AMBROGIO


 

La recente decisione della Giunta del Comune di Milano di partire con i lavori del parcheggio di Sant’Ambrogio segna da un lato la debolezza degli organi preposti alla tutela, dall’altra la sordità delle nostre istituzioni. Sant’Ambrogio. Stiamo parlando di un luogo importante per Milano, a cui la legge (il Codice dei beni culturali e del paesaggio) assegna una speciale protezione. In teoria, secondo l’articolo 20 del Codice, le piazze di centri storici delle nostre città, cui riconosciamo un particolare volere storico, non possono essere oggetto d’interventi che ne alterino dignità e natura. Sulla base di questa disposizione, il Soprintendente per i beni architettonici aveva dato parere negativo.

A questo aveva fatto seguito la perplessità dell’allora direttore regionale dei beni culturali Carla Di Francesco, che aveva rimandato la palla a un apposito comitato ministeriale, il quale alla fine aveva dato il via libera. Procedura contorta, che rivela quante e quali pressioni dovevano aver subito i nostri organi di tutela. Fu in effetti la stessa Di Francesco a riconoscere in un’intervista la sua personale contrarietà all’opera, evidentemente messa a dura prova da una straordinaria pressione “ambientale”. L’argine della tutela, insomma, a cui l’articolo 9 della Costituzione garantisce primarietà rispetto alle altre ragioni in campo, non ha tenuto. Per questo Italia Nostra ha preso la difficile decisione di procedere con esposto alla Magistratura (ora archiviata).

Il caso di Sant’Ambrogio ci sembrava richiamasse il caso del parcheggio sotto il Pincio a Roma, bloccato dal ministro Bondi, che non si è curato invece nemmeno di rispondere ai numerosi nostri appelli su sant’Ambrogio. Due casi simili, due risposte diverse. La ragione – duole dirlo – va cercata nel diverso colore politico delle due amministrazioni. Nell un caso si trattava di stoppare un progetto del sindaco Veltroni, nell’altro si sarebbe trattato di mettersi di traverso al Sindaco Moratti, collega di partito. C’è da notare che Bondi avrebbe potuto trovare il coraggio di far valere le ragioni della tutela considerando che lo stesso Sindaco di Milano ha sempre dichiarato la propria contrarietà al parcheggio. La cosa insomma pare faccia orrore a tutti, ma nessuno si è preso la responsabilità di fermarla.

Le ragioni che militavano contro l’idea di scavare cinque piani di autosilos a fianco della Basilica milanese non sono però solo legali, storico-artistiche e archeologiche. Sono anche urbanistiche: serve portare altre macchine nel cuore della città quando si potevano meglio impiegare altri parcheggi vicini? Non abbiamo istituito l’Ecopass a Milano proprio per ridurre il traffico privato in centro? Non sta la Regione Lombardia incentivando la rottamazione senza sostituzione dell’auto proprio per ridimensionare l’insensato parco macchine dei milanesi, pari a quello di Los Angeles? E’ vero – come scrive ha scritto recentemente una lettrice al Corriere della Sera – che in altre città europee ci sono parcheggi sotterranei nelle piazze centrali, come davanti a Notre Dame. Ma in che anni sono stati realizzati? Oggi Parigi – che punta tutto sui velò le auto a nolo e altre misure di mobilità dolce – lo rifarebbe? E ancora: vi piace l’anonima spianata davanti alla cattedrale della capitale francese? A tutti capita di sbagliare, e noi ci stiamo specializzando nel copiare gli errori evitando accuratamente le buone pratiche.

Non vi è dubbio che lo “stradone” di Sant’Ambrogio – assediato dalle auto in sosta – non sia un bel vedere. Non si poteva operare un riassetto della piazza con alcuni ragionevoli dissuasori alla sosta, magari anche con una semi-pedonalizzazione, senza prevedere un parcheggio? Costava così tanto da dover ricorrere ancora e sempre alla mano privata per rimettere a posto la città? E soprattutto: chi decide su Milano e il suo futuro? La società civile e i suoi rappresentanti o gli operatori economici?

 

Luca Carra



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