19 aprile 2010

LA RICCHEZZA DELLA CITTÀ


Milano oggi vive una dimensione a doppia interpretazione. Chi la vede come nel suo massimo splendore e chi ne vede la progressiva decadenza. Detto questo è innegabile che su questa città si sia acceso un faro internazionale teso a controllarne i movimenti e le azioni, quasi con curiosità, come a volerne capire il futuro, se da lei imparare o se evitarne l’emulazione. Milano è quindi ora al centro dell’attenzione. Tra tensioni, come quelle vissute in via Padova, scandali- vedere alle voci Pennisi e Prosperini e l’eterno allarme smog, Milano si prepara al suo evento madre- l’Expo. In molti sollevano dubbi a tale riguardo, dalle infiltrazioni mafiose nella costruzione delle strutture a esso adibite all’effettivo raggiungimento di tutti gli scopi prefissati. L’Expo si terrà o no? Ma non è di questo che voglio parlare ora. Faccio un passo indietro e torno alle interpretazioni che oggi di Milano vengono date. Milano vive dunque, volgarmente riassumendo, un momento di ricchezza o di povertà?

Come ogni grande città e metropoli che nell’ultimo secolo ha vissuto una fase di forte mutamento, il fattore predominante che è saltato all’attenzione di ogni esperto osservatore, è la progressiva propagazione della diversità. Quel ‘faro’ al quale prima accennavo comporta, tra le altre cose, l’avvicinamento alla società in espansione di nuove culture, etnie, generi di vita e di comportamento. Ogni realtà tende a cercare il proprio spazio, a coltivare le proprie opportunità, in poche parole, il proprio posto al sole. La diversità diventa quindi, in se e di per se, una ricchezza. Un patrimonio da proteggere, da elaborare e da far crescere. Nel momento in cui l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni internazionali si concentrano sulla città nel suo insieme, omologando la popolazione milanese a un insieme, questa cerca di districarsi da ogni generalizzazione e a ricercare la propria autonomia ed eccezionalità. Quasi per scongiurare l’eventualità di venire dimenticati.

Ci troviamo quindi di fronte a un sempre maggiore moltiplicazione di realtà totalmente differenti tra loro e il “diverso” si fatica sempre più a trovarlo. Troppo spesso per farlo ci si butta sulle disuguaglianze fisiche. Ma non è questo il punto. Il punto è adesso Milano è un vortice che cresce di giorno in giorno. I giovani hanno sempre maggiori difficoltà nel difendere i propri spazi e nelle discoteche ormai non ci si va più per divertirsi ma per fare a botte, sostituendosi allo stadio. Le separazioni anche tra di loro si fanno sempre più nette. Non si è solo giovani. Non si è giovani e basta. Si è emo, interisti, punk e via dicendo. In qualsiasi ramo della vita quotidiana di un ragazzo oggi avviene una scissione netta, una presa di posizione che lo accomuna con un gruppo e lo differenzia da un altro. E fin qui nulla di strano. Come già detto, queste diversità vanno a formare la vera ricchezza di Milano. Il problema vero è che ogni posizione presa è così ben radicata che ci si dimentica anche delle più basilari comunanze di esseri umani e l’istinto prevale sulla logica. La violenza impera. E quindi un nero, un tifoso della squadra avversa, un poliziotto cessano di essere perfino persone e diventano bestie giustificando qualsiasi atto di coercizione nei loro confronti. Così la diversità perde ogni connotazione positiva e valore di ricchezza per andare a raggiungere solamente i più bassi istinti dell’individuo. I mezzi di comunicazione in questo di certo non ci aiutano.

Servirebbe quindi una rivoluzione bilaterale della popolazione milanese. Da un lato l’incremento dei mezzi di comunicazione alternativi alla televisione e in secondo luogo dei contenuti che vadano a sottolineare quali siano i punti di aggregazione fondamentali al di là delle differenze soggettive di tipo caratteriale. Insomma, valori. Questa spinta dovrebbe arrivare dall’interno. Dal cuore della popolazione milanese. Dai giovani. Che forse non si sono fatti corrompere il cuore dal soggettivismo e ancora riescono a superare le barriere imposte loro da una Milano sempre più alienata e che tende a non riconoscersi. La diversità si riconosce nelle idee. Nei valori comuni che si è disposti a spartire con altri concittadini, connazionali, esseri umani. Quindi proteggiamo le nostre caratteristiche individuali, forgiamoci una figura, una personalità che solo a noi appartenga. Questo ci renderà più forti individualmente. Poi pensiamo agli altri. Pagare le tasse è fattore identitario. È fattore di rispetto. Il tentativo dovrebbe essere quello di condividere il più possibile pensieri e idee in un momento di così forte e radicale cambiamento della nostra città. Cercare di analizzare freddamente quale potrebbe essere un nuovo aspetto da dare a chi ci osserva dall’esterno. Se lasciare che i politici siano il nostro riflesso o dimostrare la nostra diversità, il nostro disaccordo con essi dandoci da fare e riprendendoci quegli spazi che solo a noi a ppartengono. La ricchezza di Milano è la sua diversità. È come sempre la sua diversità. Continuiamo a essere padroni di queste nostre diversità, capiamo come controllarle, come farle interagire tra loro. Condividiamo. E poi torniamo a essere cittadini, esseri umani, orgogliosi della nostra città.

 

Giulio Rubinelli

 


 



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