19 aprile 2010

IL GIURAMENTO DI IPPOCRATE E LA TESSERA SANITARIA


La notizia è di pochi giorni fa. A una bambina nigeriana di 13 mesi, la piccola Rachel Odiase, è stato rifiutato il ricovero nell’ospedale Uboldo di Cernusco sul Naviglio perché sprovvista della tessera sanitaria e, dopo che questo è avvenuto per l’intervento dei carabinieri, la piccola paziente è morta, sembra per disidratazione.

Le notizie riportate dai giornali non aiutano a capire quello che è successo realmente. Non si trattava della figlia di clandestini perché si apprende che il padre aveva lavorato regolarmente fino a poco tempo prima, ma aveva perso il posto da poco e perciò la sua tessera sanitaria era scaduta (e poi, se anche fosse stato un clandestino, non vedo quale differenza ci sarebbe stata). La bambina era verosimilmente affetta da un’infezione gastrointestinale da qualche calicivirus, perché si apprende che era già stata vista al Pronto Soccorso dello stesso ospedale e rimandata a casa con la prescrizione di tre farmaci anti-vomito. Ora, tra gli effetti importanti del vomito ripetuto c’è anche la disidratazione, ossia la perdita di acqua nell’organismo, non solo per il liquido eliminato direttamente dallo stomaco, ma anche per l’impossibilità di ritenere il liquido bevuto. E di disidratazione si può morire, soprattutto a 13 mesi.

C’erano state difficoltà a ricoverarla? Le prime notizie hanno riferito che il motivo della mancata accoglienza era il fatto che la tessera sanitaria era scaduta. Tuttavia l’azienda ospedaliera dalla quale dipende l’ospedale di Cernusco sul Naviglio ha fatto sapere che loro ricoverano tutti, secondo precise normative che garantiscono ai cittadini stranieri l’assistenza sanitaria, senza nessuna discriminazione sulla base della regolarità dei documenti di soggiorno. E allora perché sono dovuti intervenire i carabinieri, sempre a quanto riferisce la stampa, per fare ricoverare, ahimé troppo tardi, la bambina? Forse la colpa era dei medici, che non l’hanno voluta? Mi rifiuto di crederlo perché, anche se il giuramento d’Ippocrate non è molto di moda, mi sembra impossibile che dei colleghi si siano resi protagonisti di una vessazione burocratica e razzista.

Certo è che sul caso della piccola Rachel è stata ordinata un’inchiesta dei NAS e si è in attesa dei risultati dell’autopsia che saranno resi noti in forma definitiva il 12 maggio. Perciò, la possibilità che la morte sia stata dovuta a disidratazione deriva da considerazioni cliniche, ma che sono molto fondate.

Questo triste episodio è un’occasione per riflettere su un problema più generale che è la interferenza di interventi politici e amministrativi su scelte mediche che dovrebbero essere affidate solamente all’etica della nostra professione. E’ di qualche tempo fa il provvedimento che elimina l’obbligo di riservatezza, e perciò il divieto di denuncia, relativamente agli immigrati clandestini che si presentano nelle strutture mediche per problemi di salute. Si è già discusso a lungo sulle conseguenze negative per la salute collettiva della persistenza in circolazione di persone con possibili malattie infettive che rifuggono dalle cure mediche per timore dell’espulsione. Molti medici hanno già dichiarato che non avrebbero mai denunciato un immigrato clandestino che si rivolgesse a loro perché malato. Sulla soglia di un ambulatorio a Venezia ha visto, in bella evidenza, la scritta “Qui non si denuncia nessuno”. Ma il punto che più mi disturba è che i governanti hanno considerato seriamente l’ipotesi che un medico denunci una persona malata che gli si rivolge per avere soccorso. E poiché l’intento, manifestamente, non è stato quello di fidarsi tanto dell’etica dei medici da considerare superflui dei divieti, quanto piuttosto di procurarsi delle opportunità in più per identificare ed espellere immigrati clandestini, questo significa che i governanti hanno considerato una prospettiva realistica che i medici mettessero in pratica questa forma odiosa di delazione. A questo è ridotta la nostra professione?

Personalmente, e non credo di essere tanto originale, ritengo che il medico debba fare del suo meglio per chiunque, indipendentemente dalle sue idee e dai suoi interessi, senza mettere a profitto la sua posizione, che nel rapporto terapeutico è inevitabilmente di superiorità, per colpire chi gli è antipatico o nemico. Amo ripetere che, se Stalin o Hitler redivivi (per non parlare di personaggi più vicini nel tempo e nello spazio) chiedessero il mio intervento medico, mi impegnerei a fondo in loro favore come per qualsiasi altro ammalato.

Credo che questo precetto etico debba valere anche per le altre attività, per esempio per quella del magistrato, dato che il medico può beneficare e il magistrato punire. Non si può escludere che tra i magistrati che colpiscono qualche politico vi sia qualcuno che ne approfitta per portare vantaggio alla parte cui si sente legato. Ma sono sicuro che, a differenza di quanto sostenuto da chi ha interesse a dirlo, la stragrande maggioranza dei magistrati agisce secondo la propria coscienza, così come fanno, o dovrebbero fare, i medici.

Purtroppo, sono tempi difficili non solo per i magistrati, ma anche per i medici. Ricordarsi del giuramento di Ippocrate può essere anche pericoloso. E’ il caso dei medici dell’ospedale di Emergency di Lashkar Gha in Afganistan, la cui colpa reale è stata, agli occhi di chi li ha arrestati, quella di curare egualmente governativi, Talebani e popolazione locale, indipendentemente dalle convinzioni di chi cercava la loro assistenza. E che cosa avrebbero dovuto fare? L’idea della croce rossa è nata sul campo di battaglia di Solferino secondo il principio che l’assistenza medica debba essere somministrata indifferentemente alle parti combattenti di una guerra.

Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Gino Strada e sua moglie e nessuno mi persuaderà mai a credere che in un loro ospedale si complottasse per uccidere un governante. E’ evidentissimo che il ritrovamento delle armi è stata una messa in scena per avere il pretesto di colpire. Tanto più che certamente si contava su una blanda difesa degli arrestati da parte delle nostre autorità governative, come in effetti, almeno in un primo momento, è avvenuto. Si può anche supporre che il pacifismo del fondatore di Emergency si prestasse a equivoci e all’idea che simpatizzasse per gli avversari del governo di Kabul e dell’alleanza NATO. Ma questo significa non avere capito niente.

Personalmente non condivido fino in fondo questa idea radicale di pacifismo, c’è sempre il problema che i cattivi sono prepotenti e non si può fare a meno di opporsi alla loro violenza. Ma sono anche convinto che Emergency ha scelto la sola strada che può giovare alla diffusione di una cultura pacifista, dimostrando che esiste qualcosa che è al di là e al di sopra della violenza, com’è il caso della medicina. Credo che questo faccia onore all’Italia e ricorda a noi medici l’importanza della nostra professione e del giuramento di Ippocrate. Se una guerra sanguinosa non riesce a cancellarlo, figuriamoci se possa riuscirci una tessera sanitaria.

Claudio Rugarli



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