17 maggio 2010

LE ELEZIONI DEL 2011, IL PD, IL CAMBIAMENTO RADICALE


Manca un anno esatto alle elezioni comunali. Il 2011 sarà l’occasione per “ritentare” la sfida per il governo della città. Non è facile prevedere il contesto nazionale nel quale “cadrà” l’appuntamento ambrosiano. E forse alla fine questo è un bene. Nel senso che la partita è tutta sulle nostre spalle.

E quando dico “nostre” mi riferisco a uno schieramento ampio che va costruito con un’unica ossessione: la proposta per la città. Che vuol dire un nucleo di priorità chiare, identificate in modo inequivocabile, che partano dalla città che si ha in mente e che rendano il centrosinistra milanese maggiormente riconoscibile. O meglio: finalmente riconoscibile.

Sul tema, sulle difficoltà del centrosinistra e del PD, locale, nordista, nazionale, vi è un’ampia letteratura e le opinioni (che spesso portano a conclusioni di segno contrario) non mancano.

Anche Arcipelago le ospita e le ha ospitate. Non voglio aggiungermi ulteriormente al coro poiché è inequivocabile – e sminuire il tutto è semplicemente ridicolo – un fatto: noi dobbiamo ri-generare il centrosinistra. Non “aggiustarlo”. Non bastano quindi piccole operazioni sulle facce o su qualche parola d’ordine. E magari Milano può essere un buon banco di prova. La prima domanda da porsi, nella sua brutale semplicità, in un tempo di ricostruzione, può essere che tipo di cambiamento dobbiamo offrire candidandoci a essere un’alternativa credibile e ambiziosa al centrodestra. Rispondo, per quella che è la mia personalissima opinione, così: serve un cambiamento radicale.

Non basta, al futuro di questa città, un aggiustamento di look. Prendiamo la gestione della cosa pubblica. L’amministrazione comunale, laddove servirebbero legalità, efficienza, meritocrazia, è segnata dal caos che contraddistingue le società partecipate, spesso protagoniste di episodi di malagestione e di pura occupazione del potere, da palesi irregolarità, da una scarsa efficienza complessiva della “macchina”, dall’assenza sistematica di chiarezza (vedi alla voce: EXPO 2015), da scelte che hanno colpito eccellenze appartenenti alla storia della città (basti pensare alle scuole civiche, un esempio piccolo piccolo ma che racconta bene quel che è accaduto).

O ancora pensiamo alla questione della qualità della trasformazione urbana. In una metropoli che non concepisce il Piano di Governo del Territorio come l’opportunità attraverso la quale far vivere la limitazione del consumo di suolo con le politiche della riqualificazione, del riuso, nonché con il recupero del valore degli spazi “pubblici” e di “vita” come ciò da cui si debba poter ripartire (e invece siamo al contrario: sono stati singoli interessi privati a muovere le trasformazioni disegnando all’impazzata le scelte). Oppure, giusto per riferirmi a un’altra questione ancora, dirigiamo il nostro sguardo verso il tema energetico. Quali sono le scelte di fondo? Perché a2a insiste sul nucleare e l’amministrazione cittadina non muove le proprie attenzioni verso un piano, ad esempio, di dotazione degli edifici pubblici di impianti per il solare, il fotovoltaico ?

Dove sono le scelte volte a sostenere il risparmio energetico, nello stesso PGT, ad esempio? Insomma, per farla breve, io la vedo così: dobbiamo mettere assieme, in pochi mesi perché di tempo ne abbiamo poco, idee, energie e intelligenze. Scegliere un buon candidato, evitando di riciclarne qualcuno proveniente dal passato, attraverso le primarie. Realizzare un’alleanza vasta che si consumi le suole nel rapporto con la città. E farlo sapendo che i tanti tentativi generosi prodotti sin qui assolutamente non bastano.

Non hanno segnato a sufficienza non dico l’immaginario ma nemmeno la consapevolezza dell’opinione pubblica più avvertita. Penso a questi quattro anni che abbiamo condotto in consiglio comunale facendo opposizione. Sono stati i consiglieri comunali i primi a denunciare il crack della ZINCAR, a porre pubblicamente il tema della necessità di un’azione del Comune contro le mafie, a proporre soluzioni utili alla città per rimediare ai guasti provenienti dalle operazioni in derivati, a imporre un confronto durissimo in consiglio comunale sul PGT, a proporre il principio ineludibile della difesa dell’acqua pubblica, a dire (rivolgendosi anche al centrosinistra che governa) “mai più politici nei cda delle partecipate”, a denunciare doppi incarichi e sprechi, a ottenere l’istituzione di un fondo (pur limitato) anticrisi. E tuttavia questo non è bastato.

Perché ora, certo senza buttare quanto si è realizzato in consiglio spesso nella solitudine e nella totale assenza dell’azione dei partiti fuori dal consiglio medesimo, si deve arrivare alla costruzione di un valido progetto per Milano che sia ben più della sommatoria dei “no”. Esercizio utile se i partiti mostrano più coraggio e “velocità” (credo che si stia andando troppo lentamente, lo dico da tempo) e la cosiddetta società civile interessata offre il proprio contributo mettendosi realmente in gioco, cioè schierandosi direttamente con la propria “faccia”.

  
 

Pierfrancesco Majorino



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