12 luglio 2010

MA SONO PIAZZE?


 

Il tema del decoro delle piazze, piazzali, larghi, strade pedonali attrezzate, mi sembra molto spesso disatteso anche perché i termini che definiscono uno spazio urbano con determinate caratteristiche funzionali e architettoniche sono invecchiati e non rappresentano più i ruoli per cui erano nati. Questa osservazione vorrebbe mettere in evidenza che ogni spazio urbano diventa nel tempo qualcos’altro che viene assorbito dalla città a condizione che rappresenti qualcosa di vivibile e di appropriato in rapporto non solo alle necessità viabilistiche, commerciali e altro che cambiano, ma anche alle esigenze architettoniche che possono offrire confortevoli appagamenti dell’occhio, dell’orecchio e risposte concrete a tutte le richieste del corpo che rifugge in ogni età dalle barriere e dagli ostacoli.

Prendiamo ad esempio piazzale Cadorna e piazza Cairoli: la prima tagliata da via Carducci offre due aree: la prima, occupata da una fontana triangolare, delimita aree di scorrimento veloce, l’altra , coperta da una struttura di metallo e vetro, introduce alle Ferrovie Nord. La copertura ignora chi attende i tram perché non protegge dalla pioggia e dal sole, si estende verso via Alemagna. Lo spazio ospita negozi di modesta offerta, un bar cui pochi fanno riferimento, un fiorista non troppo appassionato fra indumenti di bassa qualità. Il pubblico presente staziona su tavoli sporchi e sedili poco invitanti. Il piazzale è generoso nell’ospitare tendoni per la fiera del libro. Quale fiera?

L’unità mobile Avis e fantasiose altre iniziative promettono: cosa promettono? E il piazzale ora è questo ora quello nella confusione disarmante improvvisata mascherata per raccogliere forse qualche fondo e altre volte per dare qualche aiuto. Il piazzale gode di grandi fioriere che un tempo ospitavano tassi morti stecchiti. Per molti mesi le fioriere erano diventate deposito di spazzatura poi all’improvviso sono comparsi nuovi tassi così piccoli da sfigurare in fioriere che celebrano piuttosto la grandeur di questo luogo dove svetta una grande scultura di acciaio di Rauscemberg.

Ma in pochi giorni, forse per mancanza di acqua, anche questi tassi piccini hanno cominciato a dar segno di malessere e alcuni a morire. Come potremo chiamare oggi questo piazzale da cui si scappa volentieri inabissandoci nel mezzanino della MM? Perché si scappa? Non c’è nulla di attraente mentre si è perseguitati dal malessere che deriva da questo disordine casuale, dalla concentrazione di accattoni assillanti, e a volte anche molto cortesi, dalla decadenza di tutto quello che sta intorno al piazzale senza anima.

Piazza Cairoli ha una struttura molto precisa. Rappresenta l’inizio e la fine di una prospettiva che parte dal Duomo e si conclude con il Castello Sforzesco. La statua di Garibaldi a Cavallo è un punto di riferimento importante che da alcuni anni ci è stato sottratto per un restauro interminabile. Anche questo luogo ospita iniziative tra le più disparate. Mercati, ruote di luce, zucchero filato, spesso il Castell Sforzesco non è più raggiungibile da piazza Cairoli per l’ammasso di gente che la domenica si concentra nei luoghi angusti prossimi alla fontana che invita a pediluvi rinfrescanti. Potrei parlare di Piazza Duomo, il fiore all’occhiello di Milano, ma è troppo doloroso e forse inutile fare un affondo.

I camion attrezzati per la vendita di panini e salsicce sta invadendo la città. Anche in piazza Leonardo Da Vinci, di fronte al Politecnico stazionano emanando una scia di odori insopportabili di fritto che salgono le scale della Facoltà di Architettura e via via entrano nelle aule. Perché, mi domando, abbiamo perduto oltre agli occhi anche il naso? Mi sembra impossibile!

 

Antonio Piva



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