21 giugno 2010

USURA, MAFIA E POLITICA


 

Ci voleva l’arrivo della mafia perché la politica milanese, una parte soltanto, s’interessasse del fenomeno dell’usura, forse perché la figura dell’usuraio, anche nella tradizione meneghina, non fa parte storicamente delle “maschere” cittadine. La società milanese, tradizionalmente dedita a far denaro, o ricorreva poco agli usurai oppure il ricorso a queste orrende figure era taciuto, nascosto nel proprio ambiente come una vergogna, come l’ammissione del fallimento di una storica vocazione agli affari ben riusciti e quindi al guadagno e al risparmio: l’unica vera difesa contro l’usura.

Mentre in meridione l’usura non stupisce e nelle spire dell’usura potevano e possono cadere tutti senza scandalo dall’ultimo disgraziato ai nobili decaduti, il nord, e Milano in particolare, ha avuto un atteggiamento da protestanti: la povertà quasi una punizione di Dio per non aver saputo lavorare. Era così da anni, prima dell’arrivo della mafia, e il fenomeno sembrava contenuto nelle dimensioni fisiologiche di qualunque società dove, quando gli affari vanno male e nessuno ti fa più credito a condizioni normali, ricorri all’usuraio. Le cose sono cambiate e con il sopraggiungere delle prime crisi economiche, cicliche ma meno gravi, le banche, approfittando delle difficoltà dei loro clienti non si tirarono indietro, tanto che nel 1996 il Governo dovette emanare una legge che indicava i tassi massimi oltre i quali si configurava il reato di usura. Mai legge fu più disattesa e mai la fantasia per aggirarla fu tanto sbrigliata ma, per quel che riguarda le banche, non poterono certo mettere in atto l’intimidazione fisica come strumento per premere sul debitore. Questo tipo di pressione non era abituale nemmeno nella malavita degli usurai milanesi che si limitavano a spennare il debitore facendogli firmare atti di vendita e cambiali da mandare in protesto per ottenere pignoramenti.

La violenza fisica è arrivata con la mafia che si è insediata a Milano e nell’hinterland e che ha nel suo terribile bagaglio l’intimidazione fisica e non esclude nemmeno l’omicidio, che apparentemente contraddice l’interesse del creditore perché provoca la morte del debitore, ma che serve da esempio: l’ucciso diviene la casuale vittima di una strategia ed è capitato a lui come poteva capitare ad altri senza alcun rapporto con l’entità del suo debito. Raramente si tratta di vittime in vista per non scatenare troppo le forze di polizia, basta che arrivi sui giornali da mostrare ai minacciati. L’usura, violenta o no che sia, è terribile, distrugge le persone, le fa sentire schiave del denaro, imprigionate in una tenaglia dalla quale è, in concreto, impossibile liberarsi.

Oggi la situazione milanese è diventata critica e lo sarà sempre di più mano a mano che la crisi economica produrrà, lenti nel tempo ma inesorabili, i suoi effetti, comprese le misure oggetto dell’attuale manovra finanziaria che andrà ad aggravare la posizione dei ceti deboli scaricandone sempre su di loro il peso maggiore. Ma Milano, come tutto il nord, sta peggio: mentre a Roma e in tutto il sud la percentuale di lavoro pubblico è alta e il sacrificio richiesto si configura come una riduzione del reddito, al nord si tratta di perdite secche di posti di lavoro soprattutto nelle attività minute del terziario. Allora, chiunque ci sia al governo della città, prima di occuparsi del verde ma senza dimenticarlo, o delle missioni a Shanghai si occupi di difendere i milanesi dall’usura e dalla mafia che ha colto la buona occasione per fare affari. Ma a Milano la mafia c’è? ………

 

L.B.G.



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