27 aprile 2010

EXPO E AFFARI IMMOBILIARI


Sulle aree di Expo occorre fondare stabilmente una vera Stadtkrone, un centro esemplare di attività permanenti indirizzate all’uso appropriato delle risorse urbane locali e di quelle agricolo-alimentari nell’intorno provinciale e regionale, nel Paese, nel mondo. Ciò è possibile spalmando le aspettative di rendita immobiliare della proprietà sull’ampia platea di aree messe in campo dal PGT in corso di approvazione, usando i meccanismi perequativi i cui liberatori effetti vi sono così ampiamente decantati. Si darebbe così finalmente seguito concreto alla fondamentale indicazione strategica data dal prof. Luigi Mazza nella relazione accompagnatoria al D.I.U. del 2000, ma forse proprio per questo unica parte a risultare sinora del tutto inattuata: “Un intervento nel settore nord-ovest avrebbe un rilievo strutturale sulla forma della regione urbana…La dimensione dell’area deve essere tale da permettere l’insediamento di uffici e servizi con superfici monopiano a luce diretta e insieme una parte rilevante di verde e spazi e attrezzature per il tempo libero e sportive. Costruire uno spazio urbano capace di fare concorrenza all’attrattività dei centri storici per qualità monumentale e ambientale. Un’ambizione che dopo tanti disastri dell’urbanistica e dell’architettura moderna può far sorridere, ma è una condizione indispensabile per il successo del progetto.”(*)

Il Masterplan presentato a settembre 2009 dal Comitato internazionale di consulenza architettonico-progettuale designato dal Comune di Milano (Boeri, Burdett, Herzog-De Meuron, McDonough) appare condivisibile nella scelta di fondare il proprio impianto su un sistema a “cardi e decumani” che riprende una consolidata tradizione dell’urbanistica milanese lungo la direttrice di Nord-Ovest (Corso Sempione nell’800, progetti di Nuova Fiera, Milano Verde e riassetto vecchia Fiera negli anni ’30 e ’40-50), abbandonando estemporanei immagini di torri, chalet, laghetti, proposte dal precedente consulente fiduciario (Femia/AA+1). Quell’impianto va però esteso ai progetti di Nuova Bovisa, ex Scalo Farini e, per quanto ancora possibile, ex Fiera-Citylife e Garibaldi-Repubblica, su cui incombono così numerose, eterogenee ed estemporanee aspettative immobiliari, spesso veicolate da altrettante iniziative progettuali.

L’area che sarà usata per Expo 2015 non è vocata a uso residenziale, chiusa com’è tra grandi infrastrutture viabilistiche: non a caso i PRG susseguitisi l’hanno ripetutamente confermata a destinazione agricola, e anche se oggi essa non è più credibile è bene che le nuove destinazioni non siano residenziali. Chiunque andasse ad abitarvi avrebbe una ben misera qualità della vita e vani sarebbero i costi addossati alla città per cercare di porvi rimedio. E’, invece, quello che avrebbero voluto fare sia Fondazione Fiera sia SOGE, che si sono a lungo contesa la prospettiva di lauti guadagni speculativi dalla differenza tra valore agricolo di acquisizione e valore edificatorio atteso. Dopo l’Expo l’area deve invece restare a uso pubblico: nel campo dell’orientamento agro-alimentare se Milano saprà conquistarsi un ruolo permanente in tal senso (ma la FAO è a Roma e il Centro Europeo per l’industria alimentare a Parma e non sarebbe facile spostarne la sede), altrimenti in altri settori di moderna direzionalità pubblica in cui Milano sappia primeggiare. E’ quindi opportuno che le nuove destinazioni funzionali siano quelle dei servizi pubblici sovralocali (centri di ricerca, grandi enti europei e internazionali, musei, ecc.); insomma un grande e moderno Centro Direzionale pubblico di livello metropolitano-regionale.

Già nell’ottobre 2009 avevo indicato in 100-150 Milioni una stima ragionevole della attendibile remunerazione delle legittime aspettative di rendita fondiaria da parte delle proprietà. Tale valore è stato confermato dalle stime di congruità fatte a dicembre 2009 dall’Agenzia delle Entrate, che ne stimato il valore in 120 Milioni di Euro. Ora sembra che una società regionale costituita ad hoc potrebbe acquisirne la proprietà per 200 milioni di Euro: una cifra tutto sommato ancora ragionevole rispetto ai valori originari di presa in carico da parte delle proprietà attuali e all’urgenza pubblica di disporne per il 2015. Tuttavia, per far recuperare tale somma alla Newco regionale, ai prezzi attendibili della rendita fondiaria (dagli 800-900 €/mq slp correnti su operazioni usuali ai 1800 €/mq slp della vendita a Citylife dell’area dell’ex Fiera di Milano) sarebbero sufficienti gli indici virtuali di edificabilità territoriale che si aggirano tra 0,22 mq/mq (900 €/mq slp) e 0,17 mq/mq (1200 €/mq slp). Indici del tutto compatibili con il loro trasferimento perequativo in aree più appropriate all’edificabilità residenziale, secondo i meccanismi auspicati dallo stesso PGT in corso di approvazione. A meno che gli appetiti speculativi che aleggiavano nella contesa tra Fondazione Fiera/Cabassi e SOGE attorno all’agognato indice edificatorio di 0,65 mq/mq (il che vorrebbe dire ottenere una rendita fondiaria di 600-700 milioni di Euro), non rispuntino in capo alla futura Newco regionale.

Per quanto grande possa essere il potere di convincimento/condizionamento dell’istituzione Regione, anche in caso di un Accordo di programma in vista dell’evento Expo 2015, la decisione sull’uso finale delle aree resta in capo al Comune di Milano, che dovrà esprimersi con un voto del Consiglio al riguardo. Ecco un banco di prova concreto per verificare, al di là di divisioni ideologiche e schieramenti strumentali, dove risieda la volontà reale delle forze politiche e dei programmi amministrativi di farsi difensori civici dell’interesse collettivo della città.

 

Sergio Brenna

 

 

(*) L. Mazza, Ricostruire la Grande Milano, relazione accompagnatoria al DIU, giugno 2000, pp. 115-117, passim.



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