10 maggio 2010

MILANO: BUCHI E BACHI DELL’ARMATA BRANCALEONE


In assenza di visioni e strategie, l’arte di arrangiarsi. Non può che essere raccontato così l’ultimo buco emerso nella gestione delle municipalizzate milanesi: quasi 3 milioni di Euro di perdite della società Milano Sport. Cifra resa nota pochi giorni fa, per fare fronte alla quale il Comune ha inventato un conferimento di emergenza di un immobile di 11 milioni di valore che verrà utilizzato a garanzia di prestiti presso le banche. Colpisce, accanto alla crescente attività tappabuchi del Comune, l’assoluta assenza di decisioni strategiche su una società la cui gestione degli impianti sportivi appare in evidente deficit strutturale. Ma sul tema strategico il silenzio è totale, identico a quello registrato nel penultimo buco della serie del governo meneghino del ‘fare’: 3 milioni di perdite della società che gestisce l’Ortomercato, Sogemi, con un presidente uscente che seraficamente dichiara: “Ho puntato tutto su una città del Gusto che non si è fatta “. Come dire: cosa fatta capo ha. E via libera alla sua nomina per meriti alla Presidenza di Milano Ristorazione, di cui si attendono con trepidazione i bilanci futuri.

Il terz’ultimo buco della managerialità pubblica milanese rimane indimenticabile per quantità e qualità: un crack di 18 milioni di Euro per il fallimento di Zincar, la società impegnata per statuto in progetti di mobilità sostenibile realizzati a favore del Comune o di enti pubblici. Qui la vicenda è assai delicata, perchè si attendono gli esiti di un’indagine penale che probabilmente non fa dormire sonni tranquilli a qualcuno. Politicamente parlando il vulnus per il caso Zincar è doppio, perchè racconta anche, al di là dei mancati controlli, dell’assoluta latitanza del Comune di Milano nella gestione strategica della società. Questa latitanza è ben sintetizzata nel capitolo ‘Principali cause della crisi’ scritto dai liquidatori che l’anno scorso hanno portato i libri di Zincar in Tribunale. In quel capitolo si sottolinea infatti che dal 2006 la società aveva interrotto l’afflusso di commesse pubbliche e di ricavi perchè un decreto del Ministro Bersani aveva vietato alle società pubbliche come Zincar di vivere di finanziamenti regionali o europei.

Di fronte a questo nuovo quadro il responsabile delle partecipate – Letizia Moratti, sindaco con delega sulla materia – avrebbe dovuto porsi il problema di quale futuro e missione dare (se potevano esistere) a una società che da quel momento avrebbe prodotto solo costi e non più ricavi. Invece per tre anni nessuno si pose il problema, e anzi Zincar divenne un’agenzia di collocamento per consiglieri comunali: ricordiamo il presidente con cui si arrivò al fallimento, aderente al gruppo del PDL.

Tra un buco e l’altro, nella gestione degli asset municipali, ha trovato spazio anche qualche indimenticabile baco. Ci riferiamo alla cessione di Metroweb da parte di AEM, formalizzata nel 2007 con il via libera del Sindaco Moratti a condizioni equiparabili più al dono che alla vendita. La società, proprietaria della più capillare rete metropolitana in fibra ottica del mondo, venne infatti venduta con un clamoroso sconto (70%) rispetto a quanto AEM aveva pagato tra anni prima per diventarne azionista unico. E che il prezzo fosse da saldo è provato dal fatto che a pochi mesi dalla cessione, Metroweb affittò una piccola parte della sua fibra a Telecom a un prezzo quasi doppio rispetto al valore acquisto dell’azienda (!). Il nuovo azionista, una società domiciliata nei paradisi fiscali, dimostrò in effetti – con il primo bilancio successivo di Metroweb chiuso con utili in crescita del 65% – che la privatizzazione meneghina assomigliava a una gallina dalle uova d’oro. Con l’incredibile paradosso che i soldi per comprare la gallina venivano addirittura prestati dal contadino stesso: cioè AEM, che finanziò l’acquirente sottoscrivendo un suo prestito obbligazionario. Sulla vicenda Metroweb è notizia di questi giorni la decisione di Telecom, affittuaria di parte della sua fibra ottica, di lanciare a Milano un piano gigantesco che porterà banda super veloce in ogni appartamento della città, a conferma di quanto vedesse nel futuro il nostro Sindaco Moratti quando annunciò in Consiglio comunale che Metroweb veniva venduta “perchè la fibra ottica non e più strategica nel settore delle telecomunicazioni” (…).

Insomma buchi e bachi in grande stile, che hanno avuto alla base un inadeguato, e spesso inetto, indirizzo politico nella gestione dei beni municipali. E a proposito d’inadeguatezze non può non colpire un dato statistico: la quotazione di A2A ha avuto, dal giorno della fusione tra AEM e l’ASM di Brescia, un peggioramento del 50% rispetto all’andamento del paniere di aziende operanti nello stesso settore: in termini assoluti significa per la quota del Comune di Milano un minor valore comparato di 1000 miliardi di vecchie Lire (!). Considerando che l’azienda è pubblica, le responsabilità di queste tendenze vanno cercate in buona parte nell’assenza di linee guida da parte dell’amministrazione politica, un’assenza strategica che stride con il fortissimo attivismo con cui diverse anime politiche si sono contese fino a qualche tempo fa le poltrone disponibili nei consigli di gestione e di sorveglianza dell’azienda.

Nell’augurio che il lungo racconto dei buchi e bachi municipali non richieda aggiornamenti futuri, l la notazione è d’obbligo: il governo meneghino del ‘fare’ si è rivelato una grande armata Brancaleone.

 

Davide Corritore

 


 



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