24 maggio 2010

SHANGHAI E LA PICCOLA MILANO


Arduo pensare a Shanghai e alla sua Expo mentre Milano patisce la sua Expo a venire, ancora più arduo tentare un discorso per indicare similitudini e differenze tra due città che più diverse non potrebbero essere anche se nel lontano 1979 furono gemellate in virtù delle arcane logiche che sempre pare presiedano a questi affratellamenti internazionali, pretesto per scambi di visite troppo spesso inconcludenti. O addirittura causa di incomprensioni e di gaffes clamorose che sfiorano il ridicolo, o l’incidente diplomatico, come accadde nel 1994 quando a Shanghai arrivarono contemporaneamente due delegazioni lombarde, una del comune capoluogo, l’altra della regione, per perseguire finalità simili: ma siccome l’una era partita all’insaputa dell’altra, quando si incontrarono su suolo cinese si guardarono in cagnesco mettendo in grave imbarazzo le autorità ospiti che ancora si domandano: ma quanto sarà mai grande questa Lombardia? E come mai questi lombardi rifiutano persino di incontrarsi fra loro? Eppure sia comune che regione erano a guida della Lega e, se non fosse stato per la brillante idea del sindaco di Shanghai di invitare Formentini e Arrigoni a bere un caffè assieme alla fine degli incontri, i due sarebbero ripartiti l’uno all’insaputa dell’altro, proprio come erano arrivati.

Così Shanghai ha scoperto Milano e la Lombardia. In quegli anni ha scoperto anche l’Italia. I 300 miliardi promessi dall’allora Ministro degli Esteri De Michelis per lo sviluppo di Shanghai non si sono mai visti, finiti nel tourbillon di Tangentopoli che ha coinvolto anche il settore della cooperazione internazionale.

Ora Shanghai ha dimostrato di poter fare a meno di quel nostro aiuto, chi ancora se ne ricorda non recrimina, sorride, pago dei nuovi grattacieli e della recente dinamica prosperità. Quest’anno la città ha raggiunto un altro dei suoi “ambiziosi primati”. Alberto Moravia che la visitò nel 1936 si accorse che, per l’appunto, era “città dagli ambiziosi primati”.

Voleva avere di tutto e di più, era frenetica, ingorda, fibrillante. Non ho conosciuto la Shanghai di allora ma quella castigata da Mao, poi quella risorta con Deng, poi quella di oggi con la sua Expò. Che sarà, a sentire i cinesi, l’Expò più mirabolante di tutte quelle passate e di quelle a venire. Anche di quella di Milano? Non so come era Milano una volta, per me prima romana e poi pechinese: era una città che mi veniva raccontata in tanti film in bianco e nero, una parlata strana con tutte le vocali chiuse, certo ambiziosa, con tutti che dicevano di avere il cuore in mano e “ci pensavano loro”, i cummenda, sempre presi in giro dai nostri romanissimi eroi di celluloide. Ma la realtà milanese suppongo che non fosse quella.

Quando sono approdata in questa città che ormai considero più o meno mia, avevo alle spalle Roma, Pechino e Shanghai. Sono diventa milanese? Non lo so, comunque mi accade di soffrire talvolta per Milano che ora ha i suoi “senatur”, specie quando penso che, per l’Expo, riceverà il testimone da Shanghai. Non vorrei che perdesse troppo la faccia e penso che dovrebbe dimostrare per lo meno di essere un po’ più aperta, più cosmopolita come lo è Shanghai, per sua storica vocazione. Ma il retroterra di Shanghai è la grande Cina, il Pacifico, mentre quello di Milano si sperava che fosse l’Europa tutta e invece si teme che sia la Padania.

 

Renata Pisu



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