19 aprile 2010

RADETZKY PER SINDACO O “DISSOLUZIONE”


Confesso che il tema propostomi – come arrivare al prossimo sindaco – da Luca Beltrami Gadola non mi entusiasma, anzi mi crea una certa sofferenza. E’ solo per il mio profondo senso dell’amicizia che non ho avuto la forza di rifiutare il suo cortese invito. Ma anche per dargli un segnale di riconoscenza per aver dato vita ad Arcipelagomilano, una voce veramente libera, quanto mai preziosa in una città e in un paese dove le voci autenticamente libere sono ogni giorno più rare, più deboli e oggetto di volgari intimidazioni.

Circa quindici anni fa, di fronte alla stessa domanda (chi desidereresti come sindaco di Milano?), scrissi un articoletto nel quale esprimevo la mia preferenza per Giovanni Giuseppe Venceslao Antonio Francesco Carlo conte Radetzky di Radetz. Dopo tanto tempo confermo questa preferenza. Il grande generale austriaco, infatti, amò veramente Milano, tanto da rifiutarsi di usare il cannone nelle sue strade durante le Cinque Giornate. Si ritirò ordinatamente e, poi, ritornò ordinatamente, sempre accompagnato da un grande amore per Milano, che testimoniò sino alla sua morte e che è la cosa di cui, Milano, anche oggi, ha più bisogno. Egli rappresentava, inoltre, una sintesi perfetta di autorevolezza, professionalità, sobrietà, onestà che erano, un tempo, le tipiche distintive qualità meneghine. Naturalmente, se potessi scegliere, prima di Radetzky metterei Ambrogio, il più grande sindaco che Milano abbia mai avuto, ma per non puntare troppo in alto, mi accontenterei di Radetzky. Poiché, purtroppo, Radetzky non c’è, bisogna pensare a qualche alternativa. Lo stimolo più creativo e intelligente lo ha, a mio giudizio, fornito Aleotti su da Milano a Milania del 7 aprile 2010. Ma procediamo con ordine.

  1. Io sono la persona più felice del mondo quando posso dire: chi ci governa lo fa molto bene e noi possiamo, tranquilli e sereni, dedicarci alle nostre occupazioni preferite. Questo non è il caso del governo di Milano con il sindaco Letizia Moratti. Il suo governo è un flop totale su quasi tutti i fronti che contano e Milano, nonostante la sua straordinaria vitalità e molti punti di eccellenza, è destinata a un relativo ma sicuro declino: per mancanza di pensiero strategico, per mancanza di pensiero urbanistico (che l’architettura abbia sopraffatto l’urbanistica non è un male solo di Milano, ma a Milano è particolarmente evidente), per mancanza di pensiero sociale, per protratta e peggiorata inefficienza della macchina comunale, per aver rovinato, con pretese stravaganti, l’unico risultato positivo, l’assegnazione a Milano di Expo 2015. Letizia Moratti ha sperperato quell’autonomia relativa che le offrivano il fatto di essere stata eletta con una lista propria e di poter contare su una forte dotazione di denaro di famiglia, ed è diventata organica e tesserata del PDL e quindi rappresenta ed esprime tutte le contraddizioni di questo partito di stampo populista e insieme plutocratico.
  2. La Lega attuale, con la sua chiusura demagogica e provinciale, che ci sta tagliando fuori dall’Europa e dal mondo internazionale, è una minaccia micidiale per la prosperità di Milano, se possibile ancora più minacciosa della plutocrazia rappresentata da Letizia Moratti. Perché Milano è sempre stata prospera quando è stata città aperta, accogliente e inserita nelle reti internazionali.
  3. Allora è sui grandi temi che il confronto deve avvenire:
  • Come liberare Milano dalla plutocrazia e dal regime degli amici degli amici e riportarla nei suoi caratteri fondanti di città aperta, libera da padroni o signori, socialmente integrata e viva, interclassista?
  • Come dare una guida e un pensiero urbanistico a questa città preda di architetti archistar e di imprenditori immobiliari spesso quasi falliti e di sette affaristiche?
  • Come, finalmente, progettare veramente, nelle cose (trasporti, ambiente, abitabilità, cultura), la grande Milano, insieme ai comuni dell’hinterland?
  • Come trovare una convivenza equilibrata con i nuovi immigrati, impostata e gestita con rigore ma anche evitando improvvisazioni feroci e belluine?
  • Come allentare la presa su Milano dalle sette che la stringono in una morsa di interessi spesso occulti?
  • Come far ritornare Milano nell’elenco delle città dotate di una vigorosa vita democratica?
  • Come far leva sulla città mobilitando e valorizzando le sue grandi energie, la sua professionalità diffusa ed il desiderio di partecipare veramente (non attraverso stati generali o simili pagliacciate mediatiche)?

Non si tratta di fare piani di programma dettagliati che (l’abbiamo imparato), lasciano il tempo che trovano; ma di rispondere, con spirito di verità e con convinzione, a poche domande strategiche e fondamentali. Milano ha bisogno di una “rivoluzione” neoborghese, non plutocratica.

  1. Se si guarda all’opposizione politica il quadro è deprimente. Il vuoto di pensiero è, se possibile, ancora più grave. Le alleanze occulte tra sette vedono tra i protagonisti gruppi che, in teoria, dovrebbero fare riferimento all’opposizione, in un patto spartitorio di interessi che rappresenta il vero governo della città. L’unico contributo serio del maggior partito di opposizione è, che può contare, sul denaro pubblico, proveniente dalle nostre tasse e contribuire a bilanciare il peso monetario della plutocrazia. Nessuna personalità forse neppure Radetzky, da solo, potrebbe cambiare o anche solo migliorare questa realtà. Forse l’unico che potrebbe farcela sarebbe Sant’Ambrogio, ma è molto occupato in paradiso, a mettere un po’ di ordine nei rapporti tra il paradiso e la Santa Romana Chiesa.

In sintesi, da un punto delle prospettive politiche, la situazione è scoraggiante. Qui si inserisce la proposta di Aleotti, che mi trova del tutto consenziente. Invece di mettersi alla ricerca di una personalità come sindaco (il campione della società civile) tentativo già fatto, con esiti infausti con l’ex prefetto, amico di Ligresti, mettiamo mano allo sviluppo di un progetto (non di un programma, ma di un progetto culturale politico), ed alla costruzione di una classe dirigente. Scrive, con espressione felice ed efficace, Aleotti: “Si tratterebbe di “dissolvere” la figura del Sindaco e candidare al suo posto una “squadra” in possesso di una idea condivisa di trasformazione della città. Posto che questo non può essere fatto sul piano formale, la dissoluzione del Sindaco significa candidare, non una figura “attiva” che sfidi la Moratti, bensì una figura simbolica che sia funzionale a un progetto politico di autentica trasformazione della città”.Da molto tempo penso che questa sia la via da percorrere. Sembra una visione controcorrente e lo è, in un’epoca di caudillismo imperante. Il fatto è che questa epoca, questa cultura, questo peronismo brianzolo, questo caudillismo, non va cavalcato, ma combattuto. E per fare questo è necessario “dissolvere” il sindaco in una vera squadra portatrice di un pensiero e di una visione. Scrive ancora Aleotti e sottoscrivo totalmente: “E’ ovvio che questa strada di “dissoluzione” del Sindaco caricherebbe di enorme importanza il lavoro progettuale in capo alla “squadra” che, ovviamente, dovrebbe essere presentata insieme al sindaco. Si tratterebbe di un’ipotesi suggestiva, poiché creerebbe una distinzione “strutturale” con il centrodestra che, invece, è saldamente radicato in un paradigma di personalizzazione verticista e gerarchica (che peraltro non si sta dimostrando particolarmente efficace nei risultati)”. Atteso che qualunque altra via, di tipo tradizionale, sarebbe destinata a sicura rovinosa sconfitta, è meglio rischiare questa via innovativa, che può rappresentare un interessante esperimento anche a livello paese e che ha buone probabilità di almeno creare a Milano un’opposizione democratica seria, rivitalizzando gli istituti democratici, contro l’operazione di strangolamento che è in corso da parte della plutocrazia e della demagogia leghista.

Marco Vitale



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