12 luglio 2010

QUALE AGRICOLTURA A MILANO NEL 2015?


 

Basato sul legame tra cibo, energia e sviluppo sostenibile, il tema dell’Expo 2015 porta Milano, la Lombardia e l’Italia a interrogarsi, oggi più che mai, sul futuro del settore agroalimentare. L’obiettivo di produrre cibo sano, controllato e di qualità, spinge a riconsiderare il ruolo dei diversi attori operanti in questo comparto produttivo, che nel nostro paese, a detta degli esperti, è il migliore e il più avanzato al mondo. Delle prospettive presenti e future per l’agroalimentare italiano ed europeo si è discusso nell’incontro organizzato dalla Rappresentanza della Commissione europea e dall’Ufficio del Parlamento europeo a Milano nella mattinata di lunedì 28 giugno, una tavola rotonda alla quale hanno partecipato, oltre al sindaco Moratti, eminenti parlamentari europei e rappresentanti delle imprese del settore. Il vivace dibattito ha messo in luce i punti di forza dell’agroindustria italiana, quali la garanzia dei marchi DOP e IGP, la qualità, la sicurezza dei prodotti e la capacità di coniugare tradizione e innovazione, pur non tacendone al tempo stesso le criticità. In particolare, queste ultime comprendono: l’eccessiva polverizzazione del settore, l’alta leva fiscale, l’elevato prezzo dell’energia rispetto agli altri paesi europei e un indice di dotazione infrastrutturale basso.

Alla luce di queste considerazioni vorrei proporre una riflessione sul ruolo che l’Expo del 2015, con il suo tema legato all’alimentazione, potrebbe, e dovrebbe, svolgere in vista di uno sviluppo sostenibile e di un rapporto più corretto e consapevole con il consumatore globale. Per questo, faccio riferimento al contesto attuale di un mondo che gioca a restare in equilibrio tra crescita e sostenibilità, tra l’apertura a nuovi mercati e la tutela delle produzioni esistenti, con i grandi organismi sovranazionali europei impegnati in una politica comune per il settore a sostegno della filiera. A questo proposito, se, da un lato, va riconosciuto l’indubbio valore dei progetti di sviluppo che l’Unione Europea promuove in particolare a sostegno degli operatori rurali (tra il 2007 e il 2013 si prevedono 94 diversi programmi di sviluppo rurale, con lo stanziamento di 230 miliardi di fondi d’investimento europei), dall’altro, c’è da chiedersi come l’Expo del 2015 nella sua natura glocale possa dare ulteriore impulso alle reti innovative e solidali per l’agroindustria già presenti a livello internazionale, affinché l’esposizione universale stessa non si riveli espressione di una retorica senza reale progettualità.

Con un Masterplan che promette di riprodurre i processi della filiera alimentare all’interno dello stesso sito espositivo e di favorire una maggiore armonizzazione del rapporto tra città e campagna, tra piccolo e grande produttore, l’orto botanico dell’Expo 2015 sembrerebbe proprio lo scenario ideale per un futuro all’insegna di un’agricoltura planetaria sostenibile e integrata. Ciò che ancora risulta difficile da valutare è lo spazio e la visibilità che l’evento lascerà ai piccoli produttori e alle più ristrette realtà locali “d’elite” legate a un particolare ambito territoriale o a pratiche specifiche. Questi ultimi, ognuno con la propria storia, tradizione e valori, risultano spesso annientati dalle dinamiche di un mondo globalizzato che tende a favorire il prodotto di massa della grande distribuzione organizzata penalizzando il prodotto “minore” realizzato secondo la creatività e il gusto locali.

Del resto, se l’intento delle istituzioni e dei principali player territoriali è di stimolare una nuova fase di crescita privilegiando un nuovo equilibrio tra tradizione e innovazione e di individuare casi di eccellenza nel settore agricolo da comunicare e diffondere come buone pratiche nell’ambito del megaevento Expo del 2015, non bisogna tuttavia dimenticare che gli obiettivi di medio e lungo termine legati alla manifestazione milanese devono andare ben oltre le logiche di marketing aziendale e riferirsi, più in generale, alle variabili dell’occupazione, della crescita, della sostenibilità ambientale e dell’inclusione sociale. Tutti noi ci auguriamo che il “mega orto” del 2015 non si trasformi ben presto in un non-luogo a far da immenso parco desolato ma, al contrario, diventi un reale spazio agricolo in cui l’etica possa davvero diventare fondamento del mercato.

Con riferimento ai programmi promossi dall’Unione Europea per favorire lo sviluppo rurale e, al tempo stesso, memore del gigantismo trionfale della Cina e dell’Asia che personalmente ho avuto modo di osservare nel mio recente viaggio in visita all’Expo di Shanghai, mi chiedo come Milano e l’Italia organizzeranno concretamente l’incontro tra realtà agricole lontane e profondamente diverse e come l’occidente e i paesi EU-27 dialogheranno con le nuove economie emergenti dei cosiddetti paesi BRIC. In un mercato globale in cui l’Europa e l’Italia hanno perso centralità, dove l’economicità dei prodotti provenienti dalle terre incubatrici delle più note epidemie di “germi globali” ha spesso la meglio sull’etica commerciale, appare evidente che, per non risultare l’ennesima cattedrale nel deserto, l’Expo di Milano dovrà veramente essere una manifestazione “di contenuto”, realizzata secondo un’etica equa e sostenibile, che tenga conto di tutte le forze produttive in gioco e delle necessità legate alla salute e al benessere del consumatore.

 

Sara Bonanomi


 



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