3 maggio 2010

SINDACO: IDEE PER LA POLITICA


Tra un anno si voterà per il sindaco di Milano e per la sinistra si delinea la prospettiva di una nuova sconfitta. Finora hanno vinto quelli di destra, ma questo è avvenuto per i loro programmi concreti in merito all’amministrazione del comune o per altre ragioni? Io credo che questo sia avvenuto per un’apertura di credito all’orizzonte ideale, rozzo, ma definito, che la destra è stata in grado di presentare. Quando parlo di orizzonte mi riferisco a poche idee chiaramente percepibili sullo sfondo delle dichiarazioni propagandistiche.

Molti hanno salutato con soddisfazione la fine delle ideologie. Se una ideologia è una camicia di forza dalla quale debbono derivare tutti i comportamenti, questa soddisfazione è giustificata. Ma sarebbe sbagliato rinunciare alle idee, che costituiscono l’orizzonte verso il quale decisioni liberamente prese debbono indirizzare i comportamenti e le scelte della politica. Credo che Berlusconi e la Lega abbiano idee, solo in parte sovrapponibili, che costituiscono un orizzonte visibile per i loro elettori. Non è così per il partito democratico che è nato dalla fusione di due tradizioni culturali molto differenti e, tuttavia, unite nel presente da una generica esigenza di solidarietà e di giustizia. Si è visto che questo è troppo poco per offrire un orizzonte chiaro agli elettori. D’altro canto è passato del tempo e credo che questo partito potrebbe riformulare in maniera non generica le proprie idee di fondo e presentarle agli elettori.

Ma a chi toccherebbe di esprimere queste idee? Io non credo che occorra attendere l’opera di un pensatore come è stato per le più importanti teorie politiche nel passato. Io credo che questo possa essere fatto da gente comune che converge in un nucleo di idee che sono implicite nelle scelte del partito democratico, ma lasciate largamente indefinite tanto da non riuscire a esprimere quell’orizzonte che può dare una motivazione forte per l’adesione a questo partito, tanto forte da mettere in secondo piano la pochezza delle dispute interne e i sospetti di autoreferenzialità che tanto hanno nuociuto. Siamo nell’epoca dell’informatica ed è facile mettere in rete delle idee da discutere tra molti, fino ad avere un documento largamente accettabile. Attenzione: questo che si chiede non è un programma di dettaglio, ma un orizzonte che deve ispirare la discussione delle decisioni programmatiche. Per dare il buon esempio comincio io e qui sotto espongo alcuni punti che offro alla critica e alla discussione.

1) Ci sono due affermazioni apparentemente contraddittorie e tuttavia ugualmente vere: “Gli uomini sono tutti uguali” e “Gli uomini sono tutti differenti l’uno dall’altro”. La contraddizione è risolta se si tiene conto del rango (più o meno nobile) delle differenze. Quelle di rango elevato, come differenze nelle idee, nelle opinioni e nelle propensioni, in un ambito molto vasto che va da differenze futili, come parteggiare per l’Inter o per il Milan, fino all’avere diverse posizioni in campo religioso, politico, artistico o scientifico, vanno promosse. In questo caso vale l’affermazione che gli uomini differiscono l’uno dall’altro. La conseguenza politica è che ci si deve opporre non solo alle dittature, ma anche alla democrazia senza contrappesi all’esercizio del potere e alla tutela delle minoranze. Le differenze di rango meno nobile, come le differenze economiche e sociali, o nei diritti delle persone, vanno combattute non solo in nome della giustizia, ma perché rendono difficili le prime. In questo caso vale l’affermazione che gli uomini sono tutti uguali e bisogna trarne le conseguenze politiche. Chi deve combattere per il pane quotidiano ha poco tempo per i pensieri e soprattutto per i pensieri elevati. Lo slogan deve essere: “Uguali nelle opportunità per essere diversi nei gusti”.

2) Questa seconda affermazione può far pensare a un desiderio di livellamento economico che può spiacere ad alcuni. Perciò bisogna essere chiari e ammettere che c’è una quantità di gente che desidera divenire ricca (o restarlo se già lo è) e in questo stato realizzare i desideri che vengono percepiti come la differenza di rango nobile a proprio vantaggio. E’ inutile eludere questo problema e va detto chiaramente che ciascuno è libero di arricchirsi se ci riesce onestamente, purché non ci siano poveri e i ricchi non abbiano più poteri civili di qualsiasi altro.

3) Assicurare parità di opportunità nell’accesso alle differenze di rango nobile non significa condannare tutti quelli che ne fruiscono ad attività intellettuali. L’importante è avere l’opportunità: chi vuole sfruttarla o no è libero di fare di testa sua, ma anche così si produrrebbero effetti benefici. Basti pensare a quanti giovani di ingegno non possono metterlo a profitto perché impediti negli studi da difficoltà economiche. Occorre perciò massimizzare il profitto collettivo che deriva dall’intelligenza.

4) La libera iniziativa in campo economico (cioè il liberismo) rientra o no nelle differenze di rango nobile tra gli umani? Certamente sì, ma con alcuni correttivi. Il primo è la lotta ai monopoli, che tendono a omogeneizzare e ad abolire le differenze nelle idee imprenditoriali. Questo vale ancora di più per i mezzi di comunicazione di massa, il monopolio o l’oligopolio dei quali è in grado di abolire le differenze di tutte le idee. Il secondo è un programma di solidarietà e di sicurezza sociale che eviti che il perseguimento del giusto profitto da parte di alcuni vada a spese dei più deboli. Anche i diritti di coloro che non si impegnano in libere iniziative, ma che ne assicurano il successo con il loro lavoro o con il loro contributo al progresso delle conoscenze, vanno tutelati per consentire che possano godere pienamente delle differenze di rango nobile che non si esauriscono nelle imprese economiche.

5) Deve essere chiarito che cosa s’intende per pensiero laico, precisando che è cosa diversa dall’essere a- o anti-religioso. Il punto fondamentale è che la virtù deve essere perseguita per convincimento e non per costrizione. Ma non tutti hanno la stessa idea di virtù. Per riferirci a un tema di attualità, per i cattolici l’aborto provocato è un delitto simile all’omicidio mentre per altri può essere giustificato in certe condizioni se la donna gravida non è considerata semplicemente un contenitore passivo. La Chiesa fa benissimo a esortare a non praticare l’aborto e cercare di convincere tutti a evitarlo, ma non fa bene quando interviene nella politica per costringere con le leggi a impedirlo, o a renderlo più doloroso, anche a chi ha opinioni diverse dalle sue in proposito. E lo stesso discorso si può fare parlando del testamento biologico. Questo, credo, è un pensiero laico che, tra l’altro, renderebbe anche di rango più elevato il magistero della Chiesa, che apparirebbe basato sulla forza delle idee e non su influenze temporali che non hanno niente a che vedere con l’etica.

6) L’Italia è un paese povero di materie prime e non può accumulare ricchezze se non con l’impiego dell’intelligenza. Perciò bisogna lottare con tutte le forze per l’affermazione della meritocrazia, avversando senza quartiere il familismo amorale che affligge il nostro paese e che ha distrutto il nostro meridione. Non so se sia vero che gli italiani siano o no particolarmente intelligenti, ma l’intelligenza è il capitale che deve essere messo a frutto. Perciò un programma politico prioritario deve essere rivolto alla scuola pubblica, che deve offrire la possibilità di avanzare negli studi ai volenterosi di qualsiasi condizione sociale ed essere sufficientemente impegnativa (severa) da stimolare l’impegno serio e selezionare i più bravi. Questo obiettivo richiede un grande sforzo culturale ed economico, ma deve essere anteposto a qualsiasi altro, per quanto difficile e costoso appaia. Si faccia un programma e si calcolino i tempi e le spese necessarie e si trovino le risorse, eliminando o riducendo altre spese, per esempio, abolendo le province. Solo così l’Italia potrà risorgere.

7) Infine, le recenti elezioni regionali hanno premiato il particolarismo locale che è stato inteso, non infondatamente, come affermazione d’identità. Ma esiste un’identità più ampia e culturalmente più nobile, che è la nostra identità nazionale. A questa occorre richiamarsi e, a questo scopo, nel centocinquantesimo anniversario dell’unità del nostro paese, bisogna riscoprire il patriottismo. Non più il patriottismo aggressivo e prepotente propugnato dal fascismo, con gli esiti disastrosi che hanno segnato la nostra storia recente, ma come la valorizzazione della nostra identità comune che è nobile e antecedente alla nostra unificazione nazionale.

Claudio Rugarli




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