17 maggio 2010

ARREDO URBANO: TROPPI CERVELLI PER L’OVVIO


Il nostro sindaco, forse per compensarci del cattivo tempo, cerca di tenerci allegri con le sue trovate: questa volta si è inventata la “Commissione per l’arredo urbano”. Tutto da ridere e per fortuna tra i commissari c’è Giorgio Forattini che non ci farà mancare qualche irriverente vignetta sui lavori di tanto paludata commissione.(*) Di che cosa dovranno occuparsi lorsignori non è del tutto chiaro, chi dice della sistemazione dei monumenti e opere d’arte in città, chi di restyling di piazze e strade e chi ancora di cose più minute: “Dal tombino al monumento” tanto per parafrasare un vecchio detto – “dal cucchiaio alla città” – che non ricordo se pronunciato da Gropius o da Rogers.

Comunque, tanto per intenderci, secondo me l’arredo urbano comprende quattro le categorie di oggetti che normalmente percepiamo come presenti nello spazio aperto della città. Ci sono gli infiniti oggetti tecnologici che i sottoservizi urbani non sono riusciti, spesso per cattiva volontà, a nascondere sotto terra o a celare decorosamente: cassette di derivazione dei telefoni, chiusini di gas, acqua e così via, accessi ai servizi in interrato e intercapedini, trasformatori elettrici a palo e altro ancora. A questi aggiungerei i fili del tram e loro annessi che hanno reso il cielo di Milano una sgradevole ragnatela. (altrove, credetemi, non è così).

Una seconda categoria riguarda tutti gli oggetti legati al traffico veicolare e pedonale e alle sue regole; qui a ben vedere dovremmo anche aggiungere oltre ai cartelli stradali forme e tipi di marciapiedi e spartitraffico, interdittori di sosta, parapetti fissi e transenne.

Terza categoria i cosiddetti oggetti di cortesia e del viver civile: cestini porta rifiuti, panchine per la sosta, fontanelle pubbliche e, da non dimenticarsi, i pali dell’illuminazione urbana, che stanno sul versante della tecnologia ma che in fondo sono proprio oggetti di cortesia (e sicurezza), edicole e chioschi.

Ultima, sembrerebbe quella più adatta alle competenze della commissione, quella costituita dai monumenti e dalle opere d’arte all’aria aperta. Di quale di queste categorie di oggetti si occuperanno dunque? Dovrebbero non lasciar fuori nulla ma in questo caso mi sembrano competenze prevalentemente estranee alla professione della maggior parte dei commissari. Forse la prima cosa da farsi sarebbe stato un elenco completo di chi, a vario titolo, posa oggetti in città e chi semplicemente ne autorizza la posa.

Attorno a questo tavolo si dovrebbe convenire che ognuno levi di mezzo quel che non gli serve più e subito dopo fare quattro chiacchiere sull’utilità di ogni singolo oggetto. Subito dopo accertare quale sia lo stato di manutenzione degli oggetti e soprattutto se la loro posa sia stata corretta (i pali storti non sono una fatalità) e se gli oggetti posati abbiano le caratteristiche per adattarsi alle singole situazioni (un cestino per la carta a forma parellelepipeda posato su un marciapiede inclinato – e i marciapiedi per scolare l’acqua devono essere inclinati – ha un’aria di provvisorio terribile) e così via. Di qui emergerebbero molte indicazioni agli eventuali progettisti per il nuovo.

Sempre attorno allo stesso tavolo si dovrebbe discutere della solidità degli oggetti e della loro capacità di resistere all’usura del tempo (la maggior parte dei cartelli stradali sono ruotati rispetto alla loro posizione iniziale e gli ultimo modelli di semaforo in plastica hanno la curiosa abitudine di aprirsi). Finalmente arriviamo agli spartitraffico e ai cosiddetti salvagente. Accetto scommesse su chi mi porta un esempio straniero di doppio gradino: gli incroci sembrano il gioco del flipper dove noi e automobili siamo palline impazzite. Lasciamo da parte gli scivoli per handicappati e l’asfalto che vi cola d’estate e altre minuzie.

Potremmo andare avanti all’infinito parlando della qualità dell’asfalto e della segnaletica orizzontale ma a questo punto ecco la domanda: ci voleva una commissione per risolvere questi problemi? Saranno forse buoni per scegliere le panchine o il modello di cestino porta rifiuti o la collocazione di qualche opera d’arte, per il resto si tratta prevalentemente dell’arte del ben costruire da un lato e dal non dare per scontato il principio che l’impedimento fisico ( gradini, parigine, catenelle e allargamento di marciapiedi) possa sostituire l’ossequio spontaneo alle norme o, ancora meglio la buona educazione.

 

Luca Beltrami Gadola

 

(*)

Stefani Zecchi (Professore ordinario di Estetica) – Italo Rota (Architetto) – Andreas Kipar (architetto paesaggista) – Gianni Mezzanotte (storico dell’architettura) – Gabriele Basilico (fotografo) – Pierluigi Nicolin (professore ordinario di Composizione Architettonica) – Roberto Peregalli (architetto) – Arnaldo Pomodoro (scultore) – Angiola Tremonti (artista, scultrice) – Alessandro Balducci (professore ordinario di pianificazione territoriale) – Marco Romano (professore ordinario di estetica) – Flavio Caroli, (docente di Storia dell’arte moderna) – Angela Vettese (docente di storia dell’arte contemporanea) – Giorgio Forattini (disegnatore satirico) Antonio Anzani (architetto) – Andrea Boschetti (architetto Studio
Metrogramma)



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