8 giugno 2010

FIERA: TAPPARE I BUCHI COMINCIANDO CON EXPO


Pochi sembrano aver percepito che l’attività fieristica è in grave crisi. I ricavi di FieraMilano spa (quotata in borsa) e sue controllate sono diminuiti del 3% nel 2009 e poi del 12% nel primo trimestre 2010 (su base annua). Il MOL (margine operativo lordo) è passato da 33 milioni nel 2008 a poco più di 20 nel 2009, e l’esercizio si è chiuso con una perdita ante imposte di quasi 5 milioni.

Ma la crisi è assai più profonda di quanto non appaia da questi numeri se si tiene conto delle varie sovvenzioni che la Fondazione Fiera Milano ha erogato nel periodo a favore della sua controllata. Nel luglio 2008 le sono stati conferiti in conto capitale i marchi (valutati 62 milioni) abolendo così l’affitto che FieraMilano doveva prima pagare alla Fondazione. La Fondazione ha anche ridotto di 5,6 il canone di locazione dei padiglioni. Poi la Fondazione ha istituito un “fondo anticrisi” di 40 milioni per sostenere l’attività fieristica. Circa 17 milioni sono già stati erogati nel 2009, e FieraMilano li ha contabilizzati tra i suoi ricavi; senza questo introito straordinario la caduta dei ricavi sarebbe stata del 9%, e la perdita ben maggiore. Altri 13 milioni verranno erogati dalla Fondazione nel 2010, ma, anche con questi, la prospettiva di FieraMilano resta quella di un ulteriore sensibile peggioramento della redditività.

Addentrarsi nei motivi della crisi di FieraMilano sarebbe troppo complesso. E’ chiaro tuttavia che la società non riesce a ridurre i costi operativi in risposta alla riduzione del fatturato, e sta poi soffrendo per investimenti poco fortunati, come quelli nell’editoria e nelle Rassegne (ExpoCTS, F.M. Tech, F.M. International), 40 milioni che hanno registrato un MOL negativo di 5 nel 2009.

Per capire da dove la Fondazione attinga i fondi per sostenere FieraMilano andiamo a leggere il bilancio della Fondazione, che chiude l’esercizio a giugno. La grande “fortuna” della Fondazione origina dalla vendita dell’area della vecchia Fiera a Citylife per 523 milioni, con un’enorme plusvalenza dato che il costo storico dei beni ceduti era negligibile. La Fondazione ha così potuto finanziare il nuovo polo fieristico di Rho-Pero prevalentemente con mezzi propri, tant’è che i debiti finanziari a giugno 2009 erano appena 123 milioni, a fronte di immobilizzi materiali netti di oltre 900 milioni e un patrimonio di 608.

La Fondazione ha pressoché un unico introito, l’affitto dei padiglioni a FieraMilano: in sostanza è un ricco ente immobiliare. Incassa affitti per una cinquantina di milioni ma ne spende circa la metà per personale, costi vari e oneri finanziari (questi pari a 13 milioni nel 2008/09, più del 10% dell’indebitamento finanziario!). Contabilizzando ammortamenti per 40 milioni il bilancio si chiuderebbe in sensibile perdita. Ma questa è coperta (nell’esercizio a giugno 2009) dalla plusvalenza di 58 milioni sul valore di conferimento dei marchi a FieraMilano, plusvalenza che, contabilizzata a conto economico, consente sia di “spesare” il fondo di 40 milioni a sostegno di FieraMilano sia di chiudere l’esercizio della Fondazione in utile (anche se il flusso di cassa è negativo). La Fondazione ha poi anche iscritto a patrimonio rivalutazioni di terreni per 54 milioni; di questi, 36 sono relativi all’area agricola Fiorenza, quella su cui sorgerà l’EXPO. Quest’area, che era a bilancio per 14,7 milioni, è stata rivalutata a 50,9 milioni.

La Regione Lombardia (tramite una newco) sta negoziando l’acquisto di quest’area (e di quella dei Cabassi) per una cifra che potrebbe avvicinarsi complessivamente a 200 milioni; si prospetta quindi a tempi brevi per la Fondazione un secondo maxi introito da plusvalenza immobiliare. Che farà di questi soldi la Fondazione? Continuerà a sussidiare più o meno occultamente FieraMilano, società quotata in borsa che dovrebbe invece essere esposta alla concorrenza come altre fiere? Fa senso che una somma così importante, forse più di 130 milioni, venga travasata dalla Regione, con fondi pubblici, a una Fondazione che non ha alcun bisogno né uso di tali fondi e che resta nella sostanza un ente pubblico anche se si è data uno statuto di diritto privato?

L’area dove sorgerà l’EXPO avrebbe potuto essere espropriata a valori di terreno agricolo senza compromettere minimamente la solidità patrimoniale della Fondazione. Sarebbe stato logico e doveroso che il maggior valore dell’area dovuto alla variante urbanistica da agricola a edificabile venisse interamente acquisito agli enti pubblici che realizzeranno l’EXPO, anche per coprire parte dei costi conseguenti, e ci si sarebbe atteso che la Fondazione, controllata da quegli stessi enti, consentisse di buon grado a quell’esproprio invece di negoziare accanitamente per massimizzarne il prezzo, come un qualunque immobiliarista privato.

 

Giorgio Ragazzi                                         



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