24 maggio 2010

COME I BONZI MORIRE PER UN’IDEA



Quando sono disperate le donne usano il corpo come disperato tentativo per farsi ascoltare. E’ quello che, giovane tirocinante in un centro di salute mentale, ho imparato di fronte a una donna che aveva tenuto a lungo le mani nell’acqua bollente perché non sapeva come altro urlare la sua sofferenza di fronte a una famiglia che non le permetteva di respirare. E’ quello che mi è tornato in mente leggendo della protesta di Mariarca Terraciani, morta dopo essersi svenata per portare l’attenzione sul fatto che l’Asl di Napoli non paga gli stipendi. Tanti anni fa l’empatia per la sofferenza di quella donna mi aveva fatto intuire che mai sarei stata capace di prendere la giusta distanza per aiutarla e mi aveva così orientato verso altri percorsi. Ieri di fronte alle pagine che raccontavano di Mariarca ho avuto la tentazione di distogliere lo sguardo, ho dovuto farmi violenza per continuare a leggere; poi ho pensato che davvero non potevo, che qui è in gioco qualcosa che riguarda tutte le donne e tutti gli uomini di questo paese, che dobbiamo guardare e guardare ancora questo pozzo nero nel quale stiamo precipitando e pensare e porci domande e trovare qualche risposta. Stanotte il pensiero della sofferenza di Mariarca e di quella dei suoi bambini mi tiene sveglia e non voglio distogliere lo sguardo.

Perché oggi in Italia donne e uomini disperati non hanno altre risorse che esporre al pericolo i loro corpi sui tetti, sulle gru, negli ospedali, per farsi sentire? Dove sono la solidarietà, la fratellanza, che da sempre permettono a chi è sfruttato di urlare la sua ribellione sapendo che non è solo, che altri sono con lui, che insieme sarà possibile trovare una soluzione? Cosa ha incrinato a tal punto la fiducia collettiva da far sì che le vie percorse siano così lesive dell’esistenza stessa delle persone? Certo gran parte della responsabilità sta nell’impermeabilità dei mass media, gestiti da un potere che sa di avere nell’obnubilamento delle coscienze la sua arma più forte. Non è però questa l’unica causa dell’afasia collettiva e non è su questa che vorrei oggi soffermarmi.

C’è un’altra causa che ci riguarda più da vicino. E’ la perdita di fiducia nella comunità, nell’esistenza di un sentire condiviso, che porti a un agire comune. Si tratta di una perdita di fiducia tragica che sta rovinando il nostro paese e le sue, poche, possibilità di sopravvivere come luogo di convivenza civile. E la responsabilità di questa perdita risiede in gran parte nelle forze dell’opposizione. Sarò brutale: chi governava fino a pochi mesi fa la regione Campania e le sue Asl? Gli stessi signori, temo, che hanno lasciato nella stessa regione deteriorare la situazione rifiuti fino a regalare al nostro ineffabile premier un interminabile e gratuito spot. Io però non ho mai sentito qualcuno di questi signori ammettere apertamente le sue responsabilità, dare le dimissioni, porgere scuse.

Qualche tempo fa’ ad Annozero Bersani parlava dell’orgoglio del Pd. Io rispetto profondamente Bersani, penso sia un leader onesto e capace, uno che non ti racconta storie. Lo guardo e penso che ha una faccia vera, che comunica anche preoccupazione e tristezza per quello che questo paese sta diventando. Che sia qualcuno a cui dare fiducia l’ho capito quando sono andata a votare per la leadership del PD con mia figlia sedicenne. All’uscita, di fronte a me e a mio marito, che avevamo votato Marino, Caterina ha comunicato di avere invece votato Bersani perché dei tre le sembrava il più “solido”. Ho pensato che se sapeva conquistarsi con tanta nettezza la fiducia di una sedicenne forse poteva davvero traghettarci fuori dalle secche in cui ci eravamo impantanati. Poi però… che malinconia, D’Alema e la Puglia e non è una sconfitta… L’orgoglio non basta. Ci vuole un ripensamento vero, una rinascita.

Io credo che ci sia una sola strada per uscirne vivi. Dire apertamente gli errori fatti, chiedere apertamente scusa. Per l’Asl di Napoli, per esempio. Perché, se non ci sono più soldi in una regione per decenni governata dal centro-sinistra, qualcuno dovrà pure prendersi la responsabilità di parlare, spiegare, chiedere scusa, progettare una riparazione. Come in qualsiasi relazione di amicizia, di coppia, tra genitori e figli, si può restaurare la fiducia reciproca solo ammettendo gli errori e ragionando insieme su come ripararli. Di fiducia abbiamo prima di tutto bisogno. Di poter pensare che non tutti rubino, che non tutti approfittino della cosa pubblica, che governi qualcuno come te, con il mutuo, qualcuno disposto ad andare a casa se sbaglia e, comunque, dopo quattro/otto anni di onorato servizio perché nessuno gestisce la cosa pubblica per diritto di nascita e i politici di professione di danni ne hanno fatti abbastanza, quasi come i banchieri.

Nel baratro in cui siamo sospesi, tra Grecia e Argentina, dobbiamo a mio parere tentare la coalizione degli onesti. Mettere caparbiamente insieme chi tenta di contrastare ruberie e protervie, il vecchio cuore catto-comunista, i viola, i grillini, chi marcia oggi per la pace, chi si preoccupa soprattutto dell’ambiente, chi tenta di opporre le ragioni di un paese normale alla prepotenza di chi vuole imporre le grandi opere per lucrare sugli appalti. Dobbiamo avere il coraggio della pulizia. Forse perderemo ancora. Ma restaureremo quel legame tra noi che è la prima ragione di un cambiamento.

 

Chiara Volpato

 

 

 

 


 



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