21 giugno 2010

SOS RACKET E USURA: LA LATITANZA DELLE ISTITUZIONI


 

Martedì 15 giugno non è stato un giorno qualsiasi per il quartiere di Niguarda. L’apparente tranquillità della zona è stata infranta dal presidio dei membri dell’Associazione SOS racket e usura (*) e dalla conseguente presenza delle forze dell’ordine: in una zona oppressa dalla malavita organizzata, militari e polizia non possono che irritare chi vive di illegalità.

Chiamati dagli stessi abitanti della zona, Frediano Manzi e i membri della sua Associazione hanno allestito il loro gazebo con lo scopo di raccogliere mille firme per far chiudere il bar-latteria di via Padre Luigi Monti: un luogo di spaccio, covo di pregiudicati e teatro di una sparatoria poco più di un mese fa. Il bar di via Monti era già famoso per essere stato per anni “l’ufficio” del clan Pesco-Priolo-Cardinale. Il clan di Giovanna Pesco (“la signora Gabetti”), arrestata grazie alla denuncia di SOS usura per il racket delle case popolari. Gli abitanti della zona, esasperati dalle continue minacce ricevute dai frequentatori del locale, hanno riconosciuto in quest’Associazione l’unica possibilità di porre fine alle loro angosce, ai loro disagi, alla loro paura.

Al banchetto collocato in viale Suzzani, angolo via Padre Luigi Monti, c’è chi si ferma per firmare senza remore, chi prima di farlo si fa garantire che “quelli la” non vengano a conoscenza della propria identità, e chi, invece, tira dritto liquidando il tentativo di approccio dei volontari con un secco “abito qua!”.

Volontari che distendono il viso segnato dalla tensione in ampi sorrisi soddisfatti quando raccontano della visita di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, di Enrico Marcora (consigliere provinciale dell’UDC) e di Giulio Cavalli (attore impegnato nella lotta alla criminalità organizzata, per questo sotto scorta, attualmente consigliere regionale dell’IDV). Questi, in un presidio durato dalle 10 del mattino alle 19, rimarranno gli unici atti di presenza della politica cittadina. Le istituzioni della città latitano a tal punto da non concedere all’Associazione di Manzi nemmeno lo spazio per una sede. Di qui la decisione, in febbraio, di abbandonare momentaneamente la lotta. L’amara sensazione di isolamento è stata superata grazie alle incessanti richieste di aiuto e di intervento pervenute all’Associazione dalle vittime del racket e della criminalità organizzata. Dal 22 aprile SOS racket e usura è tornata in strada mettendo la propria faccia contro la mafia, perché è così che la guerra alle organizzazioni criminali è concepita dai suoi membri, al fianco della gente di quei quartieri di cui la politica dice di volersi occupare. Sostenuti dalla fiducia delle vittime del racket, gli uomini e le donne dell’Associazione hanno ripreso a lottare.

Come spesso accade la popolazione si rivela migliore di chi la rappresenta, migliore di quella classe politica che tanto fatica ad andare al di la degli interessi di partito in nome della tutela dei propri concittadini. Sarebbe dovere della politica locale schierarsi incondizionatamente per vincere una guerra che riguarda tutto il Paese, impegnandosi costantemente, non solo nei periodi elettorali, in prima linea, al fianco di associazioni coraggiose come SOS racket e usura. Come hanno fatto i comuni di Motta Visconti, Canegrate, Cornaredo, Nerviano, Senago, Trebbia, Ossona, Cesate, Lavena Ponte Teresa, Cinisello Balsamo, Buccinasco, aderendo all’iniziativa dell’Associazione di distribuire dei questionari sul loro territorio per monitorare l’azione dei clan malavitosi. Ad oggi sono 11 su 381 i comuni che hanno risposto all’appello.

Giovanni Falcone diceva che “l’impegno dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata è emotivo, episodico, fluttuante. Motivato solo dall’impressione suscitata da un dato crimine o dall’effetto che una particolare iniziativa governativa può suscitare sull’opinione pubblica”. A 18 anni dalla strage di Capaci è profondamente triste riscontrare come queste parole siano più che mai attuali. Un impegno episodico e fluttuante non può essere accettato, specialmente nella città del prefetto che sostiene che a Milano la mafia non esiste.

 

Giovanni Zanchi

 

(*)

www.sos-racket-usura.org

 


 



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