5 luglio 2010

CITTADINI SENZA GIUSTIZIA


 

Ogni mattina entrano nel Palazzo di Giustizia di Milano, in Corso di Porta Vittoria, diecimila persone. Alcune centinaia sono magistrati e impiegati, avvocati e loro collaboratori, gli altri sono cittadini in cerca di giustizia. Si tratta di creditori, parti interessate a processi civili, imputati, parti lese e testimoni in processi penali, persone che necessitano di certificati o copie di atti. L’amministrazione della giustizia a Milano è largamente informatizzata, la qualità dei magistrati e dei loro collaboratori complessivamente buona, il tasso di corruzione infimo. Ciononostante, la stragrande maggioranza dei cittadini che, alla fine della mattina, esce dal Palazzo non ha ottenuto ciò che voleva ed è del tutto insoddisfatta.

Le ragioni sono chiare: al di là dell’impegno dei singoli, il meccanismo della giustizia è lento in sé, farraginoso, attento molto più alla forma che alla sostanza, sottoposto a una serie di garanzie di riesame plurimo che vanificano ogni conato di efficienza. L’esempio più clamoroso viene dal processo penale. Le vittime principali ne sono le parti lese e i testimoni. Quando viene fissata la data per lo svolgimento di un processo penale, sempre a distanza di anni dal fatto che vi ha dato origine, il giudice ordina la citazione degli imputati, delle parti lese e dei testimoni a comparire dinanzi a sé. Delegati a eseguire le notifiche relative sono gli Ufficiali giudiziari. L’amministrazione dello stato li paga poco e con molto ritardo. Essi, di fatto, la ripagano lavorando tardi e male, privilegiando il lavoro civile nel quale gli avvocati pagano le notifiche in anticipo.

Il risultato è che i magistrati non sanno mai, prima del giorno fissato per il processo, se le notifiche agli imputati, alle parti lese e ai testimoni sono andate a buon fine e, quindi, se potranno effettivamente procedere nel giudizio o dovranno rinviarlo per non incorrere in nullità che renderebbero vano il lavoro svolto. Di conseguenza, tutti i processi stabiliti per un determinato giorno vengono fissati alla stessa ora, di prima mattina. Questo obbliga i cittadini interessati ad alzarsi presto, intasare strade e mezzi pubblici, presentarsi in Tribunale non oltre le ore 9 e attendere.

Poi comincia un rito allucinante. Il giudice “chiama” la singola causa e può procedere alla relativa trattazione solo se, miracolosamente, sono presenti tutti, imputati, parti lese, testimoni e, naturalmente, avvocati degli imputati e delle eventuali parti civili, oltre che il rappresentante del Pubblico Ministero. Se, com’è pressoché inevitabile, manca qualcuno degli interessati, di solito manca anche la prova della notifica relativa, non si può cioè sapere se la persona è stata raggiunta dalla notifica (nel qual caso si può anche procedere, eventualmente assumendo determinati provvedimenti), oppure si è trasferita, magari per luogo ignoto.

Quella prova, di norma, arriverà nei giorni successivi, ma nel frattempo il giudice avrà dovuto rinviare il processo ad altra data, di solito alcuni mesi dopo, licenziando i presenti, alcuni ben lieti di aver guadagnato tempo, altri (la maggioranza) furibondi per aver perduto la giornata senza aver ottenuto alcun risultato. La “cerimonia” dei rinvii per omessa notifica (o mancanza di documentazione della medesima) dura mediamente metà della mattina. Altri processi vengono rinviati su istanza degli imputati, dei loro difensori, più raramente delle parti civili.

Complessivamente, più della metà dei processi penali fissati per quella data non viene neppure iniziata, ma solo differita ad altra udienza.

Nel settore civile la situazione non è migliore. Le udienze, in linea di massima, si tengono, ma le controversie fanno ben pochi passi avanti. Una parte presenta una memoria, magari allegando documenti; l’altra parte, ovviamente, chiede un rinvio per esaminare il tutto. All’udienza successiva, dopo diversi mesi (di regola, in ogni causa si tengono non più di due udienze all’anno), la parte che aveva chiesto il rinvio deposita a sua volta un atto, magari con altri documenti, e si ricomincia. Di recente sono state introdotte delle preclusioni per evitare che le repliche reciproche si protraggano all’infinito.

Ma, in generale, la litigiosità delle parti e la non eccezionale produttività dei magistrati costituiscono un cocktail micidiale, il cui risultato è il protrarsi della durata delle controversie civili per svariati anni.

 

Giuseppe Amoroso

 

 

 

 

 

 

 


 



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