17 maggio 2010

“ADA” DI ELISABETTA SETNIKAR


Quando leggo “Ada” mio nonno è in procinto di abbandonarci. Un giorno si è presentato a casa ed era tutto giallo. Come un Simpson. Era il fegato. Sarà per questo che mi ha colpito. Sarà che le persone vanno e vengono, ma quando si spengono non le riavrai mai più. Dopo un po’ riesci anche a farci il callo. Se così vogliamo dire. E quando poi ci fai il callo riesci a riflettere. Non le rivedi nel cuore della notte a fianco a te nel letto, affacciate al balcone di casa quando torni la sera, nel volto di ogni passante. Te ne fai una ragione insomma. E magari riesci anche a scrivere. Ma di tempo ne passa. E siamo tutti uguali. Non dobbiamo essere scrittori professionisti, intellettuali o giornalisti. Di fronte alla morte siamo tutti dei grandi artisti. Nella memoria, siamo tutti grandi artisti. Ma ci vuole coraggio, e tanto, per ricominciare. Perché scrivere di una persona smarrita è come forzare una ferita finalmente rimarginata e ogni parola diventa un dolore incommensurabile. Scrivere è lo stadio finale.

Elisabetta Setnikar ha compiuto questo passo. Ha riaperto quella ferita e ne ha fatto un libro. Ha voluto condividere con qualsivoglia lettore quel suo dolore splendido, fatto di bellezza, armonia e piatti deliziosi. Ha scritto un romanzo biografico della sua esperienza. Dei suoi affetti. Dei suoi ricordi di bambina. Ha scritto un libro su sua nonna. Un libro semplice, genuino che profuma di pane e vino rosso. Ne è intriso. Nelle descrizioni delle foto, negli echi dei corridoi in penombra di case che non esistono più, di luoghi che non ritroverete se non nella memoria delle persone di chi c’è stato, di chi ne ha accarezzato le superfici, gli angoli ora troppo impolverati. Quella che ci viene proposta è un’opportunità. L’offerta di ritornare in un mondo perduto, lontano ma al contempo vicinissimo, fatto di essenzialità, al di fuori del superfluo che oggi ci sommerge e soffoca. Ecco, essenzialità è il termine intorno al quale verte l’intero libro dell’autrice milanese. Essenzialità dei luoghi, delle voci, dei respiri, dei mobili, delle parole, dette o meno, degli amori che sempre saranno gli amori per l’eternità.

E poi il distacco. Come il risveglio da un bellissimo sogno. Si cerca di ricordare, ci si spreme le meningi e si prova a richiudere gli occhi, a imporsi il sonno per tornare là, in una dimensione parallela e astratta. Ma invano. Allora si cerca di ricostruire, da principio. Il diario di un sogno. Con protagonisti che per una notte ci sono appartenuti e che non saranno mai più nostri, ma che sempre ricorderemo con un sorriso. Semplice ed essenziale, come un sogno.

Questo racconto ci conduce su un’importante tematica vittima di disattenzione generale- l’anzianità. E la solitudine che l’accompagna. “Ada” ci riporta ai valori della famiglia oggi ampiamente vilipesi da una politica omofoba e bigotta, lontana dalle esigenze delle persone, dimenticandosi dei fondamenti della famiglia: il passato. Coloro a cui dobbiamo tutto ciò che siamo. Coloro che oggi stanno sdraiati in cliniche pubbliche e private, o peggio a casa, con lo sguardo perso nel vuoto, abbandonati dai loro cari al proprio destino. Muti nei loro ricordi di ciò che hanno dato o meno. Persi nei loro rammarichi, nelle loro mancanze di esseri umani. Con i propri sbagli e pregi. Vedendo giorno per giorno la loro dignità abbandonarli insieme alla propria indipendenza. Schiavi di un corpo che non risponde alle esigenze minime e nessuno con cui parlare, magari giusto per lamentarsi e venire ascoltati. Figli, nipoti che hanno dimenticato un altro valore- la memoria. I cui custodi altri non sono che loro, i nostri nonni. Unica chiave per imparare dagli errori, i loro, quelli della storia, i nostri. Inascoltati e sottovalutati.

Riepilogando, il romanzo di Elisabetta Setnikar è un inno ai valori dimenticati da una società toppo spesso egoistica, tesa all’arricchimento personale, figlia di quel superfluo dilagante e incontenibile che regola le nostre vite. Rispetto, Memoria ed Essenzialità, parole armonicamente intrecciate tra loro in un’opera che oggi non solo merita di essere letta, ma diventa addirittura necessaria. E magari può trasformarsi in una visita troppo a lungo posticipata e che anche voi aspettavate il momento di fare.

 

Giulio Rubinelli

 

 

 

 

 

 

 

 


 



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