10 maggio 2010

MODELLO GRECO ANCHE PER NOI?


Una domanda insistente, ma solo sussurrata, serpeggia da qualche tempo nelle nostre città. C’è quasi il timore di procurare danni e il tono di voce si è fatto angoscioso con lo scorrere sui nostri teleschermi delle immagini della Tragedia Greca. “Come siamo messi in Italia?” Eh sì, bisogna cercare di rispondere in qualche modo, perché le risposte tutte politiche hanno perso di credito, da quando è stata posta la pregiudiziale dell’ottimismo a tutti i costi. Se si sostiene in premessa che bisogna dire solo parole di ottimismo è difficile che le dichiarazioni trionfalistiche vengano considerate sincere! È uno dei più classici paradossi della comunicazione, uno dei primi esempi che si fanno nei corsi di psicologia: la premessa conta più di tutto il resto. Se ti dico che “da questo momento in poi racconterò frottole”, è impossibile che tu possa credere a quello che dico dopo.

Eppure l’Italia, non ostante le sue storiche debolezze, alcuni punti di forza importanti li possiede davvero. Solo che, in questo clima di pubblicità progresso, si fa fatica a distinguere il vero dal falso, ciò che è importante da ciò che è secondario. Soprattutto in un mondo così grande e nello stesso tempo così piccolo, non è facile per nessuno darsi un ruolo, prendersi delle responsabilità. La tentazione di cambiare canale è molto forte.

L’Italia dunque ha qualche asso di riserva, ma deve giocarlo bene. Vediamo. Il nostro sistema bancario è solido: l’affermazione è vera, ma non in assoluto, perché le banche detengono una gran quantità di titoli di stato nostrani e se va male il paese, vanno male anche le banche. Anche le nostre banche inoltre speculano in borsa, giocano con i derivati e si sono inserite in maniera irresponsabile in troppe avventure immobiliari. Altri paesi hanno fatto di peggio: anche questo è vero, ma le distanze si stanno riducendo. Se cambiamo la tendenza degli ultimi anni possiamo ancora mantenere un certo vantaggio, altrimenti tra un po’ saremo come gli altri. Un provvedimento che vietasse alle banche di partecipare ai fondi immobiliari darebbe maggiore solidità all’economia e libererebbe un po’ il territorio dalla morsa speculativa. In America stanno pensando a qualcosa di simile.

L’Italia ha un forte debito pubblico, ma in compenso le famiglie sono meno indebitate che negli altri paesi europei. Anche questo è vero, ma anche qui le distanze si stanno riducendo: dall’entrata in vigore dell’euro a oggi l’indebitamento delle famiglie italiane è quasi raddoppiato e tocca ormai il 60% del reddito disponibile. Il vantaggio c’è ancora, ma gli altri, per quanto spompati, sono in rimonta. Se perdiamo tutti i vantaggi rimarranno sono gli svantaggi, e allora saranno dolori!

Il problema, dicono tutti gli economisti, è che il paese torni a crescere. È vero, ma è come dire a un malato che sarebbe meglio che guarisse. Ricordo che da ragazzi a un amico non particolarmente attraente che non riusciva mai a combinare niente con le ragazze, c’era qualcuno che consigliava di diventare più bello. Ma si capiva che lo stava prendendo in giro! Ammettiamo pure per un momento che per crescere occorra lavorare di più, rinunciare all’idea del posto di lavoro sicuro, essere più disponibili a rischiare. Ma come possiamo tenere insieme tutto questo con una prospettiva in cui l’indebitamento è l’unica possibilità per costruirsi un futuro? Se non hai un lavoro sicuro non ti danno il prestito per la casa, e se non hai una casa è difficile che tu riesca a organizzare la tua vita in modo da trovarti un buon lavoro e crearti una famiglia.

Il problema della casa oggi tiene veramente assieme territorio, economia, benessere presente e sicurezza per il futuro. Se vogliamo che la gente, soprattutto i giovani, siano più disponibili, più creativi, più disposti a rischiare, bisognerebbe almeno offrir loro una certa sicurezza alloggiativa. Se puoi cambiare casa con una certa facilità sei più disponibile a tentare strade nuove, puoi accettare di buon grado il trasferimento lavorativo in un’altra città. Forse è meglio smetterla di parlare a vanvera d’innovazione e produttività. Risolviamo il problema della casa e liberemo una montagna di energie! Quelle energie che oggi sono compresse, mortificate e depresse nella ricerca della casa e, quando va bene, nel pagamento di un mutuo che per trent’anni ha già ipotecato il tuo futuro. Un po’ di alloggi in edilizia convenzionata a 3.000 euro al metro quadro in cambio della speculazione non risolvono nulla e continuano ad aggravare i problemi, peggiorando tutti i fondamentali del paese. Bisogna assolutamente creare un mercato di case in affitto, è lì che devono essere investite le risorse. Occorre assolutamente chiudere i rubinetti alla speculazione e aprire i rubinetti per costruire case per chi ne ha bisogno. La rendita ci sarà ancora, ma occorre accelerare il transito da una rendita tutta speculativa, mordi – fuggi – specula ancora, a una rendita di tipo tradizionale. È bene ricordare che la rendita fondiaria nell’economia classica è sinonimo di affitto, non la plusvalenza della valorizzazione immobiliare. I comuni hanno tutti gli strumenti per poter giocare bene questa partita.

 

Mario De Gaspari



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