7 giugno 2010

Scrivono Vari 08062010


Scrive Gabriele Mariani – Rubinelli, come molti che si definiscono “tolleranti” indicano con il dito il problema, esprimono qualche concetto ovviamente condivisibile, ma restano alla superficie. Essere omosessuali in Italia non è come essere omosessuali nel resto di (quasi) tutta l’Europa. Ove la condizione dell’omosessualità è considerata normale, ovvero una delle molteplici declinazioni dell’essere, la vita e le relazioni sociali dei gay sono in effetti meno appariscenti. Quando una minoranza si sente minacciata, alcuni suoi componenti, magari meno colti e rispettosi del prossimo, possono anche reagire in modo volutamente sopra le righe per mostrare la loro identita’. Si “urla” a volte per non sentirsi morire dentro.

La vergogna, se si deve parlare di questo sentimento, Rubinelli dovrebbe associarla a questo Paese che non ha ancora una legge a tutela delle coppie omosessuali, a questa Chiesa che all’Onu non ha votato a favore della mozione contro la depenalizzazione della pena di morte per gli omosessuali. Certo, un gruppo di gay sopra le righe a una cena un sabato sera può dare fastidio. A me ha dato molto più fastidio quando due anni fa al pronto soccorso del Fatebenefratelli il mio compagno non ha potuto vedermi mentre ero dall’altra parte della porta scorrevole in attesa di esami urgenti .

Una vita senza poter camminare mano nella mano col mio compagno come possono fare tutti gli eterosessuali, senza potergli dare un casto e tenero bacio per strada come possono fare tutti gli eterosessuali. E’ più facile indicare col proprio dito borghese e pontificare con la propria mente “tollerante” quando non si vivono sulla propria pelle le discriminazioni.

Scrive Valentina D’Urso – Ho appena letto l’articolo di Rubinelli sulle manifestazioni sbagliate e “violente” dell’omosessualità. Mi sembra uno scritto intelligente, affettuoso e ben articolato.

Scrive Gianni Mautino – Gentile Redazione, scrivo per lasciare un commento all’articolo sull’omosessualità. Vorrei partire innanzitutto dal titolo tanto altisonante e dalle pretese onnicomprensive quanto discutibile. La sgradevole esperienza vissuta dallo scrittore e dalla povera coppia di anziani credo che sia legata alla cattiva educazione di un gruppo di persone che incidentalmente, oltre ad essere maleducati, sono anche omosessuali. Credo di non essere l’unico a cui è capitato di trovarsi in una situazione analoga a quella descritta dallo scrivente, nella quale però gli attori protagonisti erano eterosessuali (o almeno così si capiva dalla conversazione), forse addirittura agghindati allo stesso modo dei gay descritti nell’articolo (visto che la contaminazione degli usi e dei costumi è cosa assai comune), sicuramente chiassosi e maleducati. Non sono però stato sfiorato dall’idea di dire “sono degli etero cafoni”, bensì che fossero semplicemente dei cafoni, indipendentemente dai loro gusti sessuali che risultano essere un accessorio che nulla toglie e nulla aggiunge al loro modo di comportarsi. Propongo un altro esempio, frequento una palestra in cui la maggioranza degli uomini iscritti appartiene alla categoria degli avvocati e commercialisti.

Vorrei sorvolare sui dettagli disgustosi delle conversazioni che spesso hanno luogo negli spogliatoi ma posso garantire che se una donna qualsiasi le potesse ascoltare non si sentirebbe certo felice e realizzata, eppure sono tutti rigorosamente etero certificati (?). E qui direi che la sedicente riflessione sull’omosessualità potrebbe trasformarsi in riflessione sulla maleducazione. Passando poi al commento del film di Ozpetek utilizzato come pretesto per descrivere una omosessualità fatta di bei modi e buoni sentimenti, di personaggi sotto le righe (au passage interpretati da attori eterosessuali…) direi che è alquanto discutibile.

Non entro nel merito della critica cinematografica in quanto non ne ho gli strumenti, ma vorrei solo sottolineare che la figura dell’omosessuale sensibile a causa delle sofferenze dovute alla sua condizione, artisticamente dotato poichè sintesi di componenti maschili e femminili, che sa stare al suo posto, visto che è abituato a stare nel suo angolino, la trovo un po’ ottocentesca e sicuramente intrisa di luoghi comuni. In buona sostanza quello che vorrei sottolineare è che uno stronzo è uno stronzo, indipendentemente dal fatto che sia gay o etero, giovane o vecchio, biondo o bruno! A ciò aggiungo che se un gay si comporta male sarebbe carino apostrofarlo, se proprio lo si deve fare, con “brutto stronzo” anziché con “brutto finocchio” anche perchè non mi verrebbe mai in mente di dire “brutto etero”! Come ultima notazione vorrei solo augurarmi che lo stesso gusto stilistico evidenziato dall’autore nella critica di magliette attillate e quant’altro si rivolga con pari orrore nei confronti di jeans a vita bassa che cedono sotto il peso delle trippe di obese eterosessuali o ai calzoni che ormai lasciano scoperta tutta la biancheria intima di maschi dall’indiscutibile sessualità. Grazie per la pazienza

Scrive Tiziana Bricchi – Ho appena terminato di leggere la riflessione sull’omosessualità a firma di Giulio Rubinelli e mi chiedo se ce ne toccheranno altre sugli etero, sui rossi di capelli, sulle persone alte, su quelle vegetariane. O se davvero è convinto che la maleducazione sia prerogativa dei froci, se pensa che la caciara delle compagnie numerose al ristorante sia esclusiva delle checche o se, semplicemente, pensa che il binomio omosessuale/fastidioso sia più condivisibile di qualsiasi altro tipo-umano/commento-negativo. Io, ad esempio, avrei puntato su vecchi-bresciani-in-vacanza/cafoni. E’ che poi non avrei potuto citare alcun film che invece mostri l’incredibile umanità del vecchio bresciano, dunque, probabilmente, non mi avreste pubblicato.

Ps: non è particolarmente incentivante dover scrivere una mail per commentare. Fossi in voi penserei a dei commenti diretti eventualmente moderati (pratica sulla quale comunque dissento ma piutost che gnent l’è mej piutost.)

Scrive Andrea Lucenti – Caro Giulio Rubinelli, ho letto il suo intervento su ARCIPELAGO MILANO. Mi è venuto quindi un commento, non molto profondo, ma spero ne apprezzi la spontaneità. Quello che lei non ha gradito del gruppo di gay incontrato al ristorante è il comportamento incivile tenuto in un locale dove si divide lo spazio con altri. L’aspetto sgradevole aveva a che fare con le scelte sessuali (o col genere, come si dice oggi) o solo col fatto che si trattava di un gruppo di persone con poca civiltà nella loro formazione culturale? Quanti gruppi analoghi ha incontrato, intendo di persone incivili, che non erano manifestamente omosessuali? Insomma davvero non capisco cosa centri il basso livello sociale e culturale con il fatto che fossero dichiaramente gay. Gay ci sono in tutte le classi sociali e le conformazioni di carattere, appunto distribuiti uniformemente (o meglio gaussianamente) su tutte le tipologie di uomini e donne. Avrei capito di più un titolo RIFLESSIONI SULLA INCIVILTA’, me lasso, ben rappresentata in molti luoghi dell’odierna Milano e sfortunatamente anche durante la sua serata di (tentata) ittica goduria.

Scrive Alfredo Gritti – Cosa centra tutto questo con una riflessione sull’omosessualità? Ogni volta che vedo eterosessuali che fanno, per cosi dire, “bordello”, che si fermano per strada a caricare una bella di notte, non penso che tutti gli “etero” siano cosi, non faccio quest’equazione. Perchè per essere omosessuali accettabili, bisogna per forza essere, buoni, gentili, delicati, sinceri, generosi e altruisti e soprattutto discreti? Quanti etrosessuali maleducati incontra ogni giorno? Molti, sicuramente. Io vorrei essere in un mondo che non richiede a nessuno, per poter vivere, di essere più intelligente, più fine. Gli omosessulai sono come tutti gli altri. C’è chi è educato e chi invece no, non faccia differenze di genere. La maleducazione non ha preferenze sessuali.



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