14 giugno 2010

L’IMPORTANZA DEI COMUNI PER L’ECONOMIA


 

Ho molto apprezzato l’articolo di LBG su La Repubblica dell’8 giugno. L’ho apprezzato sia nel contenuto, sia nel tono che, in sostanza, invita a una certa radicalità di visione che, soprattutto in tema di politiche territoriali, farebbe solo bene. Non si tratta nemmeno, forse, di fare le barricate, ma di esprimere una visione compiuta, limpida. E quindi radicale. Ci saranno mille occasioni per i compromessi, ma vogliamo una buona volta dire come la pensiamo?

Intanto provo a dire come la penso io, prendendo spunto proprio dall’articolo di LBG. In estrema sintesi penso che questo sia il tempo delle politiche trasversali, soprattutto in un paese come il nostro che deve salvaguardare, e possibilmente migliorare, i suoi fondamentali economici, ma contemporaneamente ridurre le disuguaglianze, far crescere l’occupazione, migliorare la competitività delle imprese, ristrutturare il territorio, ridurre il debito pubblico e far crescere gli investimenti. Non so se basta riportare la Moratti al Ministero dello sviluppo per risolvere questo rebus.

Dicevamo, politiche trasversali. Mi soffermo solo sull’intreccio tra politiche economiche, politiche del territorio e politiche sociali. Credo che in un’epoca di finanza pubblica debole, territorio devastato, disoccupazione e malesseri sociali crescenti bisognerebbe considerare le politiche di settore nei lori riflessi sulle altre componenti: i provvedimenti di carattere economico vanno valutati in considerazione delle ricadute sull’ambiente e sul benessere della popolazione; le decisioni che riguardano gli assetti del territorio vanno valutate per gli effetti, anche di medio e lungo periodo, che producono sull’economia e la coesione sociale; e così le politiche sociali vanno considerate in relazione ai riflessi che hanno sull’economia e sull’assetto del territorio. Forse non è tanto originale, ma comunque non si fa, né a livello locale, né a livello nazionale.

Torniamo alle politiche territoriali del comune di Milano. Questo PGT è figlio della bolla finanziaria e immobiliare come pure il quadro normativo delineato in questi anni dalla regione Lombardia. Il Problema, oggi, è la crescita economica, ma occorre una crescita non speculativa, che non incrementi la quota del settore immobiliare nel PIL, altrimenti tra qualche mese o qualche anno, saremo come la Spagna nel 2008. Occorre quindi che l’attività di programmazione e di pianificazione territoriale dei comuni italiani venga indirizzata a favore delle politiche industriali e delle politiche sociali, proprio perché sarà sempre più difficile l’intervento della finanza pubblica a favore delle imprese e delle politiche sociali. Questo significa che nelle scelte urbanistiche (ricordiamo che tutto ciò che è immobiliare è in qualche modo il sottoprodotto delle politiche territoriali dei comuni) andranno scoraggiate le dismissioni industriali e gli spostamenti su posizioni di rendita fondiaria e che tutta la parte residenziale di nuovo conio deve rapidamente trasmigrare dalla speculazione immobiliare in senso stretto (valorizzazione di un terreno – realizzazione – vendita – nuova speculazione) a una rendita di tipo tradizionale. Rendita, in economia, è in pratica sinonimo di affitto. Che rendita è quella che vediamo all’opera nelle nostre città?

Questo significa politiche trasversali. I comuni possono realmente coniugare cura del territorio, benessere civico e interesse economico nazionale. Possono ad esempio favorire una politica degli affitti. E qualcosa può metterci anche la sinistra: a proposito perché la cooperazione edilizia, invece di costruire e vendere a prezzi contenuti rispetto a presunti valori di mercato del tutto irrealistici e virtuali (tipo i 10.000 € al mq di Santa Giulia dell’edilizia libera, dove infatti non si è costruito ancora niente) non tornano a costruire a proprietà indivisa e a dare le case in affitto?

Ai giovani si può chiedere di più, gli si può anche chiedere di uscire di casa prima dei quarant’anni e di fare più figli, gli si può chiedere di essere flessibili e imprenditori di se stessi. Quello che non si può chiedere loro è di acquistare una casa senza avere un reddito, o di mettere su famiglia e diventare imprenditori senza avere una casa. Nei comuni si costruisce la salute economica e ambientale del paese e si producono le possibilità di benessere per i cittadini. Non è proprio il caso di lasciar fare tutto alla Moratti.

 

Mario De Gaspari



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