8 giugno 2010

LE AREE DELL’EXPÒ, LA CATTIVA FINANZA E L’UNITÀ D’ITALIA


L’articolo di Stefano Boeri sul prezzo delle aree dell’Expò merita qualche considerazione. Da un punto di vista tecnico è del tutto condivisibile. È ben vero infatti che la messa a reddito dell´area avverrà infatti fra qualche anno, ma il suo valore si deve calcolare oggi per allora tenendo conto della destinazione edificatoria finale. Tutto questo è giusto, troppo giusto, quasi tautologico: se le istituzioni imprimono all’area un determinato valore, quel valore lo devono poi riconoscere all’atto dell’acquisto. Il problema sta proprio qui. Una società o un fondo immobiliare quando acquistano un fondo agricolo, lo pagano in ragione delle volumetrie che hanno in mente di realizzare? È ben vero che oggi prevale la vocazione dell’area, il contesto urbanistico di riferimento, rispetto alla specifica destinazione d’uso, ma allora tanto vale dichiarare edificabile tutto il territorio provinciale e farla finita.

Boeri suggerisce di ragionare sul sito non dalla dismissione dell’Orto Planetario, ma dalla sua massima valorizzazione. Anche questo è un principio condivisibile e tra l’altro sarebbe conseguente allo spirito dell’Expò. Ma allora perché non andare oltre e dire chiaro e tondo che non c’è nessuna ragione plausibile per realizzare “dai 20 ai 30 grattacieli Pirelli” su quell’area? E che quindi non c’è ragione di valutare l’area secondo quei parametri. Che la finanza immobiliare si dia da fare per ridare corpo alla bolla speculativa è comprensibile.

Che lo facciano le istituzioni è un controsenso. Ed è insensato sia dal punto di vista dell’economia che dal punto di vista delle politiche sociali. Le istituzioni territoriali non hanno nessun interesse a prendere parte attiva alla valorizzazione immobiliare. “L’idea che la politica pubblica dovrebbe mirare a convalidare il mito del mattone, prevenendo costantemente il crollo dei prezzi delle case, è un errore madornale. Nel breve periodo un crollo repentino dei prezzi delle case può effettivamente sconvolgere l’economia, producendo effetti sistemici indesiderabili. Ma a lungo andare la caduta dei prezzi delle case è ovviamente una cosa buona.”

Il consiglio è di Robert Shiller e andrebbe seguito. Invece si sta facendo esattamente l’opposto: addirittura anche il patrimonio comunale potrà essere conferito in fondi immobiliari per essere valorizzato. Come sarà possibile, così operando, creare le premesse per una seria politica degli alloggi? Prima ti dai da fare per far crescere i valori immobiliari, poi dici che non hai risorse per sostenere una politica della casa! Non è un bel modo per avvicinarci alle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. All’assegnazione dell’Expò a Milano hanno festeggiato in tanti, ma i più contenti erano la famiglia Cabassi e i soci della Bastogi, che infatti è volata in borsa non ostante la crisi immobiliare. La Bastogi, società per le strade ferrate meridionali, nacque proprio all’indomani della raggiunta unità nazionale.

Costituita a Torino il 18 settembre 1862 per iniziativa del conte Pietro, già ministro con Cavour, la Bastogi si riproponeva appunto di collegare ciò che era stato da sempre separato, dando il proprio contributo alla realizzazione dell’Italia e degli Italiani. Il suo dinamismo fu da subito eccezionale, addirittura prodigioso. Colta al volo l’occasione per la creazione di un sistema di trasporti nazionale, la Bastogi batte sul tempo i Rothschild, ramo parigino, ormai pronti a chiudere il contratto, ottenendo subito la concessione per la costruzione e l’esercizio dell’intera linea adriatica da Ancona a Otranto.

La prima tratta, da Ancona a Castellamare Adriatico, l’odierna Pescara, viene inaugurata il 13 maggio del 1863. Erano passati meno di otto mesi dalla fondazione della società. Nemmeno un anno più tardi il treno arrivava a Foggia e in agosto raggiungeva Trani. Il 26 febbraio 1865 si completava il collegamento con Bari. Da fare invidia alla Salerno Reggio Calabria! E questo era solo l’inizio. La nazionalizzazione delle ferrovie avvenne nel 1906 e la Bastogi divenne una grande finanziaria. E fu anche il primo e il più importante degli enti Beneduce. Nel 1971 ci provò Sindona senza successo. Il resto è cronaca: banche, spin off e bolla immobiliare. È la cronaca della deriva della finanza nazionale. Quella finanza che un tempo ci ha provato davvero a fare l’Italia e che oggi ci lascia in braghe di tela!

 

Mario De Gaspari



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